XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

NON É GIUSTO!

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli». – Parola del Signore.

Dal libro del profeta Ezechiele

Così dice il Signore: 25«Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? 

Per fortuna a volte il modo di pensare di Dio non è corretto, non è giusto, non coincide con il nostro modo di pensare, agire e  valutare ma, come quello di ogni padre e madre che amano i loro figli, nasce a partire da una misericordia incondizionata. Anziché misurarci con il bilancino  per i nostri errori e le nostre mancanze di prontezza gradisce e accoglie sempre il gesto di chi ci ripensa e torna a lui per “trovare la vita”. Perché alla fine si tratta di questo: non qualcosa che noi facciamo per Dio – dandogli chissà quale onore o rivolgendoGli chissà qualche lode – ma della possibilità di ritrovare per noi la strada della vita. Domenica scorsa parlavamo della fede come di “resa alla luce”, potremmo anche definirla una “resa alla vita”, quella vera. Potremmo parlare di consenso alla speranza che il Padre continuamente rivolge a ognuno di noi, mettendo anche dentro il nostro cuore la certezza che nelle sue mani il lavoro nella vigna dove ci invita a lavorare porterà sempre e inequivocabilmente molto frutto. Anche se prima, tante volte, gli diciamo subito di no. 

 

Questa settimana sarebbe bello pensare a quali sono i nostri NO che potremmo e dovremmo convertire in SÍ  (inviare eventuali contributi di pensiero da condividere sul sito a l.lucca71@gmail.com ) . 

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

CHIAMATE

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba
per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”…

Nella vita è più importante guadagnare tanti soldi o sentirsi utili a fare qualcosa per qualcuno? É meglio stare in una piazza a bighellonare dal mattino alla sera senza nessun senso, oppure ascoltare una voce che finalmente ti inviti a scoprire che qualcuno si è accorto di te, e che c’è posto, sempre, in una vigna che ti sta aspettando? Sono ormai tre domeniche che Gesù ci sta sollecitando in modo estremamente provocatorio, forse per suggerirci che a volte, per dare delle risposte significative occorre fare un salto, un gesto che faccia la differenza a partire dal desiderio di perdonare a tutti i costi “il fratello che ha qualcosa contro di me”; di provare ad amare non sette volte, ma settanta volte sette; di imparare che il guadagno più grande non consiste nel vedere la differenza tra quanto prendo io – che penso di avere lavorato dalla prima ora – e quelli che sono stati chiamati l’ultima ora, ma, come dice la colletta della Messa, di scoprire continuamente “l’impagabile onore di lavorare nella (sua) vigna fin dal mattino”. 

In questo frangente di chiamate e di piazze mi viene in mente la vicenda di Willy, il ragazzo capoverdiano ucciso a calci da quattro energumeni perché andato a difendere l’amico malcapitato. Guardi le foto, leggi delle cose, senti le storie. Mi faccio tante domande. Penso alle persone indignate soprattutto dal fatto che i quattro amici che amavano e avevano auto di lusso, facevano vacanze a cinque stelle, erano disoccupati e percepivano il reddito di cittadinanza. Cosa c’era dietro i muscoli, dietro i tatuaggi? Che chiamata avevano ricevuto? Penso a Willy che non passa indifferente accanto al male anche se in netto svantaggio di fronte alla potenza ostentata degli altri: cosa fanno un paio di occhi pieni di vita e un sorriso spontaneo e indifeso? Che voce c’era dietro le sue scelte? Chi c’era? Ognuno deve darsi delle risposte e non rimanere indifferente. Dico solo che il vuoto è terribile. Ha osservato giustamente la Furlan: “Willy è morto a causa di questo clima di incitazione all’odio e alla violenza, di questa continua sequela di provocazioni, che trovano oggi un humus fecondo nel linguaggio sguaiato e senza alcun controllo dei social network, nella disinformazione organizzata, nella cattiva ideologia di chi vuole mettere in discussione ogni forma di solidarietà, di inclusione, di equità e lotta alle diseguaglianze sociali. Lo stesso clima che si intravede quando con indifferenza e cinismo si mette in discussione il dovere universale di salvare una vita umana che lotta per non affogare nel Mar Mediterraneo”.

E allora ben venga una Parola, una Logica, una Presenza diversa come  quella di Gesù, attraverso cui posso dare alla mia umanità la possibilità di trovare un senso, una profondità e un significato che non fanno male a nessuno, anzi, che  danno la vita dando la vita. 

La cosa bella è che ricevi sempre e subito il massimo salario solo per il fatto che hai cominciato a lavorare e hai risposto all’invito. 

Questa settimana proviamo a pensare e condividere cosa significhi PENSARE CON LA LOGICA DI GESÚ  (inviare contributi di pensiero a l.lucca71@gmail.com ) . 

COMPASSIONE … pensieri di un parrocchiano

Mi ha fatto molto pensare nel Vangelo di Domenica scorsa quando il Re ebbe compassione del servo. Sono andato a vedere il significato di compassione sul vocabolario: Sentimento di pietà verso chi è infelice, verso i suoi dolori, le sue disgrazie, i suoi difetti; partecipazione alle sofferenze altrui. Nel mio piccolissimo mondo, con tutte le difficoltà che ho, trovo che è sempre più difficile trovare compassione, anzi se mai è l’ opposto…ma andiamo sempre avanti controcorrente (quindi essere compassionevoli) e contenti sicuri che l’ Amore vince e vincerà sempre anche se magari non vedremo i frutti.
Altra cosa che mi ha fatto pensare sono due fatti di cronaca come la morte di Willy e la morte di Don Roberto. Fa paura pensare che delle persone possano prendere a calci e pugni una persona fino a farla morire…pazzesco! Gli accusati dell’ omicidio di Willy entrando in carcere sono stati accolti a sputi…
…e Don Roberto che viveva la compassione è stato ucciso dalla persona che riceveva compassione e che gli stava dando una nuova possibilità di vita.
Molto vicino il Vangelo al nostro quotidiano come è sempre… 

ESAGERAZIONI E SPRECHI

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (Cap. 18) 

In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle rego- lare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

 

Le parabole sono dei racconti paradossali, sproporzionati, assurdi. Esattamente come la vita: paradossale, sproporzionata e assurda. Esattamente come il perdono che, a volte  c’è  perché hai deciso di smettere di calcolare,  immeritato e senza  nessuna logica al di fuori di se stesso, al di fuori di quella forza  che timidamente e raramente  riusciamo a vivere e che chiamiamo amore.

Gesù è sproporzionato come il suo racconto: vive la differenza che c’è tra 10000 talenti d’oro e 10 monete d’argento: tre vagoni di lingotti aurei e una manciata di metallo: perdonato il treno da parte sua verso di me, preteso il pugno di gettoni da parte mia nei confronti del fratello. 

E la risposta a Pietro: non bastano 7 volte, ma 70 volte 7! Ossia, 490. Ma anche qui, non si tratta di calcolo, c’è molto molto di più: c’è la qualità di un gesto titanico che decide di non lasciare la vita a macerare nel rancore e nell’ira,  che sono cose orribili che ci portiamo dentro (ma come non potremmo, a volte?) e rovinano anzitutto chi le prova; per ridirsi che nessuno di noi può e riesce a vivere per se stesso, e scoprire che l’unico modo per vivere per Dio è contenuto nel gesto tentato di un amore possibilmente rinnovato (a volte a modo suo) per un fratello. 

Consapevoli, tra l’altro, di un’altra cosa: che anche noi, anche io, sono un servo perdonato. 

E molto. 

TRASFORMARSI …

“Trasformarsi perché fiduciosi nell’ amore”.

Mi sono chiesto quando nella mia vita c’è stata una trasformazione perché fiducioso nell’ amore?

Probabilmente tutte quelle volte che ho lasciato entrare qualcuno nella mia vita e quindi gli ho fatto spazio e accolto. Accogliere una persona per forza di cose ti mette in gioco da tutti i punti di vista, devi fare delle scelte. Voltandosi indietro quante trasformazioni abbiamo passato. Da quando eravamo bambini all’ età della giovinezza, alle scelte fatte nella nostra vita fino ad arrivare all’ età adulta. E tutto questo percorso è stato possibile farlo con persone che ci hanno amato, insegnato e a nostra volta avremo sicuramente fatto altrettanto con altri nostri fratelli. Il tutto accompagnato dal nostro Creatore che già ci conosceva quando eravamo ancora nel grembo materno.

In questo periodo di disorientamento generale alla ripresa di tutte le attività e con l’ incognita di come saranno le prossime stagioni dal punto di vista sanitario, mi hanno fatto molto pensare le parole i Papa Francesco quando qualche settimana fa ha detto che “Il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza: sono state vittime della cultura dello scarto”.

Cosa saprò fare io nel mio piccolissimo mondo perché non trionfi la cultura dello scarto ma quella dell’ amore?

A conclusione mando il link di un film su Sr. Clare Crockett. La sua vita è stata trasformata dall’ amore di Cristo e che sia di buon auspicio per tutti.

https://www.youtube.com/watch?v=46aMtH0oe34

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

CIBO

«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Sono convinto che noi “risediamo”, ossia “troviamo dimora” nelle nostre parole: parole pronunciate, pensate, condivise, ricevute o subite costituiscono il “tappeto armonico” (per usare un termine musicale) sul quale appoggiamo i piedi nel cammino della nostra vita. 

Faccio un esempio: quando mi rapporto con una persona che non conosco posso pensare diverse parole che modellano i miei pensieri spingendomi ad agire di conseguenza: “questo è un mio avversario”, “questo mi ruba la scena”, “che bello conoscere una nuova persona”, “ogni persona è una storia da rispettare”, “ti accolgo molto volentieri nella mia casa”, “quante cose nuove posso imparare” oppure “ma perché devo stare con questo?”.

A questo punto, allora, diventa molto importante scegliere e domandarsi: “ma quali sono le parole che abitano il mio cuore, che mi ispirano, che plasmano i miei modi di essere, di dire e di fare? Quali scelgo per vivere?”. É importantissima questa domanda, perché dalla mia predisposizione interiore dipende tutto il resto. 

San Paolo nella prima lettura oggi ce ne propone una, ossia: “non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole”. Sicuramente NON FACILE (!!!), anzi! Però ci pensate: tutti noi che abbiamo celebrato l’Eucarestia, se questa settimana ci mettessimo davanti agli altri con il solo desiderio di esprimerci con parole e gesti possibilmente di amore, attenzione e rispetto?

Non abbiamo paura, probabilmente proveremo un senso di libertà (anche se faticoso e a caro prezzo) che non avremo mai sentito né provato prima. Ci sentiremo “liberati nella nostra libertà” e nelle nostre relazioni. 

Consapevoli del fatto che quando qualcuno è disposto a vivere la logica e le esigenze della PAROLA PER ECCELLENZA che è la Parola di Dio, inizia a trasformare il mondo COME IN TERRA, COSÍ IN CIELO. 

Soprattutto il suo. 

Questa settimana proviamo a pensare e condividere cosa significhi NON AVERE ALTRO DEBITO CHE L’AMORE  (inviare contributi di pensiero a l.lucca71@gmail.com ) . 

Rinnegare se stessi …. e trovare Dio (contributi e pensieri sul Vangelo della domenica)

Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato domenica sono molto chiare e nette: Gesù preferisce parlarci delle dure esigenze della sequela con cui ciascuno di noi è chiamato a misurarsi: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Siamo chiamati a scegliere (liberamente) di entrare nella logica del rinnegare se stessi e di impegnarci a vivere la vita di ogni giorno secondo Dio. 

Siamo chiamati a lasciare che divampi in noi quel “fuoco ardente” che descrive il profeta Geremia (20,7-9), un fuoco che non poteva contenere, e che trasforma.

Non basta spogliarsi dei propri beni e dei propri affetti per seguire il Signore, si rende necessario lasciarsi spogliare …

 San Paolo dice: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Lettera ai Romani 12,1-2).

San Paolo dirà in un’altra situazione “Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me” (Lettera ai Galati 2,20).

Vi propongo a seguire alcuni passi tratti dal libro “Nascere di nuovo” – Un itinerario di guarigione – di Gaetano Piccolo. Edizioni Paoline, 2020:

“La trasformazione è un processo lento, anche parecchio faticoso. Ci chiede di abbandonare delle parti di noi, soprattutto se sono parti malate che hanno bisogno di rigenerarsi. Cambiare vuol dire rischiare di abbandonare qualche nostra certezza. A volte le certezze ingannano perché apparentemente sono comode, ma in realtà ci impediscono di crescere e persino di vivere. Anche le nostre certezze dunque vanno di tanto in tanto esplorate, messe in questione, valutate. Quello che non conosciamo ci fa paura e perciò evitiamo di cambiare. A volte pensiamo anche che per noi sia impossibile cambiare; ci giustifichiamo con il pretesto di essere così, e in questo modo facciamo morire non solo noi stessi, ma anche gli altri ……”.

Nascere di nuovo è un testo dedicato a tutte quelle persone che si sentono bloccate e sfiduciate, a chi si sente perso e a chi non ha più speranza, a chi non si arrende e vuole ricominciare a camminare.

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

“TRASFORMATI”!

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale
vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue
azioni».

Non è sempre facile capire che cosa significhi “pensare secondo Dio”. Il Vangelo ci dà qualche luce e qualche traccia, ma i troppo sicumerosi sulla conoscenza certa della volontà di Dio sulla loro vita, a volte fanno storcere un po’ il naso. La sola cosa chiara da parte di Gesù è che, aldilà di tutto, noi possiamo cominciare a pensare Dio a partire da Lui, dai suoi gesti e dalla sue parole, che oggi, diversamente da domenica scorsa – quando Pietro veniva lodato per avere risposto in modo giusto a proposito della divinità del Figlio di Dio – sono un aspro rimprovero per tutti quelli che, come il primo degli apostoli, anziché “andare dietro” a Gesù si mettono davanti a Lui per dirgli che cosa gli deve accadere e che cosa debba fare. Lo stesso intento che stava a cuore anche al diavolo nell’ingresso del deserto delle tentazioni. É apostolo e discepolo, invece, chi crede ancora che ci si salva non avendo paura di donare, rinnegando tutte quelle cose che ci mettono continuamente al centro del mondo e di ogni cosa (anche “religiosamente”), e credendo che la sapienza e la forza di Dio sono contenute dal limite segreto della Croce, strada di un destino di tutti i figli di Dio, che non trova compimento nella morte ma nella Resurrezione; strada che non si ferma ma si riapre sull’infinito; strada che porta all’amore, a se stessi.  

É quello che ci dice San Paolo nella seconda lettura: “non conformatevi ma sappiate trasformarvi” … perché forse il senso della vita sta proprio in questo: non temere di trasformarci continuamente, dare nuovi volti e nuova luce alla nostra vita fiduciosi che solo questa segreta disponibilità è l’unica a tirarci fuori dalle nostre granitiche sicurezze e insicurezze per rimetterci in cammino, sempre sedotti, come il profeta Geremia, da quel fuoco ardente che c’è nelle nostre ossa e chiede di trovare degli spazi per ardere, scaldare e illuminare. 

Questa settimana proviamo a pensare e condividere cosa significhi TRASFORMARSI PERCHÉ FIDUCIOSI NELL’AMORE (inviare contributi di pensiero a l.lucca71@gmail.com ) .