XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

E TI VENGO A CERCARE (CONTINUO SEMPRE) … 

 

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 13,44-46

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

 

Il regno dei cieli è simile a un tesoro. Tesoro: parola magica, parola da innamorati, da avventure, da favole, ma anche da Vangelo. Accade con Dio ciò che accade a chi trova un tesoro o una perla: un capovolgimento totale e gioioso che travolge l’esistenza, qualcosa che fa la differenza tra prima e dopo.Ebbene, anche nei nostri giorni disillusi e scontenti, in questa epoca di “passioni tristi” il vangelo osa proporre, come una manciata di luce, la storia di una passione felice, che crede nell’esito buono della storia, comunque buono. Perché nel mondo sono in gioco forze più grandi di noi, che lavorano per seppellire tesori, far emergere perle; sorgenti alle quali possiamo sempre attingere, che non vengono mai meno e che “sono per noi”.

Un uomo trova un tesoro e pieno di gioia va. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Entrare nel Vangelo «è come entrare in un fiume di gioia» (papa Francesco), respirare un’aria fresca e carica di pollini. Dio instaura con noi la pedagogia della gioia! Nel libro del Siracide è riportato un testo sorprendente: Figlio, per quanto ti è possibile, trattati bene… Non privarti di un solo giorno felice (Sir 14.11.14).

È l’invito affettuoso del Padre ai suoi figli, il volto di un Dio attraente, bello, solare, il cui obiettivo non è essere finalmente obbedito o venerato da questi figli sempre ribelli che noi siamo, ma che adopera tutta la sua pedagogia per crescere figli felici. Come fanno ogni padre e madre. Figlio non privarti di un giorno felice! Prima che chiedere preghiere, Dio offre tesori. E il vangelo ne possiede la mappa. Quell’uomo va e vende quello che ha. Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Non perdono niente, lo investono. Fanno un affare. Così sono i cristiani: scelgono e, scegliendo bene, guadagnano. Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno un tesoro di speranze, di coraggio, di libertà, di cuore, di Dio. «Cresce in me la convinzione di portare un tesoro d’oro fino che devo consegnare agli altri» (S. Weil).

Tesoro e perla sono i nomi che dà al suo amore chi è innamorato. Con la carica di affetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che sprigiona. Due nomi di Dio sulla bocca di Gesù. Il Vangelo mi incalza: Dio per te è un tesoro o soltanto una fatica? È la perla della tua vita o solo un dovere? Mi sento contadino fortunato, mercante ricco perché conosco il piacere di credere, il piacere di amare Dio: una festa del cuore, della mente, dell’anima. Non è un vanto, ma una responsabilità! E dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni della vita. (ERMES RONCHI) 

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL CONTADINO SPROVVEDUTO 

Dal Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

É proprio Vangelo, ossia Bella Notizia per noi, il testo di Matteo che ascolteremo domenica. Che bello leggere di questo seminatore – che è IL seminatore per eccellenza, il Padre – così imperituro e dissennato che per tre volte lancia il buon seme in luoghi non deputati a dare frutti, se non estemporanei e improbabili, e UNA SOLA VOLTA ci azzecca facendolo finire nel terreno buono, dove produceva frutto: per ogni chicco, trenta, sessanta e cento volte tanto. 

Distrazione o volontà? 

Opto per la seconda, opto per questo Dio che è SEMINATORE e basta, ossia, desiderio di vita e di futuro fruttuoso per ogni minimo anfratto di disponibilità ad accogliere e apertura del cuore. Questo è terreno che è buono, non per virtù propria, ma perchè reso tale dall’incontro con il seme. 

E allora, dai, per favore, rimettiamoci a pensare Dio non da noi e dalle nostre logiche, ma da Lui e dal modo in cui lo racconta Gesù, ricordandoci che “nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale egli lo voglia rivelare”. 

A giudicare dalla parabola i destinatari mi paiono proprio tutti coloro che “hanno orecchi per intendere”, e allora tutti gli uomini, tutti i figli di Dio. Io, tu, tutti, siamo i destinatari dell’esplosione di questa vita nuova, che, come tale, non possiamo produrre da soli ma solo accogliere. 

E siamo terreni buoni, non perché moralmente provetti o virtuosamente distinti rispetto agli infedeli, ma perché ACCOGLIAMO la Parola e la COMPRENDIAMO. Questo è il nostro solo compito: la morale, ossia, la condotta di vita, nasce dalla fedeltà alla Passione a questo nucleo incandescente che non riusciremo più ad abbandonare e riconosceremo come la vera strada in grado di dissetare l’infinita e insaziabile sete del nostro cuore. Troppo sovente ci rassegniamo a bere acqua melmosa e fangosa, anziché “acqua che zampilla per la vita”, come un giorno disse Gesù all’affaticata donna di Samaria, la quale, dopo avere accolto e preso con (compreso) sè  la promessa di vita nuova annunciatale personalmente dal Messia, dimentica l’anfora al pozzo. Pensava che fosse quella la sua salvezza, invece scoprì che era un uomo che nel deserto della sua quotidianità la stava aspettando al pozzo. 

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

STRANI MODI DI ESPRIMERSI

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Fa sorridere Gesù, che rivolgendosi agli stanchi e agli oppressi, per dare loro ristoro e LIBERARLI, chieda di PRENDERE IL SUO GIOGO su di loro. Come fai a liberare qualcuno aggiungendo qualcosa? In realtà Gesù non aggiunge niente, ma permette, attraverso la sua presenza di “lavorare” e “tirare il carro della propria vita” con un giogo in grado di non ferire e non arrecare danno al collo sul quale è concentrato tutto il peso e lo sforzo del lavoro. Non si tratta di diverse cose in più da fare, ma di fare cose in modo diverso, di appropriarsi della Parola liberante, consolante e luminosa del Vangelo per iniziare nuovi percorsi e nuovi sentieri di crescita, trasformazione, fraternità e vita. D’altronde sarebbe ingenuo pensare che Dio sia l’assicurazione e la cancellazione dei problemi. Il Signore non ci salva dai turbamenti, ma NEI turbamenti che in modo inequivocabile, prima o poi, segnano i ritmi dei nostri giorni.  Altra caratteristica del giogo, inoltre, è il suo uso: sempre in coppia. Come dire: non sei solo, cammina accanto a Colui che vuole essere la tua vita, la rivelazione ai piccoli del destino e del senso di ogni cosa. Inoltre la coscienza di non essere mai soli deve trasformarsi nella consapevolezza che nel mondo siamo tutti interdipendenti e interconnessi: ogni parola, ogni scelta, ogni pensiero hanno delle ripercussioni positive o negative sulla realtà. Scrive Paolo nell’inno ai Colossesi a proposito di Gesù: “in Lui tutto SUSSISTE”. E noi, da chi siamo aiutati a fare bene il nostro lavoro? Siamo coscienti della rilevanza delle nostre scelte? 

Insomma, ogni domenica di più comprendiamo che Gesù è un uomo libero che desidera che tutti quanti noi lo diveniamo sempre di più, non sottraendoci ai nostri doveri, ma irradiandoli di nuova luce, a partire da quella Parola che, oramai da qualche settimana, ci invita a risorgere, a integrare le parti “lontane” e tristi di noi, a scacciare il male con tutte le nostre forze per dare al Bene la possibilità di orientarci coraggiosamente, a cercare di stare in quella “Volontà di Dio” che è il desiderio di non perdere nulla di quanto il Padre ha consegnato nelle mani del Figlio orientando costantemente il nostro sguardo verso la Luce insieme ad altre persone che diventeranno fratelli e sorelle.