LA PAROLA PER LA SETTIMANA

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.  Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.  Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.  Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

IL REGNO E IL BICCHIERE

C’è da rimanere lievemente inquieti, a leggere con attenzione il Vangelo di domenica. 

A pensarci bene, però, le cose che dice Gesù possono avere significato molto profondo e interessante, sia per i suoi discepoli che per i suoi ascoltatori più occasionali, accorgendosi che il Vangelo non parla d’altro che della nostra vita e della costruzione del suo senso.

D’altronde lo stesso salmo ha un’espressione assai curiosa: “il tuo – dice – è un AMORE EDIFICATO” … perchè la vita e l’amore hanno bisogno di essere costantemente e accuratamente costruiti con grande attenzione.

Vorrei allora  rileggere le “urticanti”  frasi a partire dai VERBI che le compongono e reggono il significato del tutto, per EDIFICARE, magari, qualcosa di nuovo durante la nostra settimana.

AMARE: Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me: a parte il fatto che non è per niente detto che nelle nostre famiglie ci si ami, “amare di più” o “amare di meno” non è la richiesta di prestazione minore o maggiore, perchè l’amore è un atto che richiede TOTALITÁ, e oltre la totalità non c’è nulla; penso che Gesù riferendo a Lui l’azione ponga in se’ e nel suo ascolto la possibilità di amare in modo nuovo e rinnovato i fratelli. Per amare ci vuole forza, motivazione, spirito, sostegno: noi vediamo il volto di Dio nei fratelli e Gli chiediamo di aiutarci in questa opera così imprescindibile e impegnativa. Se l’amore non si ciba e non si disseta quotidianamente (dove?), come farà a vivere?

PRENDERE LA CROCE: chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. La croce per Gesù è il nome della Sua fedeltà al Padre e ai Suoi figli (fratelli). Prendere la croce vuole dire “rimanere fedeli” a ciò che crediamo e desideriamo essere importante e la causa della nostra vita, anche se le condizioni per farlo non sono così comode e facili. Noi non siamo chiamati a “morire in Croce” ma a VIVERE a partire dalla speranza vissuta dall’uomo della croce, che ci ha mostrato l’affidabilità del Padre, addirittura oltre la morte. 

TRAT-TENERE LA VITA: Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Paradossalmente c’è vita solo dove c’è un movimento: avere e dare, ricevere e donare. Ma chi di noi, con un minimo di sanità mentale, può pensare di “respirare trattenendo il fiato”? Se l’aria non esce non c’è spazio di scambio per nuovi respiri. Quanti di noi “tenendo tutto per vivere” per se stessi in realtà si condannano alla morte e alla solitudine angosciosa di un’esistenza insensata?

ACCOGLIERE i profeti: significa accogliere tutte quelle ispirazioni che ci rimandano a Dio e al suo sogno di un mondo diverso e migliore, come “profetizzato” dalla sua Parola. Ogni giorno la vita “profetizza” scenari nuovi e inediti per cuori e orecchi attenti.

DARE un bicchiere d’acqua: Gesù lo capisce e lo sa: ogni gesto di amore, dal più al più grande, dal bicchiere d’acqua al dono della vita, è importante perché APRE e FA ACCEDERE AL REGNO DI DIO già qui e ora. Non si tratta della grandezza delle cose che si fanno, ma di quell’amore, che è tale perché sempre vero e totale, che sta dietro ogni gesto attraverso il quale ci esprimiamo. 

Sì, oggi nel Vangelo (come sempre) c’è profumo di umanità. 

Buona Settimana!

RIGOROSAMENTE IN MASCHERINA …

Ieri sera c’erano quasi tutti i ragazzi del gruppo giovanissimi e giovani,  per un saluto dopo tanti giorni di assenza, regolarmente  a un metro di distanza e con le mascherine. Quest’estate andrà così, ma pronti, il prossimo anno, per un nuovo cammino, pieni di entusiasmo e sogni che neanche il virus è riuscito a spegnere!

DOMENICA 7 GIUGNO …

FESTA DELLA SANTISSIMA TRINITÁ

Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:  «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.  Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

La Festa della Santissima Trinità, modo di dirsi di Dio all’uomo, è la storia di una relazione che salva la vita. Ossia la risolleva conferendole dignità, contenuto e sostanza e ricordando che, o si vive imparando a curare le relazioni e i legami, oppure … non c’è vita. Perché non c’è Dio, ossia, speranza e orizzonte profetico di trasformazioni continue. Nel libro dell’Esodo, c’è scritto che Dio “scende dalla nube” per incontrarsi con Mosè, e attraverso Mosè, con tutti noi, consapevole “popolo dalla dura cervice”. Ma a Dio non interessa, Lui è venuto “per salvare il mondo, non per condannarlo”, e ci prende per mano,  così come siamo, sperando che ognuno di noi possa ritrovare in Lui il senso di ogni cosa. Forse la Trinità non è fatta di tre persone, ma di quattro: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo e IL MONDO (tutti noi!). Trinità, QUADRINITÁ! Senza figli non  c’è Padre, e neanche Dio!

PENTECOSTE

VENTO E FUOCO 

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro
di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».”

É difficile parlare dello Spirito Santo: non lo vedi, non lo tocchi, non lo senti. Eppure, da Gesù con i suoi discepoli, CAPITA nel  mezzo di una situazione ben precisa, che è quella che vedi, tocchi e senti tutti i giorni in modo molto tattile e terribilmente concreto:  porte chiuse, timori … lì, proprio lì “capita” lo Spirito Santo. Leggi,  ascolti la Radio, guardi la Tv, ti guardi intorno e più leggi e approfondisci e meno capisci, vedi tutto e il contrario di tutto. Lo “spaesamento” discepolare continua ai nostri giorni… porte chiuse, timori  Proprio lì capita di nuovo il mistero dello Spirito Santo! E al Vangelo  non basta dire una volta “pace a voi”,  lo deve ripetere, perché forse non ci crediamo più.  Non crediamo a quella pace di cui necessitiamo per  vivere, per andare avanti, per ridare credito a quei pochi e coraggiosi segni di vita che ancora ci invitano a ripartire con coraggio, perché sappiamo che sono quelli di cui abbiamo terribilmente bisogno e solo Dio ci può dare. Senza prove, solo con  la grande fiducia che il respiro del Risorto non ci tradisce. Ha ragione, un poeta, Franco Marcoaldi, quando scrive:  Quel che di vero c’è, è quanto sfugge e passa – allude tace svia commuove. E tutto questo, senza disporre maI di prove. A partire da un perdono accolto. Unica cosa certa. A noi stessi, anzitutto. 

Vieni, Santo Spirito!