GIOVEDI 12 MARZO

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.

E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». 

Un pensiero per la giornata … 

In questi giorni mi ritorna continuamente in mente un  verso di una poesia di Eliot, che diceva: “nella mia fine il mio inizio” (in my end is my beginning). Mi viene in mente perchè penso che la pandemia che stiamo vivendo parli proprio di questo: una fine che se verrà presa in considerazione con saggezza e serietà,  una volta debellata, potrebbe diventare inizio di qualcosa di nuovo, totalmente diverso per l’umanità. “Se!”. Perchè tutto è collegato a questa piccola sillaba che contiene il mondo. Se penso alla parola FINE, poi, mi viene in mente la parola CON-FINE, che richiama un limite, uno spazio circoscritto, quello del ricco epulone,  benvestito e con la pancia piena, ma ben distante dal poveretto che giaceva alla sua porta e gratificato solo dall’attenzione dei cani che gli leccavano le piaghe. Il ricco epulone non vedeva da vicino (quando stava bene) ma “vide di lontano” (quando stava male) Abramo, e Lazzaro a accanto a lui. Quello che prima sembrava un innominabile fantasma, diventa una persona con un nome: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma” … incredibile come basti così poco per acquisire nuove consapevolezze. Incredibile come l’ottusità del benessere non ci faccia più capire nulla (“l’uomo nella prosperità non comprende”, dice un Salmo), incredibile come non considerare che, o quelli che riteniamo i nostri limiti di privilegio si aprono a spazi di con-divisione, oppure saremo destinati a morire nella nostra solitudine, come dice Geremia: “Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere” … Si tratta di una porta, quella del cuore e dell’umano che è comune.  

Per riflettere …

Chi/che cosa sta bussando alla mia porta? 

Voglio farlo morire?