XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

L’AMORE DELLA LEGGE PER LA LEGGE DELL’AMORE 

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Qual è, fra tutti, il più grande comandamento? Aiutaci a ritornare al semplice, al principio di tutto… Gesù lo fa, uscendo dagli schemi con una risposta che tra i comandamenti non c’è. Che bella la libertà, l’intelligenza anti conformista di Gesù, icona limpidissima della libertà e dell’immaginazione.

La risposta comincia con un verbo: tu amerai, al futuro, a indicare una storia in-finita, perché l’amore è il futuro del mondo, perché senza amore non c’è futuro per l’umanità.

Prima però del “più grande” Gesù evoca un ‘comandamento zero’: shemà, ascolta, ricordati, non dimenticare, tienilo legato al polso, mettilo come sigillo sul cuore, come gioiello davanti agli occhi… Fa tenerezza un Dio che chiede: “Ascoltami, per favore”. Ascoltare è amare.

Amerai con tutto il cuore; non da sottomesso, ma da innamorato. Qualcuno ha proposto un’altra traduzione: amerai Dio con tutti i tuoi cuori. Come a dire: con il tuo cuore di luce e con il cuore d’ombra, amalo con il cuore che crede e anche con il cuore che dubita; come puoi, come riesci, magari col fiatone, quando splende il sole e quando si fa buio, e a occhi chiusi quando hai un po’ paura, anche con le lacrime. Santa Teresa d’Avila in una visione riceve questa confidenza dal Signore: “Per un tuo ‘ti amo’ rifarei da capo l’universo”.

Con tutta la tua mente. Amore intelligente deve essere; che vuole conoscerlo, studiarlo, capirlo di più. Parlare e cantare e scrivere di lui, una preghiera, una canzone, una poesia d’amore al tuo  amore…

In fondo, nulla di nuovo. Le stesse parole le ripetono i mistici di tutte le religioni, i cercatori di Dio di tutte le fedi, da millenni.

La novità evangelica è nell’aggiunta inattesa di un secondo comandamento, che è simile al primo… Il genio del cristianesimo dice: amerai l’uomo è simile all’amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio. Il prossimo ha volto e voce, fame d’amore e bellezza, simili a Dio.

Cielo e terra non si oppongono, si abbracciano. Vangelo strabico, verrebbe da dire: un occhio in alto, uno in basso, occhi nel cielo e piedi per terra.

Ma chi è il mio prossimo? Gli domanderà un altro dottore. Ho trovato una risposta che mi ha allargato il cuore, quella di Gandhi, un non cristiano: “il mio prossimo è tutto ciò che vive con me, su questa terra”, le persone, ma anche l’acqua, il sole, il fuoco, le nuvole, le piante, gli animali. Sorella madre terra e tutte le sue creature. Il comandamento diventa: Ama la terra come ami te stesso, amala come l’ama Dio. Vivere è convivere, esistere è coesistere. Non già obbedire a comandamenti o celebrare liturgie, ma semplicemente, meravigliosamente, felicemente: amare.

«Dio non fa altro che questo, tutto il giorno: sta sul lettuccio della partoriente e genera» (M. Eckhart). Che cosa genera? Amore che è vita. (Ermes Ronchi) 

SOLENNITÁ DI TUTTI I SANTI

ECCO LA GENERAZIONE CHE CERCA IL TUO VOLTO, SIGNORE! 

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Giovanni, nel libro dell’Apocalisse, dice di avere visto “centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele”.

144.000 è il prodotto di 12 (tribù di Israele) moltiplicato per se stesso, quindi esteso alla totalità del mondo (spazio), moltiplicato ulteriormente per mille, come a dire tutta l’estensione del tempo.

Sempre ci sono stati i Santi. I fratelli riformati li chiamano Testimoni.

Chi sono questi Santi/Testimoni?

Quelli che hanno lavato le vesti nel sangue dell’Agnello. E sono diventati bianchi, ossia luminosi portatori di luce. Lavare le vesti significa immergere i propri abiti (ricordate ieri?) nella vita di Dio (il sangue è anzitutto questo, la possibilità della circolazione della VITA). Tu diventi testimone quando immergi la tua vita nella vita di Gesù e del suo Vangelo per portare luce e sale in questa comunione costante che apre i tuoi cammini e le strade del mondo.

Il salmo dice che è degno di abitare la casa di Dio – e quindi di essere se stessi, perchè noi dovremmo essere la sua abitazione e la sua dimora – chi lavora per accordare il CUORE con le MANI: “chi ha mani innocenti e cuore puro”. Il puro di cuore ACCOGLIE e genera perchè si rigenera ospitando la presenza e l’ispirazione della Parola: “ecco la generazione, che cerca il tuo volto, Signore!”.

Infine sono Santi/Testimoni coloro che si ritengono beati non perchè si sono chiusi in un’atarassia che li slega dal mondo, ma hanno scommesso il senso buono della loro identità sviluppando qualità di comunione, povertà in spirito (il bisogno di un Salvatore), rimanendo nel pianto e facendosi interpellare per trasformare le lacrime in possibilità nuove, credendo alla mitezza, con tanta sete di gesti e pensieri affamati e assetati di giustizia, che hanno messo la misericordia prima dell’arroganza, che hanno creduto alla purezza di cuore, spazio di ospitalità della Luce di Dio, che hanno operato per la pace, anziché seminare divisione e zizzania, senza paura di essere perseguitati per la giustizia, aprendo il Regno di Dio sulla terra.

Insomma, l’abbiamo capito? I Santi/Testimoni sono VERE DONNE e VERI UOMINI.

Che hanno capito una cosa molto importante, come diceva Ibn Arabi: “”Il viaggio verso Dio è semplicemente un ritorno a sé stessi.”

Buona festa degli Amici di Dio, di se stessi e degli uomini!

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PAROLE DI LUCE

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,46-52

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Era cieco Bartimeo, ma ci sentiva benissimo! Sentiva Gesù che lo chiamava e proprio l’ASCOLTO di quella voce che si rivolge a Lui gli permette di VEDERE DI NUOVO dopo essersi fidato dell’invito ad andare verso di Lui per guarire. 

Anche noi abbiamo tante malattie da guarire, non solo del corpo, soprattutto interiori e dell’anima: zoppi, sordi, lebbrosi … uomini, donne, nei quali ci identifichiamo con tutte le nostre incapacità di camminare per esempio come vorremmo, di ascoltare con attenzione e amore e senza pregiudizi, oppure incapaci di avere dei contatti adeguati alle profondità del nostro cuore: siamo in buone mani, il Vangelo ci vuole guarire, Gesù è lì, proprio per noi, amore che non viene mai meno, ma sempre si apre per abbracciare quanti vogliono affidarsi a Lui! E tutte, ma proprio tutte le guarigioni passano anzitutto di qui: dall’Ascolto!

Cosa ascoltiamo oggi?  Un triplice incoraggiamento: CORAGGIO, ALZATI, TI CHIAMA! Sì, per vivere ci va il coraggio di fare il primo passo, la determinazione di alzarci con i nostri difetti (e Bartimeo si alza prima di essere guarito) e poi rispondere alla chiamata che sempre si rinnova ogni volta che ci mettiamo in ascolto del maestro. Quell’ascolto luminoso e terapeutico che apre i nostri futuri! 

Ma tu … ci credi? Perché tutto dipende da questo! “Va, la tua fede ti ha salvato!”. Sembra quasi che Gesù dica: “la tua fede è addirittura più importante di me!” … chiaro, non lo dice, ma significa che io posso ricevere tutto il bene del mondo, ma se non lo accolgo e non me ne accorgo … non servirà a niente. 

E allora … settimana per domandarci davanti al Signore: “ma io … cosa voglio veramente da te?”. 

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

DOMANDE 

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,35-45

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Il Vangelo di domenica contiene dei paradossi interessanti che potrebbero insegnarci tante cose. Il primo è cercare un approccio di relazione nei confronti di Dio più dolce e affidato di quello pretenzioso e prepotente di Giacomo e Giovanni, almeno perchè non sempre sappiamo quello che chiediamo. Sicuramente se Giacomo e Giovanni avessero capito di più il volto e l’identità del maestro, il senso della sua missione che non era togliere ma dare la vita, il suo volto di Messia la cui gloria non è spadroneggiare da un trono ma il restare nel dolore della croce fino alla fine per testimoniare l’affidabilità del Padre che non lo/ci avrebbe abbandonato, NON AVREBBERO CHIESTO A GESÚ “noi vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo!” … ; se il trono di Gesù è la sua Croce, accanto a lui, a destra e a sinistra c’erano i due malfattori … No, se l’avessero capito gli avrebbero chiesto di NON fare quello che chiedevano. 

Molto istruttiva la reazione di stizza degli altri dieci i quali cominciano a indignarsi con Giacomo e Giovanni, ma non perchè le loro parole tradivano una totale incomprensione del Maestro e del suo insegnamento ormai quasi triennale e quotidiano. No! Il problema della loro rabbia era legato al fatto che se l’avessero occupato loro … gli altri 10 sarebbero solo diventati Ministri di serie B! Eh no! 

Con estrema dolcezza Gesù “li chiamò a se’” per ricominciare, per l’ennesima volta, a dire il senso delle cose che viene inaugurato da quella frase che dice la differenza delle differenze: TRA VOI NON  É COSÍ. Chi pensa di seguire Gesù, per diventare un grande capo che domina e opprime, ha sbagliato strada. Altra è la direzione: “chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. Non c’è bisogno di commenti ulteriori per NON rovinare quello che ha detto Gesù, il quale, non fa una predica da ascoltare, ma offre, in prima persona, la realizzazione della sua Parola (il Verbo si fece carne) con i suoi gesti e con il suo modo di testimoniare l’amore.  Cosa mi dicono queste Parole? 

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL POVERO RICCO 

 

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,17-27

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Arriva trafelato e affannato davanti a Gesù il giovane ricco, questo uomo che come l’indemoniato e i malati cercano di essere guariti e liberati da Gesù. Il Signore ci riesce con tutti, solo con lui gli è impossibile: gli è impossibile guarirlo da ciò che lo possedeva e gli impediva di essere libero, non solo dal punto di vista dei suoi averi, ma anche della sua presunta perfezione religiosa (“TUTTE queste cose le osservo fin dalla mia giovinezza!”) E allora, ti viene da dire, non ti manca nulla! E invece no, aveva molti beni ma non riusciva a essere contento, non riusciva a comprare nè una rassicurazione religiosa, nè una qualità vitale stabile e serena: “cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” Una vita che non si consumi nel nulla. Perchè quando sai che puoi comperare tutto, sai anche che ciò di cui hai bisogno, non è in vendita. E allora cerchi di più: una vita più grande delle cose e dei gesti. Una vita più forte di ogni apparenza e di ogni sicurezza esteriore. Perchè non circolava. Non c’era. Lo sentiva il giovane ricco. Lo sentiamo anche noi, in tante occasioni. 

Gesù gli dice di fare una cosa quasi impossibile: “vendi quello che hai, dallo ai poveri, e avrai un tesoro”, vero! Forse è il tesoro del Regno di Dio per il quale occorre vendere tutto per trovare la possibilità del nuovo. “Troverà la sua vita chi non ha paura di perderla”. E perderla significa amministrarla, condividerla, aprirla, donarla. Noi non siamo possessori, siamo amministratori. Che ce ne facciamo di avere tutto, ricorda Gesù, se poi perdiamo (l’) anima? Che è anima, forza e vigore che mettiamo in ogni cosa che facciamo riempiendola di pienezza ed energia progettuale. Sarebbe interessante che ci facessimo la domanda: “che genere di amministrazione sto vivendo con le mie ricchezze  personali?” 

Leggevo una bella frase, che trovo liberante e assolutamente vitale: “preoccupati di risplendere”, anche se gli altri non lo capiscono. Nel passaggio della Luce troverai luce per te e per i tuoi fratelli. 

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

LEGGE DEL CUORE O CUORE DELLA LEGGE?

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Le dispute evangeliche nelle quali Gesù viene interpellato “per essere messo alla prova” in realtà finiscono sempre male, perchè partono da un vizio di comunicazione: Gli parlano per fargli dire quello che vogliono, e dunque la conversazione decade, per diventare un monologo che però – essendo Gesù oltre che Figlio di Dio un uomo intelligente – si ritorce contro i suoi astanti. 

Tant’è che il Maestro risponde subito alla domanda sulla liceità del divorzio, dicendo: “ cosa VI ha ordinato Mosè?”, chiedendo di interrogare anzitutto se stessi sul modo di adoperare le parole e le leggi che, prima di essere applicazione di giustizia nei confronti di terzi, rivelano la povertà del cuore di chi, non sapendo gestire in modo umano una situazione, si nasconde all’ombra della legge e delle regole. 

Perchè il problema è solo questo: il cuore. Quel cuore che è il centro di ogni uomo e ogni donna e interpella ogni uomo e ogni donna a partire da un desiderio comune: l’amore, la gioia, l’ordine, la pace, il rispetto. Questo lo sentono tutti, peccato che si percorrano strade che non portano alla loro giusta realizzazione. E allora la risposta si approfondisce: Gesù dice che se la gestisci a partire dal Creatore, colui che ti riporta all’ORIGINE della tua creazione, troverai forze di unione e integrità. Se invece lo fai da altri orizzonti, la divisione sarà sempre la sola risposta alla quale si potrà accedere … senza risolvere nulla ma anzi, rovinando. L’uomo divide. Dio congiunge. Leggi il giornale, guardati attorno e segui il TG per averne conferma. 

E allora l’atteggiamento giusto per riscoprire come DIRE BENE (la bene-dizione di Gesù) la vita e il mondo sarà il nostro stare nelle braccia di Gesù, ossia, in quell’abbraccio che esprime un affidamento e un abbandono più forte di tutte le delusioni, gli scoramenti e le privazioni di forze nelle quali sovente siamo immersi, per riscoprire la luce e la forza che nutre i nostri cammini personali che insieme costruiscono e aprono un mondo nuovo e migliore. Grande sfida, ma ne vale la pena. Altrimenti … mi sa che siamo molto mal messi.