TERZA DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA

SENTIERI SCAMBIATI! 

… Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Tutti quanti conosciamo la vicenda di Emmaus! Due discepoli sconsolati tornano ai propri affari che già vivevano prima di conoscere Gesù … appesantiti dalla delusione e dalla tristezza dell’esito infausto della vicenda del loro caro Rabbì: “nulla di fatto, come al solito! Anche Cristo è morto e, insieme, tutte le nostre speranze”

Però, a un certo punto, le carte si scompigliano, vento di novità accade tra i due che “stavano parlando di Lui lungo il cammino”; il loro essere cordialmente uniti dalle loro parole tristi permette alla Parola che è Gesù di comparire accanto a loro personalmente, anche se i loro occhi non erano in grado di riconoscerlo. Condizione di eguaglianza con gli apostoli di tutti i tempi: il Risorto non si vede con gli occhi, ma con le orecchie che ascoltano e riascoltano le parole che Gesù aveva pronunciato e che finalmente vengono ri-conosciute in quei gesti attraverso i quali si era consegnato, in modo particolare nello spezzare il pane, la sua vita per noi. 

Ci sono tre suggerimenti belli che ci vengono forniti da questi due personaggi, sarebbe bello pensarli durante la settimana: 

  1. La strada facile e in discesa che da Gerusalemme porta ad Emmaus viene percorsa con il cuore triste e pesante. La strada del ritorno a Gerusalemme, faticosa e impervia, “mentre si fa sera”, dopo l’incontro con il Risorto, viene percorsa con il cuore pieno di gioia. Come dire: ad affaticare non è la difficoltà del cammino, ma quello che portiamo dentro il cuore come rifornimento di senso e forza. La sicurezza della presenza dell’amore e della compagnia del Figlio di Dio cambia del tutto gli orizzonti e tramuta la disperazione in ottimismo. Noi, nei nostri cammini, quanto portiamo Gesù come possibilità di senso e di rinnovamento? 
  2. Gesù invita a cambiare l’espressione IO, quell’IO ipertrofico che pensa di essere sempre capace di fare tutto da solo, in DIO. Che non è un’operazione di sostituzione, ma di pienezza. Quando io chiedo a Dio di essere il mio orientamento, la mia creatività e la mia forza non mi annullo, ma trovo la possibilità per esprimermi al massimo. Altrimenti sarebbe come se una macchina bella e prestante dicesse: “non metto la benzina, altrimenti poi diventa più importante della carrozzeria e del motore”. Ma c’è un pensiero più insipiente? Senza benzina una macchina non può andare avanti. Senza Dio un uomo non può essere se stesso. Noi siamo quello che portiamo dentro, e Gesù nel Vangelo ci assicura che con Lui possiamo fare tutto. Quanto l’ispirazione e la presenza  di Dio nella mia vita muove i miei pensieri, libera le mie forze e istruisce la mia libertà? 
  3. Imparare a passare dai SE ai SÍ. Quante volte ci diciamo  “SE solo fosse … “ “SE solo potessi” … “SE solo non avessi … “ riempiono di impotenza la nostra immaginazione creativa. Il Vangelo ci dice, invece, che la vita riparte nel momento in cui impariamo a dire i nostri SÍ alla Parola di Dio, esattamente come Maria. A non dire, come i discepoli di Gesù davanti alla folla affamata che “SE solo ci fossero tantissimi denari si potrebbero sfamare tutti”, ma a pronunciare quel piccolo SÍ del ragazzino – capostipite di coloro ai quali appartiene il Regno di Dio – che è disponibile a un bisogno IMMENSO e SPROPORZIONATO con la sua disponibilità a mettere nelle mani del “moltiplicatore di vita” i suoi insufficienti e insignificanti cinque pani e due pesci. E … avanzarono 12 ceste piene di cibo!  Piccolo gesto, grande risorsa. Vita ricominciata e saziata. Questa settimana, quali SÍ sono chiamato a pronunciare? 

Buon cammino! 

 

PRIMA COMUNIONE 2023

Ritiro spirituale con le famiglie

Domenica 16 aprile, 26 bambini con le loro famiglie, e le loro catechiste appassionate del loro lavoro – Aurora ed Elisa –  si sono ritrovati nel Pomeriggio per prepararsi al grande momento della Comunioni che quest’anno verrà celebrata il 6 e il 13 di maggio alle 10,30 del mattino. Un momento di confronto, di allegria e nello stesso tempo di profondità e felicità. Ringraziamo tutti per la vivace e attenta partecipazione, speriamo che questi momenti siano sempre più  possibilità di aggregazione e buon sapore della vita della nostra comunità parrocchiale.

SECONDA DOMENICA DI PASQUA, A, 16 APRILE 2023

QUESTIONE DI FEDE … 

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «
Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro.
Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 

Aria di paura in quella casa. Paura dei Giudei ma anche di se stessi, della propria viltà, di come si erano comportati nella notte del tradimento. Sembra che manchi l’aria.

Eppure Gesù viene, nonostante il loro e il mio cuore inaffidabile: e stette in mezzo a loro. Mi conforta pensare che se trova chiuso lui non se ne va; se tardo ad aprire, otto giorni dopo è ancora lì. Shalom, ha detto, saluto biblico che significa molto più della pace come semplice fine delle violenze, indica la forza dei miti e dei nonviolenti dentro la logica del più armato, la luce dei puri di cuore dentro la nebbia delle astuzie, la serenità dei giusti nelle ingiustizie, la perseveranza degli onesti fra le disonestà. Soffiò e disse: ricevete lo Spirito Santo.

Su quel pugno di creature, chiuse e impaurite, scende il vento delle origini, il vento che soffiava sugli abissi, il vento sottile dell’Oreb su Elia profeta, quello che scuoterà le porte chiuse del cenacolo: ecco io vi mando! «Se non vedo e non tocco, non crederò». Povero, caro Tommaso, diventato addirittura proverbiale! Vuole delle garanzie, e ha ragione, perché se Gesù è vivo tutta la sua vita ne uscirà rovesciata.

Gesù si avvicina alla nostra lentezza del credere con pochi, semplici verbi: guarda, metti, tocca. Tommaso comprende da quei fori il motivo per cui Cristo è risorto: per un amore scritto con ferite ormai incancellabili, da cui non sgorga più sangue ma luce. Tommaso si arrende non ai suoi occhi o al suo toccare, ma a questa esperienza di pace offerta da Gesù per ben tre volte. E la sua pace scende ancora sulle nostre sconfitte, sulle nostre chiusure, sulle nostre paure. Alla fine Tommaso passa dall’incredulità all’estasi. Se poi abbia toccato o no il corpo del Risorto, non è importante. «Mio Signore e mio Dio» Tommaso ripete quel piccolo “mio” che cambia tutto, che non indica possesso geloso, ma appartenenza, eco del Cantico dei Cantici: il mio amato è mio e io sono sua! Mio Signore, che mi fai vivere, che sei la parte migliore di me. “Mio”, come lo è il cuore. E, senza, non sarei. “Mio”, come lo è il respiro. E, senza, non vivrei.

Beati quelli che senza aver visto crederanno. Beatitudine consolante che finalmente sento mia. Gesù mi dice beato! Beato chi fa fatica, chi cerca a tentoni, chi non vede ancora eppure cammina avanti, “siamo pellegrini senza strada, ma tenacemente in cammino” (Giovanni della Croce). La fede è il rischio di essere beati, cioè felici.

Di vivere una vita non certo più facile, ma più piena e appassionata. Ferita sì, talvolta, ma luminosa comunque e perfino guaritrice. Così termina il Vangelo, così inizia la mia sequela: col rischio di essere felice. (Ermes Ronchi) 

FESTA DELLE FAMIGLIE 2023

Domenica 2 aprile, giornata simbolica perché Domenica Delle Palme, la nostra parrocchia ha organizzato un momento di incontro per tutte le famiglie che fanno parte della nostra comunità e che hanno avuto il piacere di condividere il loro tempo con gli altri.

Dopo la Santa Messa e il pranzo mangiato tutti insieme grazie al contributo di ciascuno di noi, mentre i genitori si sono riuniti per un momento di riflessione, gli animatori del gruppo giovani si sono occupati dei bambini e dei ragazzi presenti animando il pomeriggio con tante attività divertenti e che richiedevano la collaborazione attiva e continuativa di ognuno di loro, stimolando così la partecipazione.

La giornata si è rivelata molto tranquilla e piacevole per tutti, soprattutto per i bambini, i quali hanno avuto modo di mettersi in gioco, passare del tempo insieme e perché no, fare anche nuove amicizie.
Il fatto che sia stato un pomeriggio molto apprezzato si poteva leggere nei volti di tutti noi: una giornata che non vediamo l’ora di ripetere in futuro!

                                                                                                                      Francesca Bodeanu

UN MOMENTO PER PARLARE ANCHE TRA I PIÚ GRANDI 

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

RIENTRARE NEL GIARDINO … 

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

DA MEDITARE TANTO TANTO:

La bellezza struggente dell’umanità di Gesù: lo vediamo fremere, piangere, commuoversi, gridare. Un Dio umanissimo, quello che ogni uomo cerca: non un Dio da adorare e venerare nell’alto dei cieli, ma un Dio coinvolto e coinvolgente, che ride e piange, gioca con i suoi figli nei caldi giochi del sole e del mare.

Di Lazzaro sappiamo poche cose, quelle che contano: la sua casa è aperta, è amato da molti, è amico speciale di Gesù: ospite, amico e fratello. Tre nomi per restare umani. Se Tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe morto. Le sorelle hanno visto le loro preghiere volare via come colombe, e nessuna che tornasse indietro a portare una risposta, una fogliolina di ulivo di risposta, come allora nell’arca.

Ma Dio esaudisce le nostre preghiere? Sì, esaudisce sempre; ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse. “Tuo fratello risorgerà”. Lei la sente come una frase fatta, parole formali che tutti sanno dire: “so bene che risorgerà. Ma quel giorno è così lontano da questo dolore”. Lei parla al futuro, Gesù al presente. E usa parole impressionanti: “Io sono la risurrezione e la vita”. Adesso. Prima la risurrezione e poi la vita. Prima la liberazione e poi la vita viva. Che è il risultato di molte risurrezioni: dalle vite spente, dalle ceneri, da vite senza sogno e senza fuoco. Io sono la risurrezione: una linfa potente e fresca che si dirama per tutto il cosmo e che non riposerà finché non avrà raggiunto e fatto fiorire l’ultimo ramo della creazione, l’ultimo angolo del cuore.

Liberatelo e lasciatelo andare! Lazzaro esce, avvolto in bende come un neonato. Morirà una seconda volta, ma ormai gli si apre davanti una altissima speranza: Qualcuno lo ama, Qualcuno che è più forte della morte. Lasciatelo andare: Gesù è il Rabbi che libera e manda oltre senza legare a sé: dategli una stella polare per il viaggio, gli occhi di qualcuno che piangano d’amore per lui, la certezza di un approdo, e nessuno lo fermerà. Dove sta il perché finale della risurrezione di Lazzaro? Sta nelle lacrime di Gesù, la  sua dichiarazione d’amore fino al pianto. Piangere è amare con gli occhi. L’uomo risorge per le lacrime di Dio, risorgiamo perché amati. Lazzaro sono io.

Quante volte sono morto: era finito l’olio nella lampada, finita la voglia di lottare e faticare, forse perfino la voglia di vivere. E poi un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non so perché. Una pietra si è smossa, è entrato un raggio di sole. Un grido d’amico ha spezzato il silenzio. Delle lacrime hanno bagnato le mie bende. Io sono Lazzaro, io sono Marta e Maria, sorelle a infiniti morti. Come loro santo solo d’amicizia, risorto solo perché amato (ERMES RONCHI)