XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
VERO TESORO …
DAL VANGELO SECONDO MARCO
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
La pagina del Vangelo di oggi lascia un retrogusto di amarezza. In fondo, diciamocelo, ci sentiamo un po’ tutti come questo “tale”, che correndo verso Gesù e inginocchiandosi ai suoi piedi gli chiede cosa fare per possedere la vita eterna (ossia di una qualità in grado di travalicare ogni limite e ristrettezza). La risposta di Gesù, però, lo mette davanti al grande bivio della “differenza” in grado di aprire strade nuove e diverse, che portano a una qualità esistenziale dei giorni mai assaporata prima, al prezzo, però, di abbandonare certi attaccamenti e sicurezze con le quali ci sentiamo “a posto”, ma che sentiamo chiaramente non in grado di mantenere quello che promettono: ci manca qualcosa, un’ulteriorità, una sete di infinito non ancora stata raggiunta.
Sovente, però, l’esito delle nostre reazioni assomiglia tanto a quello del Vangelo: “scuro in volto”, il tale rifiuta la proposta di Gesù – di lasciare qualcosa per avere tutto in cambio e seguirLo – e se ne torna rattristato sulla solitaria strada della sua domanda di vita insoddisfatta. E ti senti come lui…
Il Vangelo qui allude alle ricchezze che possono diventare, anziché un possesso a servizio di una qualità buona e libera della vita, delle sequestratrici impietose che si impossessano di te. E quella che ti sembrava una vita libera si trasforma in una corsa all’accaparramento e all’accumulo destinato a non saziare la fame della pancia del tuo cuore.
A volte pare che Gesù ti dica delle cose precise quando leggi il Vangelo, che la Sua Parola sia proprio come la parola descritta dalla Lettera agli Ebrei: “Essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”. Arriva proprio lì. Dove risiede la mia verità. Dove è in potenza la mia novità, la mia rinascita e manca quel piccolo passo, quella piccola deviazione che non si riesce a prendere.
E allora ti rimetti a pensare, a dirti quello che i discepoli, sconcertati, come noi, chiedono a Gesù: “e chi può essere salvato?”. Bellissima la risposta di Gesù: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
In questo modo il Vangelo, diventa di nuovo la franca dichiarazione del nostro bisogno di ricevere la salvezza, proprio perchè consapevoli che da soli non ce la possiamo dare; d’altronde domenica scorsa Gesù ce l’aveva detto: “se non ritornerete come bambini non entrerete nel Regno di Dio”, e i bambini non sono “coloro che vivono perchè ricevono”? La risposta di Gesù non diventa un invito alla stasi o al gioco del ribasso, ma l’incoraggiamento a rialzarsi ogni giorno cercando e trovando in Lui – a partire dal fattibile e dal possibile dei nostri limiti e delle nostre sconfinate ricchezze – una vita immensa come l’eterno. Indefinibile, solo da accogliere continuamente, ogni giorno e in barba a ogni stanchezza e sconforto.
INCONTRO SULLA PAROLA DI DIO
GIIOVEDì ALLE ORE 21,00
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B
RIPUDIO
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
All’olfatto sensibile e molto autoreferenziale dell’uomo contemporaneo, le parole di Gesù sul matrimonio e sulla divisione non devono risultare molto gradevoli. Aldilà delle questioni giuridiche e morali sull’argomento, però, penso che sia più importante trarre gli insegnamenti, sempre preziosi, che anche il Vangelo di domenica ci suggerisce.
Il primo è la presenza di un cattivo punto di partenza: la discussione nasce dal desiderio dei farisei di mettere alla prova Gesù. Proprio come il demonio, nella pagina delle tentazioni del deserto, il gruppo degli osservanti della legge interroga il Maestro per trovare dei capi di accusa e di condanna non così difficilmente riscontrabili per uno, come il Figlio di Dio, il quale metteva sempre l’uomo davanti alle regole. Ottima possibilità per farlo fuori e condannarlo a morte. Gesù chiaramente non si fa prendere in castagna, come al solito, ma ritorce contro i suoi accusatori capziosi le stesse argomentazioni, dicendo che le cose prescritte dalla legge sono formulate a causa delle durezza del cuore, che non si impegna a interpretare e a vivere il compito dell’amore e dell’unione – che il matrimonio porta con sé, per chi sceglie di volersi bene e costruire una vita abbeverando le proprie radici nel fiume d’acqua sorgiva e feconda di Dio – a partire da ciò che unisce e propizia l’unità. Dio congiunge, dice Gesù, l’uomo divide.
Il problema di tante relazioni – di coppia ma non solo, perchè tutta la vita è una relazione: il prete si relaziona con la sua parrocchia, la Suora con la sua comunità, il single con la sua realtà, i suoi valori, le persone delle quali ha cura – è che ad impegnarsi in un cammino di amore a volte ci sia soltanto un coniuge, o addirittura nessuno dei due. Ma a fare la differenza, nelle relazioni, è il riferimento (dei due) a Dio, trovando proprio in quel “punto in comune” la possibilità di costruire una vera relazione feconda e amorosa a partire dalla differenza delle due persone che si amano. Ossia: cosa illumina, irrora, nutre, fortifica la ricchezza e la diversità da custodire che ognuno di noi rappresenta? Che cosa scegliamo per tenere vivo un amore, per essergli fedeli? Non si tratta di divieti, ma di consapevolezza che ci fanno fiorire e ci fortificano nelle nostre scelte e nei nostri riferimenti … ma IN POSITIVO, non per rinuncia o per semplice senso del dovere e dell’impegno preso.
A volte forse occorre proprio “essere come bambini”, per tornare tra le braccia di Colui che vuole “metterci al mondo” attraverso la Buona Notizia del Vangelo, che magari, con un po’ di umiltà ci fa riscoprire che in tante questioni della vita – non solo il matrimonio – come i farisei, anche noi mettiamo alla prova Gesù … per farlo fuori.
Ma “se non accoglierete (accoglieremo) il Regno di Dio come dei bambini, non entrerete in esso”.
LA PAROLA DELLA DOMENICA
Stasera, GIOVEDÍ 30 SETTEMBRE, alle ore 21,00, per chi vuole
ISCRIZIONI A CATECHISMO 2021/2022
ELEMENTARI E MEDIE
“DIO … NELLE NOSTRE MANI”
Quest’anno le ISCRIZIONI AL CATECHISMO le faremo scaglionate per classi.
Aspettiamo le famiglie con i propri figli per celebrare insieme la Messa della domenica e al termine distribuiremo i fogli con il modulo di iscrizione da compilare.
Ecco il calendario:
TERZA ELEMENTARE, DOMENICA 3 OTTOBRE, ALLE 10,30
QUARTA ELEMENTARE, DOMENICA 10 OTTOBRE, ALLE 10,30
QUINTA ELEMENTARE, DOMENICA 17 OTTOBRE, ALLE 10,30
CRESIMANDI, DOMENICA 24 OTTOBRE, ALLE 10,30
PRIMA E SECONDA MEDIA, DOMENICA 31 OTTOBRE, ALLE 10,30.
Gli incontri di PRIMA e SECONDA ELEMENTARE cominceranno a gennaio.
Per ogni chiarimento potete chiedere alle catechiste, oppure chiamare in Parrocchia al numero 0173/281830 o passare personalmente.
I HAVE A DREAM EDIZIONE 2021
Domenica 26 alle ore 18, ci siamo incontrati per l’evento 2021 di I HAVE A DREAM.
Ossia: “ho un sogno” …
Un sogno per la mia Parrocchia.
Un sogno nel quale mi sento coinvolto.
Un sogno che mi avvisa che non sono le critiche fatte su qualcuno, con l’amico, a costruire, ma la condivisione dei problemi con le proposte di alternative finora, magari, non percorse.
Un sogno che mi fa dire: IO CI SONO!
Riporto in estrema sintesi quanto abbiamo sognato, sarà un punto di riferimento per questo nuovo anno di vita Parrocchiale.
QUALI SOGNI PER IL 2021?
- Intensificare le relazioni personali dopo un anno di legami “virtuali”
- RIDIRCI TANTE VOLTE LE COSE; Dobbiamo metterci in testa di SEMINARE … perchè quando possono le persone ci sono. Senza aspettare che sia sempre il parroco a fare il primo passo: siamo tutti uguali, popolo di battezzati, tutti ci diamo una mano.
- POTERE ORGANIZZARE serate e giornate PASSARE DEL TEMPO INSIEME E CONDIVIDERE
- Vedere di nuovo tanti bambini animare la vita della nostra Comunità. Anche alla Messa della domenica.
- IMPARARE A DONARCI AGLI ALTRI IN MODO GRATUITO SENZA ASPETTARSI NULLA IN CAMBIO e considerare tutto ciò che ritorna una grazia.
- Puntare sulla Parola di Dio senza preoccuparci troppo
- Fare conoscere maggiormente le attività dei gruppi della Parrocchia di modo che diventino riferimenti per chi desidera donare il proprio aiuto.
- Vedere rivitalizzato l’Oratorio a partire dai ragazzi e dagli animatori.
- Recuperare i RAPPORTI PERSONALi che sono stati così difficili e a volte “ostacolati” in questo periodo.
- Tornare presto alla normalità di prima.
- Valorizzare il discorso del VOLONTARIATO con tutta la sua importanza.
- Organizzare degli EVENTi, proporre incontri di convivialità e fraternità, sapendo che, come ci siamo detti in questi due anni, “da cosa nasce cosa”.
- Riattivare il gruppo degli anziani del giovedì
- Ricominciare il gruppo del Ricamo, riscoprendo la gioia di lavorare insieme.
Ricordiamo che chiunque lo desideri può scrivere il proprio sogno parrocchiale inviandolo alla mail l.lucca71@gmail.com
XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
Essendo troppo bello, riporto nella sua interezza il commento di Ermes Ronchi:
Maestro, c’era uno che scacciava demoni e volevamo impedirglielo, perché non era dei nostri. Un uomo, che liberava altri dal male e li restituiva alla vita, viene bloccato dai seguaci di Gesù. Giovanni si fa portavoce di una mentalità gretta, fatta di barriere e di muri, per la quale non conta la vita piena dell’uomo, il vero progetto di Gesù, ma la difesa identitaria del gruppo, il loro progetto deviato.
Mettono quindi l’istituzione prima della persona, la loro idea prima dell’uomo: il malato può aspettare, la felicità può attendere.
Ma la “bella notizia” di Gesù non è un nuovo sistema di pensiero, è la risposta alla fame di più grande vita. Il Vangelo non è una morale, ma una sconvolgente liberazione. Infatti Gesù sorprende i suoi: chiunque aiuta il mondo a liberarsi e fiorire è dei nostri. Semini amore, curi le piaghe del mondo, custodisci il creato? Allora sei dei nostri. Sei amico della vita? Allora sei di Cristo.
Quanti seguono il Vangelo autentico, senza neppure saperlo, perché seguono l’amore. Si può essere di Cristo, senza appartenere al gruppo dei dodici. Si può essere uomini e donne di Cristo, senza essere uomini e donne della chiesa, perché il regno di Dio è più vasto della chiesa, non coincide con nessun gruppo. Allora impariamo a godere e a ringraziare del bene, da chiunque sia fatto. Quelli non sono dei nostri. Tutti lo ripetono: gli apostoli di allora e i partiti di oggi, le chiese e le nazioni davanti ai migranti. Invece Gesù era l’uomo senza barriere, uomo senza confini, il cui progetto è uno solo: voi siete tutti fratelli.
Gli esseri umani sono tutti dei nostri e noi siamo di tutti, siamo gli “amici del genere umano” (Origene).
Tante volte ci sentiamo frustrati, impotenti, il male è troppo forte. Gesù dice: tu porta il tuo bicchiere d’acqua, fidati, il peggio non prevarrà.
Se tutti i miliardi di persone portassero il loro bicchiere d’acqua, quale oceano d’amore si stenderebbe a coprire il mondo. Basta un sorso d’acqua per essere di Cristo. Ma l’annuncio di Gesù si fa più coraggioso: Ti darò cento fratelli, se mi segui (Mt 19,29) e intendeva dire: cento cuori su cui riposare, ma anche cento labbra da dissetare.
Il Vangelo termina con parole dure: se la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali. Gesù ripete un aggettivo: il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede. Non dare sempre la colpa del male agli altri, alla società, all’infanzia, alle circostanze. Il male si è annidato dentro di te: è nel tuo occhio, nella tua mano, nel tuo cuore. Cerca il tuo mistero d’ombra e convertilo.
La soluzione non è una mano tagliata, ma una mano convertita. A offrire il suo bicchiere d’acqua.
VENTICINQUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
POSTI
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
- In un tratto della lettera a Timoteo, Paolo scrive: “Custodisci il dono della Parola Profetica che ti è stato fatto” . L’apostolo parla accoratamente e con passione a Timoteo spiegandogli gli atteggiamento da avere nella comunità a lui affidata, raccomandandosi anzitutto di “custodire il dono della Parola”. Noi siamo custoditi dalle parole – che custodiamo dentro di noi – scelte per custodirci. Custodire è un gesto che richiede il desiderio del cuore e l’operosità delle mani e della libertà. Si custodisce quello che si vuole proteggere, perchè si sa essere delicato e bisognoso di cura, perchè si sa che la preziosa fragilità cristallina della Parola di Dio – che vorrebbe custodire la nostra vita – è sempre soggetta e aggredita dalle urla delle parole vuote, depotenzianti, arroganti, false, scoraggianti che a volte galleggiano senza governo nella galassia delle nostre menti. La cura ci chiama. Ci interpella. Ci fa domandare: ma io sono custode di ciò che credo e del dono che Dio mi rivolge ogni volta che gli apro il cuore? Che cosa faccio per custodire il dono del Vangelo nel mio cuore?
- La parola profetica: o meglio, LA PAROLA CHE É Gesù, perchè Gesù è la carne della voce di Dio, si rivela in quella rivolta ai discepoli (noi) : «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà» e «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Noi cristiani non siamo diversi dagli altri: anche noi cerchiamo la vita, anche noi vogliamo essere i primi, non sono cose cattive. Il problema è che le strade che percorriamo non ci portano lì. La “pretesa” del Figlio di Dio nei nostri confronti è quella di indicarci la strada vera della vita, di dirci come si fa a essere i primi non nel senso della celebrità che abbiamo in testa, ma del valore della nostra umanità, che diventa un dono.
- Infatti “per la strada … avevano discusso tra loro chi fosse più grande”. Possiamo farlo anche noi, tranquillamente, ma non con lo spirito di competizione che miete vittime attorno a sé abbattendo anche il “cecchino”, che è condannato a morte nella sua solitudine sterile e mortifera, magari circondato da tante cose, che gli avrebbero presumibilmente rubato le vittime della sua tristezza. La Parola di Dio ci indica una gara diversa, assai liberante questa: la libertà di stimare il prossimo. Propongo due testi da meditare: “amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rom. 12,10) e “Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri” (Fil. 2,3). Prospettive diverse, ma possibilmente per frutti, frutti buoni!