DONARE TESORI

DOV’È IL TUO TESORO LÀ SARÀ ANCHE IL TUO CUORE

E dov’è il tesoro nel mio cuore?

Condivido questa pagina che mi ha fatto riflettere.

“Dice un verso del Qohelet: manda il tuo pane sopra i volti delle acque, lancialo alla corrente, a sasso, al mondo, il pane, il tuo indispensabile, il dono di se stessi, del proprio tempo, del proprio sangue, di un organo, della vita tutta intera, non esiste offerta così priva di tornaconto. “Questo è il mio pane”, disse il donatore di se stesso una sera di Pasqua nella città in collina, in quell’ultima cena si preparava a offrire il pane di se stesso alla corrente del mondo a venire, alle generazioni future.

Manda il tuo pane sopra i volti delle acque, “shallah lahmekhà al penè hammàim”, il verso antico in ebraico scroscia e gorgoglia come una corrente dentro l’applauso del fiume.

La seconda metà del verso dice “perché in molti giorni lo ritroverai”, una vecchia traduzione un po’ sbagliata dice “perché lo ritroverai dopo molti giorni”, ma è troppo povera  e simmetrica questa restituzione, quello stesso pane offerto così generosamente e poi viene rimborsato uguale e pari dopo molti giorni, no, la lettera ebraica dice “in molti giorni”, allora vuol dire che quella singola offerta ti verrà restituita in molti giorni, ti verrà rimborsata incalcolabilmente di più.

Ecco che questi versi raccontano della economia sovversiva del dono, del gratis, dello spariglio che riceve in cambio una restituzione gigantesca.

Questa è l’economia del dono che butta gambe all’aria i pareggi di bilancio, le partite doppie dare e avere, grazie al gratis, si tratta del dono da VITA A VITA.

Racconta un vecchio apologo che l’inferno è una tavolata dove ciascuno sta davanti a una ciotola di riso e ha come strumenti dei bastoncini ma che sono troppo lunghi, smisurati, così nessuno riesce a mangiare. Il paradiso invece è la stessa tavolata, con la stessa ciotola di riso e gli stessi bastoncini lunghi ma dove tutti si nutrono perché ciascuno con quei bastoncini lunghi nutre quello che gli sta di fronte.

Non è utopia, esiste già l’economia del dono e il mondo già si regge sul mutuo soccorso, sull’offerta del proprio tempo libero, del proprio sangue, degli organi della vita stessa.

Non è utopia, esiste già.

E quando sparirà il sistema artificiale delle monete resterà l’economia del dono, resisteranno quelli che l’avranno saputa praticare”.

                                   (Introduzione di Erri De Luca al libro DONO di E. Imprescia)

Non lo so ma voglio credere che il tesoro sia proprio nascosto lì nell’azione del donare.         «Donare per cambiare un destino e per ridisegnare una vita. Donare è VITA»

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

CHIEDIMI QUELLO CHE VUOI … 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Com’è andata la settimana del grano e della zizzania? Abbiamo saputo vedere, in mezzo alle cose che non andavano, promettenti chicchi di grano buono, “profezie di pane”? Abbiamo saputo vivere pensando soprattutto alla promessa di questo “positivo” senza essere sopraffatti dal male? Oggi, nella prima lettura, Dio compare in sogno a Salomone e gli dice: “Chiedimi cosa vuoi che io ti conceda”. Domanda che fa tremare le gambe e il cuore … e se sbagli? Quando ricapiterà un’occasione del genere? Salomone propone a Dio di donargli un cuore DOCILE e CAPACE DI DISTINGUERE IL BENE DAL MALE. Un cuore docile, anzitutto, non è un cuore molle o imbranato, ma un cuore “che va a scuola”, che impara dalla vita e dalle sue lezioni, belle e brutte, continuamente, e sa che questa è l’unica scuola che non chiude mai … E poi, capace di distinguere il bene dal male, ossia consapevole di non saperlo fare da solo, ma di avere bisogno di una Maestro, magari Divino, prima di definire qualcosa con quelle specifiche qualità. Dio apprezza questo grande desiderio di Salomone. Questo lo renderà un saggio re, il più saggio. Il Vangelo anche per noi, alla scuola che va “da una domenica all’altra” diventa SCUOLA del BENE, scuola di quei tesori che, tra le cose di questo mondo, riaccendono desideri alti e responsabilità profonde e non demandabili in grado di farci “andare”, “pieni di gioia (forza interiore)” e trovare ciò che rende veramente preziosa la vita, campo di battaglie inesauribili dove la vera domanda autenticamente liberante e  identificativa non è “chi sono io?”, ma “per chi sono io?”.  

Attenti alle richieste che facciamo, perchè ci sarà fatto secondo le nostre parole. 

Questa settimana proviamo a pensare e condividere cosa significhi CERCARE IL REGNO DI DIO nella vita di tutti i giorni (inviare contributi a l.lucca71@gmail.com ) . 

Leggendo il Vangelo…

Penso di essere un campo dove convivono sia il buon grano che la zizzania. Mi auguro che prediliga il buon grano ma non ne sono così sicuro. E così come penso che sia il mio campo, penso che lo sia anche per tutti. Certo che è difficile vivere quotidianamente situazioni dove fai molta fatica a scorgere il buon grano però Gesù ci invita ad andare “oltre” e a pregare per le persone che vivono come noi le stesse difficoltà e poi in ognuno di noi c’è il seme buono e cattivo.

“Fa più rumore un albero che cade di un’ intera foresta che cresce”. Mi piace molto questa frase e nell’ aridità dei giorni che passano e che viviamo tutti con tutte le nostre magagne e i nostri dubbi, mi riempie di speranza pensare che una vita più solidale tra di noi possa farci aprire ad un nuovo respiro. Dopo questi mesi durissimi per tutti, per poter rinascere in questo post-covid io penso che o mettiamo a disposizione il nostro terreno  e unendolo ad altri cerchiamo di far crescere solo il buon grano della solidarietà, aiuto reciproco, comprensione e perdono (l’ unione fa la forza) oppure se ci chiudiamo sempre più in noi stessi per salvaguardare il poco che abbiamo con molto sforzo e magari pochi risultati (vedremmo la zizzania che si moltiplica con sforzi vani da parte nostra), non andremo da nessuna parte.

Siamo tutti collegati, l’ un l’ altro. Ed è vero.

Concludo con poche parole tratte da una canzone di Mengoni. Molto semplici ma ricchissime di significato:

Prendi la mano e rialzati, tu puoi fidarti di me.

Io sono uno qualunque, uno dei tanti, uguale a te.
Ma che splendore che sei, nella tua fragilità.
E ti ricordo che non siamo soli

a combattere questa realtà.

PICCOLE COSE 

Gesù ci parla del Regno dei cieli: lo fa attraverso tre parabole, ricorrendo a “piccoli semi e un po’ di lievito”. 

La prima parabola: “Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano, venne il nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò”. Grano e zizzania, il bene e il male che convivono in noi e nella realtà. Stupisce la risposta del padrone ai servi, che vogliono in fretta estirpare la zizzania, mentre suggerisce loro di aspettare per evitare che da quell’operazione possa il buon grano essere danneggiato. Gesù è paziente, ci dà tempo, il giusto tempo per far crescere ciò che ha seminato in noi, per operare la scelta da quale parte stare …. Arriverà però il tempo della mietitura, del giudizio e solo “il grano sarà riposto a sicuro nel suo granaio”. Oggi questa immagine del campo di grano mi ha portato con la mente nella mia Sicilia e a quanto è accaduto 28 anni fa: era il 19.7.1992 ed era domenica pomeriggio, e Palermo e l’Italia tutta rimase impietrita dinanzi alla strage di Via D’Amelio in cui furono dilaniati il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Bene e male, legalità – giustizia e criminalità –mafia. Quelle stragi risvegliarono le coscienze, tutto quel male scosse l’intero Paese producendo frutti buoni.

La seconda parabola: “Il regno dei cieli è simile a un granello di senape seminato in un campo che una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli vengono a fare il nido tra i suoi rami”. Gesù ci stupisce ancora una volta, scegliendo per spiegare il Regno dei cieli proprio un “piccolissimo seme”, contrapponendosi così a quei parametri di grandezza, o dell’apparire, del prestigio, del potere che tanto vigono oggi …
Quel piccolissimo seme alla fine manifesterà la sua grandezza.

La terza parabola: “Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata”. Un pizzico di lievito basta per far fermentare tutta la pasta!  Altra cosa piccola, ma con che forza …. È  in grado di generare una grande trasformazione!

Enzo Bianchi commenta così il Vangelo di oggi: “Siamo dunque chiamati alla pazienza, alla piccolezza, al nascondimento: nel vivere con libertà e intelligenza queste realtà, sta la nostra possibilità di accogliere il Regno annunciato da Gesù, cioè di fare obbedienza a lui, chicco di grano caduto a terra e morto per portare molto frutto. Questa dinamica di morte e resurrezione è già primizia del Regno, se sappiamo assumerla nella nostra vita e testimoniarla nella compagnia degli uomini”.

PREGHIERA DEL GRANO NELLA ZIZZANIA

Signore,

ricordati non solo degli uomini

di buona volontà,

ma anche di quelli di cattiva volontà. 

Non ricordarti 

di tutte le sofferenze che ci hanno inflitto.

Ricordati, invece,

dei frutti che noi abbiamo portato

grazie al nostro soffrire:

La nostra fraternità, la lealtà,

il coraggio, la generosità

e la grandezza di cuore

che sono fioriti da tutto ciò

che abbiamo patito.

E quando questi uomini giungeranno al giudizio,

fa che tutti questi frutti

che abbiamo fatto nascere,

siano il loro perdono! 

(Preghiera scritta da uno sconosciuto prigioniero del campo di concentramento di Ravensbruch e lasciata accanto al corpo di un bambino morto) 

Su grano e zizzania …

 LA FORZA DEL SEME BUONO                              

Ascoltando e rileggendo la parabola del grano e della zizzania il pensiero è andato ad un libro che ho ripreso in mano e riletto non molto tempo fa:

CIO’ CHE INFERNO NON È di Alessandro D’Avenia.

La storia di Federico, un ragazzo 17enne che rinuncia ad un viaggio in Inghilterra per intraprenderne uno  decisamente più importante alla scoperta di se stesso, ma il vero protagonista è il grano buono in mezzo a tanta zizzania che ha il  volto di don Pino Puglisi, sacerdote che cammina con le sue grandi scarpe tra le pagine senza fare rumore con la forza del suo sorriso, che è il sorriso di Dio, e, con quel sorriso che non si spegnerà, nemmeno di fronte al suo carnefice e con il coraggio di gettare a piene mani seme buono, insegnerà, nel momento stesso della morte, come vivere a noi che restiamo.                                                                         

Nella vita possiamo essere grano buono, lievito che dà pane, granello di senape che diventa un grande albero. “Non c’è niente di grande che non sia stato piccolissimo”. Ed allora è bello pensare che Dio vede nell’infinitamente piccolo ciò che è immensamente grande.

«È un romanzo che parla di noi, della possibilità – se torniamo a guardare la vita con gli occhi dei bambini che tutti siamo stati – di riconoscere anche in mezzo alla polvere ciò che inferno non è… Il sacrificio non sta nella morte, ma nel SACRUM FACERE. Rendere sacro quello che incontri nella vita. Così faceva lui (don Pino) e così erano quei ragazzi e bambini dietro la superficie infernale… Un sorriso può cambiare il mondo, perfino quello buio del Cacciatore, l’assassino di don Puglisi…Tutto il romanzo è nato dal voler scandagliare quel sorriso. Volevo capire come si muore così liberi dall’odio e dalla morte stessa. Chi muore così sa anche vivere e insegna a vivere a noi che restiamo. L’inferno fa molto più rumore ed è più visibile, ma il paradiso non è distruttibile dalla violenza umana». (Alessandro D’Avenia)

Non siamo al mondo per essere perfetti, ma per essere veri e in cammino. La spiga del buon grano vale di più di tutta la zizzania del campo.

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

GRANO E ZIZZANIA 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». 

Tra i suggerimenti e i contributi sul Vangelo di domenica scorsa compariva un libro di Erri de Luca: “In nome della madre”. Lo scrittore racconta la storia e i pensieri di Maria, mentre attende la venuta del suo figlio. Mentre con Giuseppe si reca a Betlemme per il censimento, Maria pensa,  rivolta al piccolo Ieshu (Gesù): Respiravo profondo per fare sapere anche al bambino le sorprese del mondo. Era fatto di opposti, l’alto e il basso si urtavano e mandavano scintille, oppure si sfioravano con una carezza”. Un modo molto poetico (come tutto il libro) che ci fa dire che le parole della madre sono risuonate nel cuore del Maestro fino a diventare la parabola che abbiamo letto oggi, e che ancora, con grande realismo, ci convince che il Vangelo per dirsi ha un unico assunto: l’unica realtà è … la realtà! (E ognuno vive la sua). A partire da tutto il peso e l’ambiguità del male, che non sempre si riesce a definire e comprendere con nettezza, ma convive tenacemente avvinghiato al buon grano. 

Lo sguardo di Gesù ci invita a operare con grande capacità di pensiero, attesa e azione. Il “buon agricoltore” domanda di guardare sempre OLTRE, per scorgere le potenzialità di trasformazione e crescita che sono racchiuse ovunque.  Credere vuol dire avere fiducia nella crescita; a guardare il grano, anche se sporco di zizzania, come costante “profezia di pane” (Ronchi) a partire dal tuo orto, casa tua, dove nasce il piccolo seme della senape per diventare il più grande degli alberi. Piccolo presente pieno di grande futuro.

Questa settimana proviamo a pensare e condividere cosa significhi RESISTERE AL MALE SECONDO IL VANGELO nella vita di tutti i giorni (inviare contributi a l.lucca71@gmail.com ) .