VI ASPETTIAMO TUTTI!
Corso Piave, 71/b – 12051 Alba Cn
Giovedì 20 alle ore 21,00
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Il Vangelo, se lo ascolti, ti spiazza. Arriviamo da una settimana nella quale la messa di domenica scorsa ci invitava a diventare CUSTODI dei nostri fratelli: quanti ne abbiamo incontrati!! Il ragazzo dal Marocco che aveva bisogno, la signora che aveva necessità di parlare, l’amico affranto, ogni desiderio di vita più o meno latente e manifesto. Oggi Gesù fa un ulteriore affondo: per custodire le relazioni, dice, bisogna imparare a perdonare, ossia, ad AMARE, gesto che dalla sua minima manifestazione alla sua più grande espressione esiste solo se pensato e vissuto con un’intensità moltiplicativa pari a settanta volte sette. Vabbè, dai, se non ci riusciamo cominciamo da sette volte sette, come dice Pietro, un passo dopo l’altro forse arriveremo anche a quattrocentonovanta! Probabilmente non è questione di numero, ma di profondità. Di essere consapevolmente in quello che facciamo.
Perchè alla fine, i primi beneficiari della capacità del perdono – che non è la cancellazione dell’amarezza di quanto successo e neppure un colpo di spugna magico che cancella i problemi – siamo anzitutto noi. Perdonare significa liberarsi: dal gravame, dall’incubo, dal rodimento che l’odio esercita dentro chi OSPITA L’ODIO. É anzitutto un atto che il soggetto compie PER AMORE DI SE STESSO, è un grande atto terapeutico. Non si tratta subito di essere rivolti verso l’altro, ma anzitutto volere bene a se stessi e liberarsi dalla voragine vorace che ci risucchia. Perdono è liberazione. E poi, a partire da questo gesto – che ci libera a partire dalla nostra decisione (immotivata, a volte, come l’amore) – ricominciare un nuovo respiro.
La Parabola ci mette poi anche davanti alla nostra responsabilità: a volte pensiamo che le vittime siamo solo noi. Che siano gli altri a sbagliare. Invece, è opportuno, ogni tanto, ripensare a quante volte siamo dalla parte del carnefice, e siamo più interessanti a fare prevalere le nostre ragioni più che la verità.
E anche a quante volte siamo stati perdonati!
L’amore è sconsiderato, non così la ragione.
La ragione cerca il proprio vantaggio.
L’amore è impetuoso, brucia se stesso, indomito.
Pure in mezzo al dolore,
L’amore avanza come una macina;
Dura la sua superficie, procede diritto.
Morto all’egoismo,
Rischia tutto senza chiedere niente.
(Jalal ad-Dim Rumi)
Ecco il link per questa sera alle ore 21,00:
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Domenica scorsa, a Messa, chiedevamo al Padre che seguendo le orme di Cristo, scegliessimo sempre le vie che accrescono la vita (ti fa venire i brividi una richiesta del genere). Geremia, ci invitava a ravvivare il fuoco che ci brucia dentro permettendogli di scaldare i nostri sogni e di non farci vivere da arresi. Paolo ci svelava alcuni segreti per farlo: non conformandoci ma trasformandoci: cercando ciò che è buono – ossia la volontà di Dio – e rinnovando la nostra mente. Nel Vangelo, infine, per potere vivere il cammino che ci porta al Regno di Dio e alla fraternità, eravamo invitati a non temere di rinnegare la morte, il male e tutte le strade che ostacolano la vita (“rinneghi se stesso”), continuare a essere fedeli a quello che crediamo (prendere la croce) e seguire le orme di Gesù (“mi segua”).
Questo tutto il senso del nostro cammino: così diventiamo cristiani. D’altronde se non fosse così non sai bene perché pregare e perché andare a Messa. Noi siamo cristiani perché formiamo la nostra identità, rinnovandola e rimotivandola settimanalmente, partecipando al banchetto di Gesù, l’Eucarestia. Siamo cristiani “formati dalla Domenica”, il giorno della signoria di Dio su di noi.
E allora, nei miei commenti continuerò a mantenere questo schema che spero ci possa aiutare nei nostri cammini.
Domenica prossima la preghiera di colletta ci invita a diventare “custodi attenti di ogni fratello nell’amore, che è la pienezza (della Legge) della vita”. Facile da dire, molto complesso da vivere. Però gli atteggiamenti sono importanti, perché ci predispongono ad affrontare la realtà con uno spirito particolare che siamo chiamati a scegliere quotidianamente, esattamente come la nostra fede.
Ezechiele nella prima lettura si sente dire da Dio che è stato posto come SENTINELLA per la casa di Israele. Dio gli chiede di “riferire” la Parola che ascolterà da Lui. Perché quella Parola è parola che desidera custodire la fraternità, operare la conversione del nostro cuore che deve farci comprendere in che cosa “troviamo casa” nella nostra vita. Dimorare nella Parola è possibilità unica per intraprendere cammini di nuove visioni. San Paolo, poi, nella seconda lettura, ci ricorda di NON ESSERE DEBITORI SE NON DI UN AMORE VICENDEVOLE … questo il nostro solo debito, che in realtà è un credito, perché chi ama compie un atto di fiducia nell’amore. Il Vangelo infine parla del cammino del confronto, dell’accordo e del guadagno del fratello come desiderio che deve ardere al centro del cuore dell’uomo. Ronchi scrive molto bene: “c’è gente che guadagna soldi, gente che guadagna stima o potere, e poi c’è gente che guadagna i fratelli”. Che bello se anche per noi fosse una ricchezza ricercata quella del legame buono che salva la vita e il suo senso.
Detto questo iniziano i sudori freddi, perché la realtà mette tanta gente sul tuo cammino, e provare a “custodire nell’amore con attenzione” è operazione tutt’altro che semplice e immediata, basta vedere i materassi lungo Via Pola, senza andare tanto lontano. Però non spaventiamoci, iniziamo dal piccolo, tutto è importante agli occhi di Dio e dei fratelli quando è fatto con amore. Diceva S. Teresa di Calcutta: “Aiuta una persona alla volta, e inizia sempre dalla persona più vicina a te!” … e tante gocce formeranno l’oceano della novità.
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
“Fa che seguendo le orme di Cristo, scegliamo sempre le vie che accrescono la vita”.
Questa domenica incominceremo il nostro incontro con Gesù chiedendo che “seguendo le orme di Cristo, scegliamo sempre le vie che accrescono la vita”. Una bella richiesta. Tutt’altro che facile. Sentiamo allora come ci istruisce la Parola di Dio per accompagnare questo intento:
A. Rinnegare se stessi “non significa annullarsi, appiattirsi, mortificare quelle cose che ti fanno unico. Vuol dire: smettila di pensare sempre solo a te stesso, di girarti attorno” (E. Ronchi). Nel momento in cui impareremo l’arte dell’uscita per l’incontro allora troveremo nuova vita.
B. Prendere la croce: ossia, penso: “sii fedele ai tuoi sogni, non avere paura di vivere fino in fondo le tua aspirazioni migliori”. La croce non è l’invio del dolore da parte di Dio, ma il coraggio di vivere il dolore e di attraversare la sofferenza perchè si crede quanto si sta facendo è importantissimo. Io per cosa sono disposto a dare la mia vita?
B. Mi segua: perchè? Perchè non basto a me stesso. Io, se credo all’amore ho bisogno niente meno che di stare con la mano sempre attaccata al lembo del mantello di Gesù per imparare a “trovare la vera gioia”
Perchè, giustamente … a che serve guadagnare il mondo se poi si perde la vita?
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Come la scorda settimana, quando la colletta della messa ci invitava a diventare ECO e RIFLESSO della Parola di Gesù e della sua pace (tra l’altro – se ci siamo ricordati – com’è andata?) anche questa settimana vogliamo iniziare la nostra riflessione a partire dalla preghiera iniziale, dove si chiede: “concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché tra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia”. E dov’è la vera gioia? Penso che questa sia la domanda delle domande, che ogni uomo pone a se stesso da quando nasce a quando muore. Penso che la Parola di Dio sia il Suggerimento Celeste della risposta … e allora, tanto vale, mettiamoci in ascolto, perché tra le vicende di questo mondo là dov’è la vera gioia siano fissi i nostri cuori. Altrimenti perdiamo tempo, e non ne abbiamo molto.
MA VOI CHI DITE CHE IO SIA? (LA RISPOSTA): I punti interrogativi delle domande sono come AMI della canna da pesca: vengono lanciate e si aspetta … Gesù fa una domanda per rispondere alla quale occorre passare dal “sentito dire”, alla “risposta personale”. Mi pare che il Signore non voglia che noi pensiamo di Lui quello che dicono gli altri o ci hanno detto; a un certo punto le cose vanno trasformate in cibo personale, in esperienza, e a un certo punto sembra che ciò che sapevamo non sia più sufficiente. Basta un nulla e tutto salta in aria. Anni di catechismo: dove finiscono? Corsi e conferenze: che cosa creano? // Ma io chi dico che sia Gesù? Se in pizzeria o al bar, un amico mi facesse questa domanda, saprei dare una risposta? SO chi è Gesù (non è per niente scontato)?
TU SEI IL CRISTO, IL FIGLIO DI DIO (UNITI ALLA SORGENTE) : risposta suggerita dal Padre! Bravo! Simone di Giovanni diventa Pietro perchè permette al Padre di suggerirgli la risposta. E poi “tu sei Pietro, e su questa pietra fonderò la mia Chiesa!”. Ma appunto: Pietro! Ossia l’eco e il riflesso della voce di Dio. Simone dà la risposta giusta solo in quel momento. Quando le sue risposte non vivono dello Spirito di Dio non sono vive . Questo ci dovrebbe far riflettere, perchè quando recitiamo il CREDO ci mettiamo dentro la Chiesa Cattolica, e quanti dicono: “credo in Dio ma non nella Chiesa!”, ma attenzione, noi crediamo quella “santa”, ossia quella UNITA alla sua sorgente. Perchè anche la Chiesa – come Pietro – è fatta di uomini che quando agiscono da uomini e con la loro logica non fanno molto o addirittura nulla di buono (anche se si è cardinali o prevosti): solo UNITI ALLA LORO SORGENTE possono esercitare, secondo il Vangelo, il potere della chiusura e dell’apertura, ossia il passaggio della logica del Regno di Dio, che è il mondo nuovo, così sognato dal Suo Creatore. Solo così Francesco è San Francesco, Teresa Santa Teresa, e mia nonna una santa nonna … // Quanto mi sento parte di una Chiesa che è tale perchè si connette costantemente con la sua Sorgente? Sento che se certe cose non vanno è perchè sovente mi faccio da parte e non costruisco “storie di Vangelo”?
NON DIRE A NESSUNO CHE LUI SIA CRISTO! (VIVERE) Sembra una contraddizione! Gesù prima mi fa una domanda. Io faccio tanta fatica per trovare la risposta. E poi mi dice di stare zitto. Sì. Non diciamolo a nessuno ma “facciamo vedere” quello che crediamo con la nostra vita. San Francesco, mandando i suoi fraticelli in missione diceva: “Andate in tutto il mondo ad annunciare il mio Vangelo e, se necessario, predicate”. Fa molto riflettere … Quante parole diciamo. Quanto poco, alla fin fine ci capita di vivere consapevolmente. // In che cosa, nella mia vita, si vede che io credo a Gesù?
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Contrariamente a quanto siamo abituati a fare, penso che il Vangelo di domenica ci faccia un invito, ossia quello di non metterci nei panni di chi incontra Gesù (che ci rappresenterebbe), ma in quelli del Signore stesso, che è IL maestro e IL senso della nostra umanità.
Propongo tre piste di riflessione e possibile applicazione del Vangelo per la nostra settimana che ormai ci sta portando verso la fine del periodo delle ferie per riattivare il tran tran delle nostre quotidianità più o meno vissute.
Insomma, una settimana di buoni esercizi di vita …
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Pensavo a Maria, questa piccola grande donna, che ha fatto quello che ha fatto nel suo sapersi fidare della Parola che l’avrebbe orientata e accompagnata per sempre, alla realizzazione delle promesse di Dio, totalmente inevidenti nel momento del pellegrinaggio della sua fiducia, che si è fatta modellare diventando forma di umanità unica, piena, divina e compiuta.
La Parola di Dio ha tre potenti immagini:
A tempo indeterminato!