VEGLIA DI PREGHIERA PER PAPA FRANCESCO

MARTEDÍ 22 APRILE ALLE ORE 21,00, nella Parrocchia del Divin Maestro, faremo  una Veglia di preghiera in suffragio e memoria del nostro caro Francesco. Un momento per dire grazie al Signore e a lui della la sua presenza tra noi, per ricordare il suo messaggio e per chiedere il dono dello Spirito Santo sulla nostra Chiesa, illuminata dai suoi gesti profetici e dalla sua umanità.

DOMENICA DELLE PALME

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo  Luca
Lc 23,1-49

– Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna
In quel tempo, tutta l’assemblea si alzò; condussero Gesù da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.

– Erode con i suoi soldati insulta Gesù
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

– Pilato abbandona Gesù alla loro volontà
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

– Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».

Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.

– Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

– Costui è il re dei Giudei
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

– Oggi con me sarai nel paradiso
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

– Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.

Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.

LA PREGHIERA DI DOMANDA

Riporto il testo dell’incontro avuto e fornito da don Paolo Taccani sul tema della PREGHIERA DI DOMANDA

 

LA PREGHIERA DI DOMANDA NEL BISOGNO

PARROCCHIA DIVIN MAESTRO, Alba, 6 aprile 2025

In questo incontro, più che parlare in modo teorico della preghiera nel bisogno, la vedremo incarnata in quattro personaggi: due uomini dell’antico Testamento e due donne del Vangelo, rispettando così la par condicio nei generi. Questi personaggi ci aiuteranno a sentirci in buona compagnia quando facciamo questo tipo di preghiera. E ci aiuteranno anche a sentire Dio più vicino a noi.

ANTICO TESTAMENTO

  1. Salomone (1Re 3,5-13): “5 In Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: «Chiedimi ciò che io devo concederti». 6 Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide mio padre con grande benevolenza, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che sedesse sul suo trono, come avviene oggi. 7 Ora, Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. 8 Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. 9 Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?». 10 Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. 11 Dio gli disse: «Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, 12 ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te. 13 Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai“.

Il primo personaggio è il re Salomone, figlio del re Davide. All’inizio del suo incarico di re, Salomone ha un sogno in cui gli appare Dio stesso che gli dice: “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda” (1Re 3,5). Ecco cosa ha risposto Salomone al Signore in quel sogno: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (v. 9). Salomone riconosce che il popolo non è suo ma del Signore e a Dio chiede un cuore docile a lui e la capacità di discernere il bene dal male. Il Signore si compiace di quella richiesta e gliela concede. “Poiché hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco io faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita” (vv. 11-13).

Da Salomone possiamo imparare a formulare la nostra preghiera nel bisogno in modo adeguato. Possiamo chiedere al Signore ciò che ci soddisfa a livello immediato oppure guardare un po’ più in là e chiedere ciò che veramente è importante per la nostra vita. Ad una richiesta del genere il Signore solitamente non solo risponde concedendola, ma aggiunge anche il sovrappiù. Certo con i suoi tempi, che a volta non coincidono con i nostri, ma risponde.

  1. Il salmista del Salmo 43(44)

    Dio, con i nostri orecchi abbiamo udito,
    i nostri padri ci hanno raccontato
    l’opera che hai compiuto ai loro giorni,
    nei tempi antichi.
    Tu per piantarli, con la tua mano hai sradicato le genti,
    per far loro posto, hai distrutto i popoli.
    Poiché non con la spada conquistarono la terra,
    né fu il loro braccio a salvarli;
    ma il tuo braccio e la tua destra
    e la luce del tuo volto,
    perché tu li amavi.

    Sei tu il mio re, Dio mio,
    che decidi vittorie per Giacobbe.
    Per te abbiamo respinto i nostri avversari
    nel tuo nome abbiamo annientato i nostri aggressori.

    Infatti nel mio arco non ho confidato
    e non la mia spada mi ha salvato,
    ma tu ci hai salvati dai nostri avversari,
    hai confuso i nostri nemici.
    In Dio ci gloriamo ogni giorno,
    celebrando senza fine il tuo nome.

    10 Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna,
    e più non esci con le nostre schiere.
    11 Ci hai fatti fuggire di fronte agli avversari
    e i nostri nemici ci hanno spogliati.
    12 Ci hai consegnati come pecore da macello,
    ci hai dispersi in mezzo alle nazioni.
    13 Hai venduto il tuo popolo per niente,
    sul loro prezzo non hai guadagnato.
    14 Ci hai resi ludibrio dei nostri vicini,
    scherno e obbrobrio a chi ci sta intorno.
    15 Ci hai resi la favola dei popoli,
    su di noi le nazioni scuotono il capo.
    16 L’infamia mi sta sempre davanti
    e la vergogna copre il mio volto
    17 per la voce di chi insulta e bestemmia,
    davanti al nemico che brama vendetta.

    18 Tutto questo ci è accaduto
    e non ti avevamo dimenticato,
    non avevamo tradito la tua alleanza.
    19 Non si era volto indietro il nostro cuore,
    i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero;
    20 ma tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli
    e ci hai avvolti di ombre tenebrose.
    21 Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio
    e teso le mani verso un dio straniero,
    22 forse che Dio non lo avrebbe scoperto,
    lui che conosce i segreti del cuore?
    23 Per te ogni giorno siamo messi a morte,
    stimati come pecore da macello.

    24 Svègliati, perché dormi, Signore?
    Dèstati, non ci respingere per sempre.
    25 Perché nascondi il tuo volto,
    dimentichi la nostra miseria e oppressione?

    26 Poiché siamo prostrati nella polvere,
    il nostro corpo è steso a terra.
    Sorgi, vieni in nostro aiuto;
    27 salvaci per la tua misericordia.”

Qui ad esprimere una preghiera nel bisogno non è solo una persona ma un gruppo di persone, addirittura tutto il popolo, tanto che il titolo del salmo è “Lamento nazionale”. Questa preghiera è interessante perché esprime il sentimento di chi non ha nulla da rimproverarsi, eppure non sta ottenendo l’aiuto sperato. È la preghiera-lamento che abbiamo sentito molte volte da persone colpite da una malattia improvvisa e chiedono a Dio: “Che cosa ho fatto per meritarmi questo?”. Di fronte a situazioni che toccano la persona nella sua carne, non stiamo tanto a discutere o tanto meno a contraddire, dicendo: “Perché dici questo? Non è Dio che ti manda il male…”. Sono persone da accogliere e a cui stare vicino senza tante parole.

Ma veniamo al lamento del salmo 43. Il popolo si rivolge a Dio rinfacciandogli di non essere stato al suo fianco in battaglia. “Tu ci hai fatto fuggire di fronte agli avversari e quelli che ci odiano ci hanno depredato” (v.11). E poi la dichiarazione di innocenza del popolo. “Tutto questo ci è accaduto e non ti avevamo dimenticato, non avevamo rinnegato la tua alleanza” (v. 18). E poi c’è quello che secondo me è il vertice del salmo: “Svegliati! Perché dormi, Signore? Déstati, non respingerci per sempre! Salvaci per la tua misericordia!” (vv. 24.27). Qui il popolo in preghiera arriva ad essere quasi insolente verso Dio, accusandolo di essere addormentato e di non prendersi cura di lui.

È un grande insegnamento per la nostra preghiera nel bisogno. Il Signore vuole la sincerità da noi: se siamo in un momento di prova, non si aspetta da noi una preghiera infiocchettata ed educata. Impariamo anche noi ad osare con Dio, a rischio di sembrare maleducati. Se siamo con l’acqua alla gola, è meglio una preghiera che prende quasi Dio per il collo rispetto alla preghiera devozionale di chi accetta tutto come proveniente da Dio.

NUOVO TESTAMENTO

Veniamo adesso al vangelo e lasciamoci educare anche qui da due personaggi, in particolare da due donne.

  1. La vedova importuna (Lc 18,1-8) 1 Propose loro ancora questa parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi: 2 «In una certa città vi era un giudice, che non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno; 3 e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui e diceva: “Rendimi giustizia sul mio avversario”. 4 Egli per qualche tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: “Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno, 5 pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa”». 6 Il Signore disse: «Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto. 7 Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? 8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?

La parabola del giudice iniquo e della vedova importuna è paradossale se pensiamo che quella vedova rappresenti noi e il giudice impersoni Dio. Un Dio che non teme Dio e che non ha riguardo per alcuno non è proprio il Padre che ci ha rivelato Gesù… Ma Gesù con questa parabola ci dice che anche nei rapporti umani si ottengono delle cose importanti se si ha la costanza di chiedere e di insistere nel chiedere. Tanto più nel nostro rapporto con Dio. Il giudice della parabola è convinto a muoversi dall’invadenza della vedova, che arriva a dargli fastidio. Tanto più Dio, ci dice Gesù, non resta indifferente di fronte alla preghiera costante dei suoi figli, che gridano giorno e notte verso di lui.

Ma resta comunque lo scandalo di tante preghiere apparentemente non ascoltate ancora oggi:

  • Pensiamo a tanti genitori che pregano per la guarigione di un figlio ma non la ottengono…
  • Pensiamo a tante donne che pregano per la fine della guerra e per il ritorno dei loro mariti o fidanzati o figli e invece la guerra va avanti…
  • Come comunità, ci troviamo spesso scoraggiati pregando per la guarigione di una nostra sorella malata di tumore alla testa e sembra che non ci siano risultati…

Ma una preghiera non esaudita non è una preghiera non ascoltata e tanto meno è una preghiera perduta! Gesù ci chiede di mantenere viva la fede, il nostro rapporto personale con lui. È questo rapporto che ci fa stare in piedi anche quando tutto intorno a noi sembra crollare. Di fronte alle prove che sembrano superarci, Gesù è presente e possiamo immaginare che ci dica: “Io sono qui, accanto a te, tu non dubitare! Con me accanto potrai attraversare anche le prove più tremende della vita ma non ti schiacceranno”. Per questo, alla conclusione della parabola del giudice e della vedova, Gesù fa quella domanda molto seria: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Pensiamo a questa domanda come rivolta a ciascuno di noi personalmente e chiediamoci: “Se Gesù venisse oggi, troverebbe in me una fede viva?”.

  1. La donna cananea (Mt 15,21-28)

    21 Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22 Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». 23 Ma egli non le rivolse neppure una parola.
    Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». 24 Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». 25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». 26 Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». 27 «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28 Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Il tema della fede è ben presente nell’ultimo personaggio che ci accompagna in questo cammino sulla preghiera nel bisogno. È la donna cananea di cui ci parlano i vangeli di Matteo e Marco. Ho scelto la versione di Matteo perché emerge bene in questa pagina il coraggio di questa donna. Di fronte alle risposte negative di Gesù alle sue domande di guarigione della figlia, questa donna non si scoraggia e arriva a quell’ultima parola che commuove il cuore di Gesù: “I cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei padroni”, cioè. “Non ti chiedo di essere trattata come una figlia di Israele, ma dammi solo qualche briciola e questa mi basterà per guarire mia figlia”. E conosciamo la risposta di Gesù: Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri” (Mt 15,28).

Volendo riassumere alcuni elementi che abbiamo visto nelle pagine delle Bibbia che ci hanno guidato, direi che la preghiera nel bisogno ha queste caratteristiche:

  • Il legame con la vita. È una preghiera che parte dalla vita ed è orientata alla vita. Quando si è nel bisogno, è più difficile che ci si perda in preghiere devozionali del tipo “Ti adoro, mio Dio”. O meglio, si può esprimere l’amore al Signore ma poi è importante toccare la nostra vita.
  • La concretezza. In questo legame con la vita, i personaggi che abbiamo visto ci insegnano ad essere concreti, a non esprimere richieste generiche. Il nostro padre Andrea ci insegnava ad andare al centro dei nostri bisogni e ad esprimerli con chiarezza al Signore. “Se hai il cancro, chiedi di essere guarito dal cancro e non perderti in cose secondarie…”.
  • La fiducia che si fa insistenza. In questo le due donne del vangelo che abbiamo incontrato sono delle vere maestre. Sanno che la loro richiesta può essere esaudita e osano, chiedono con insistenza fino ad ottenere. Il tema della fiducia o della fede sembra essere centrale anche per Gesù, che appunto conclude la parabola della vedova importuna con quella domanda: “Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

LANCIATORI … DI FIORI

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.

Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.

Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

La scena del Vangelo di domenica concretizza  l’insegnamento  della Parabola del Figliol Prodigo e del Figlio Irritato, ascoltata a messa la scorsa settimana. Siamo davanti alla verità che si incarna e diventa realtà nei gesti e nelle parole di Gesù. Gesti che dicono che la condanna di questi accusatori nei confronti di UNA donna (riteniamo però che ci fosse anche UN uomo, il quale non compare proprio sulla scena, forse sarà quello che si ritiene sempre senza peccato) colta in flagrante adulterio, davanti alla povera realtà della loro umana inconsistenza, è come parola scritta sulla sabbia, destinata a scomparire dal passaggio della prima pedata e da una folata di vento un po’ più forte del solito. Di uomini che accusando una persona e in realtà ne vogliono condannare un’altra, facendo emergere tutta la doppiezza e la malafede del loro cuore.

La pausa del silenzio, mentre il Maestro scrive per terra e poi dà l’autorizzazione a procedere a partire da chi fosse stato senza peccato, diventa il punto di svolta di una situazione che ci chiede, prima di puntare il dito, di ritrovare uno sguardo limpido finalmente privo di quelle travi che impediscono di vedere il bene e di distinguere il peccato dal peccatore. 

E se ne vanno. Dal primo all’ultimo. 

Stupenda la Parola di Gesù che, anziché rimettere la donna “nel mezzo”, le fa guadagnare il VERO  CENTRO, che non è quello legato al suo passato, ma al suo futuro aperto e denso di potenzialità.

Bello quanto scrive Ronchi:

Va’ e d’ora in poi non peccare più. Sette parole che bastano a cambiare una vita. Qualunque cosa quella donna abbia fatto, non rimane più nulla, cancellato, annullato, azzerato. D’ora in avanti: «Donna, tu sei capace di amare, puoi amare ancora, amare bene, amare molto. Questo tu farai…»” 

E parola rivolta anche a noi, che, con senso di responsabilità, in questa Quaresima abbiamo intrapreso un cammino per ridare un nome al male e al bene che abitano i nostri cuori e rovinano o ricostruiscono il mondo.

LA PREGHIERA, CUORE DELLA VITA

Riporto la sintesi dell’incontro con don Pino Isoardi, della Città dei Ragazzi di Cuneo. Un momento bellissimo, molto partecipato sul tema della preghiera, che sta a cuore a tutti. 

 

LA PREGHIERA, CUORE DELLA VITA. 

I due polmoni della comunità dei piccoli fratelli di Charles de Foucauld, sono I POVERI, nostri maestri, e la PREGHIERA: per scoprire Gesù nell’Eucarestia e servirlo nei poveri. 

I poveri educano anzitutto ad avere un LINGUAGGIO SEMPLICE. 

Iniziamo da un testo di Matteo: 

Mt. 7, 21 Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22 Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? 23 Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me … 

A volte pensiamo che non bisogna tanto pregare, quanto FARE. 

Ma Gesù in questo caso ci parla del legame tra pregare e vivere. 

La nostra vita deve essere collegata al Padre. 

A volte c’è una SCOLLATURA tra preghiera e vita: allontaniamo la vita dalla preghiera, e la preghiera dalla vita. 

In Corea visitando un uomo malato di lebbra mi sento rispondere: “quando siamo in Chiesa siamo tutti angeli, quando usciamo ci cadono subito”. 

Ci sarà sempre una distanza, ma almeno bisogna TENDERE ALLA COERENZA. 

Gesù dice che IL VERO MIRACOLO É VIVERE IL QUOTIDIANO E LA NOSTRA VITA IN AMICIZIA CON DIO. E questo è alla portata di tutti. Viverla con Lui e in alleanza con Lui. Perchè questa è la SANTITÁ DELLA PORTA ACCANTO. A volte anche con persone che hanno DESIDERIO DI VITA AUTENTICA, anche se non si va a Messa, ti viene da dire QUI C’É SANTITÁ. Vivere in modo autentico IN Gesù, da fratelli e grazie allo Spirito Santo diventa il nostro compito più importante. 

Ci facciamo due domande e poi ci chiederemo come faccio a capire se la mia preghiera è vera, autentica. 

DUE IDEE SULLA PREGHIERA

  1. La preghiera non è anzitutto un DOVERE ma un MERAVIGLIOSO DONO: quando diciamo “dobbiamo pregare”, “Dio se lo merita” … rende la cosa subito pesante. Come gli insegnanti che dicono BISOGNA STUDIARE. Ma l’insegnante che ama i suoi ragazzi e la sua materia non deve dire di studiare, perchè É CONTAGIOSO. Come l’amicizia. Non è un dovere. É un grande bisogno. La PREGHIERA É POTERE ESSERE PRESI SUL SERIO DA DIO: sulla nostra vita e nella nostra vita. Potere consegnare la vita con tutte le sue variazioni ed essere presi sul serio è qualcosa di enorme. Così METTERCI AD ASCOLTARE DIO nella nostra coscienza, negli avvenimenti … // Se noi siamo un po’ amici della nostra coscienza e siamo disposti ad ascoltarlo, stiamo tranquilli che Lui risponde. Se chiediamo a Dio: “sei contento di come faccio … ?” e abbiamo il coraggio di ascoltare, DIO CI PARLA, e GIOISCE di potere parlare con noi. // A partire dal giorno d Battesimo la vita di Dio è in noi. Lo Spirito di Dio è comunicato a noi, e il nostro corpo diventa un TEMPIO. “Non sapete che siete tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi?”, ricorda San Paolo. Che significa che dobbiamo renderci conto di cosa abbiamo ricevuto in Dio. La preghiera NON DOBBIAMO CREARLA NOI CON I NOSTRI MUSCOLI SPIRITUALI, ma è il permesso accordato al Padre che inizia a farla in noi, perchè, a livello di inconscio collettivo, c’è tanta PAURA DELLA DIVINITÁ. Ma lo spirito in noi grida ABBÁ, PAPÁ, ossia ci vuole liberare dalle paure su Dio, facendoci capire che Dio è solo maternità e paternità. Yves Congar scrive sulla Chiesa  che lo STESSO SPIRITO CHE HA PREGATO IN GESÚ fa pregare noi, così poveri. Lui SI FA SENTIERO, ci porta a Gesù e Gesù ci porta al Padre. E in questo senso la preghiera è dono, altro che dovere! 
  2. LA PREGHIERA NON É QUALCOSA DI COMPLICATO. Non è FACILE ma É MOLTO SEMPLICE e ci rende SERI e RESPONSABILI. Gesù nel Vangelo parlava a gente che nel 95% dei casi era IGNORANTE. Povera gente a cui Gesù parlava del Padre e della preghiera in modo meraviglioso e anche ALTO. // E allora la preghiera non è nient’altro che APRIRE LA VITA A DIO, lasciarlo ENTRARE. Lui c’è, ma a volte lo costringiamo all’angolo o lo ignoriamo, e lui è presente 24/h al giorno, ma una cosa è che Lui ci sia, un’altra che noi siamo contenti di aprirgli le porte e le finestre. In questo senso la preghiera è SEMPLICE ED ESIGENTE, e non ci chiama a convertirci, ma CI FA METTERE ORDINE, ossia ci fa essere noi stessi. // Ma allora PERCHÉ ABBIAMO PAURA DI SPALANCARE LA PORTA E LE FINESTRE A DIO? Il problema è la nostra IDEA DISTORTA di Dio, che ci fa pensare che a casa sua si sta male, è una prigione, e allora uno se ne va. Ma il figliol prodigo,  tornando fa esperienza che  l’abbraccio paterno gli fa capire che non è come pensava lui;  e l’altro figlio stava in casa, ma non era convinto, lo serviva come un padrone: L’IDEA DISTORTA DI DIO GENERA UNA VITA DISTORTA E DI PAURA. E noi abbiamo la sensazione che se gli apriamo la porta, Dio ci punta il dito. Gesù, invece, ci ha parlato di un Dio molto diverso. Natanaele si chiede: “ma da Nazareth, può venire qualcosa pieno di buono?” … Gesù dice di lui: “qui c’è un israelita in cui non c’è falsità”. La prima cosa che vede Dio in me è LA PERLA. Sulla sincerità si può costruire tutto. A ZACCHEO dice: “oggi mi devo fermare a casa tua”, ossia CONSIDERAMI TUO AMICO, IO CI TENGO ALLA TUA AMICIZIA. E quindi si trovano alla mensa assieme. E mette ordine nella vita. Nessuno mette ordine PER IL DITO PUNTATO, MA PERCHÉ SI SENTE FINALMENTE AMATO, e questo è il desiderio più profondo di ognuno di noi: tutti noi abbiamo solo bisogno di sentirci AMATI e STIMATI, e quando questo capita,  LÍ CAMBIA TUTTO. É l’amore che fa cambiare le persone, non le leggi. Le persone timide che trovano la persona giusta CAMBIANO. Quando apriamo il cuore a Dio, la prima cosa che mi vuole dire non è CONVERITITI, ma TU SEI MIO FIGLIO E IO TI AMO, E NON ASPETTO AD AMARTI QUANDO SARAI SANTO, MA ADESSO, E SE TU CREDI AL MIO AMORE TU POTRAI DIVENTARE SANTO. I santi non sono degli eroi, ma persone che hanno creduto all’amore di Dio attraverso il Vangelo e di lì nascono le cose che nascono. Questa è la cosa più difficile ma anche quella che ci salva: “quando andiamo all’eucarestia”, quando ci confessiamo, credere all’amore che si comunica a noi: amati per potere amare. 

 

CI SONO SEGNI PER CAPIRE SE LA NOSTRA PREGHIERA É AUTENTICA O NO? Ci sono quattro segni: “Guardatevi da agnelli che sembrano chissà cosa, dai loro FRUTTI li riconoscere”. Noi non capiamo se stiamo pregando bene, ma il criterio più vero è vedere cosa capita. 

  1. LA MIA PREGHIERA É IN SALUTE SE MI RENDE RESPONSABILE DEI MIEI IMPEGNI: non deresponsabilizza mai se è vera, perchè DIO NON ACCETTA DELEGHE: è un tipo così: SA LAVORARE SEMPRE IN ALLEANZA: sempre PER noi, ma sempre CON noi.  La Parola ALLEANZA attraversa tutta la Scrittura. Noi siamo chiamati a vivere un rapporto di Amicizia con Dio. Dio è ALLEANZA IN SE STESSO, e quando opera fuori, OPERA SEMPRE IN ALLEANZA. // Il mondo è pieno di gente responsabile. Il xano è responsabile PER AMORE e PER SERVIZIO; quello che facciamo non rimane, ma l’amore che mettiamo nel fare le cose RESTA. Se pulisco lo faccio con cura per fare ABITARE BENE: Non è solo pulire  per terra o passare lo spazzolone: dobbiamo avere il CRITERIO DELL’AMORE PER LE PERSONE e in definitiva a Dio. Per un bene che vogliamo per gli altri. 
  2. Chi PREGA DAVVERO SENTE IL BISOGNO DI STACCARSI DAL MALE E ATTACCARSI AL BENE. Quando non ci fermiamo mai, la coscienza si ferma. Chi prega ha una UNA COSCIENZA SVEGLIA per cui il male viene segnalato IMMEDIATAMENTE, come anche il BENE. La coscienza AVVISA IN TEMPO REALE. In questo momento magari ci fa stare male, ma in questo momento mi posso consegnare al Signore e ripartire. E poi quando preghiamo vediamo molto di più il bene che possiamo fare, vediamo anche il BENE che c’è negli altri, la nostra vita si riempie di gioia. DI BENE CE N’É TANTO. I nostri occhi diventano più acuti; salutare, dare una mano per un piccolo lavoro, la disponibilità per le relazioni. Il bene non deve partire subito in missione. Il bene ha mille forme nel quotidiano. 
  3. Ci RENDE PIÚ UMILI. Avvicinandoci di più a Dio, noi ci rendiamo molto più conto di come siamo MISERI E LIMITATI, ma non per vivere nei sensi di colpa, ma per essere pieni di speranza e consapevoli del nostro limite. Siamo poveri ma pieni di speranza. Non guardiamo a noi, ma contiamo su Dio. Quando siamo pessimisti e scoraggiati questa cosa non viene da Dio. 
  4. Paolo fa l’elenco dei FRUTTI DELLO SPIRITO: uno è il DOMINIO DI SE’. In un settore molto preciso che sono LE NOSTRE PAROLE che possono fare un bene immenso e possono avvelenare i rapporti. Io SONO A IMMAGINE DELLA PAROLA DI DIO, e allora venendo a contatto con la Parola chiediamo al Signore di PURIFICARE, di GUARIRE le nostre parole. C’era un missionario che diceva che “se non puoi parlare di una persona in un modo buono, taci!”. Com’è anche brutto il linguaggio volgare. La volgarità d linguaggio rende volgare il cuore. La psicolinguistica dice che se noi usiamo parole violente diventiamo più violenti dentro. Esterno e interno si compenetrano a vicenda. // E poi sul COME VINCERE LE DISTRAZIONI per avere una preghiera più raccolta, devo guardare come gestisco la giornata; non c’è bisogno di riempire la testa di notizie negative guardando cinque TG. Lo smartphone è un dono di Dio, non se ne può più fare a meno, però può essere usato male. 

DUE SUGGERIMENTI PRATICI

  1. Nella preghiera che faccio devo mettere TESTA E CUORE: la preghiera è anzitutto QUESTIONE DI QUALITÁ:  affidandoci allo Spirito Santo che è il maestro d nostra vita. Affidargli la Memoria, la mente, le emozioni: chiediamo allo Spirito Santo di aprirci alla Parola di Dio, a una Parola umile, fatto con spirito di umiltà 
  2. Chiediamo di AMARE IL SILENZIO. Un xano che rispetta la sua fede, dovrebbe trovare 10 MINUTI, che sulle 24 ore sono 1/100 della giornata, che non è un dono per lui, ma anzitutto per noi stessi. E chiedermi: 1. COSA VIVO OGGI? PER CHI CREDO? Portare le persone che soffrono davanti a Lui. Se non portiamo a Dio la vita, che cosa portiamo? E invece noi SIAMO CHIAMATI A PORTARE CARNE E SANGUE DELLA NOSTRA VITA, cercando il volto di Dio e mettendoci alla sua presenza. 2. Quando iniziamo a pregare dobbiamo dire: “SIGNORE, HAI QUALCOSA DA DIRMI?” Ci sono persone che non hanno mai tempo per noi, ma noi a volte facciamo la stessa cosa con il Signore. Non è che subito abbiamo delle risposte e magari possiamo fare delle cose. Senza essere feudatari che si fanno servire. Lasciare che Dio parli perchè LUI VUOLE SOLO METTERE ORDINE NELLA NOSTRA VITA e DIO É MOLTO PIÚ UMANO DI NOI, a partire dall’OGGI dove sono chiamato a fare un piccolo passo con il suo aiuto,  questo significa mettere assieme determinazione e pazienza. 
  3. NON IMPROVVISIAMO LA MESSA DELLA DOMENICA. Non esiste forma più alta di preghiera dI questa. Un Missionario aveva scritto sull’altare DOVE CI SEI TU C’É IL PARADISO. Nell’Eucarestia c’è Lui, la sua presenza che si dona a noi, ed è importante non improvvisare l’Eucarestia. Sapere che Parola di Dio ci sarà, ma non per sapere delle cose, ma per SCAVARE IL MIO CUORE: magari chiedendomi: SIGNORE, CHE COSA MI DICI DEL TUO AMORE IN QUESTA PAGINA? E il nostro cuore è più aperto. Noi davanti a Dio possiamo andare con un ditale o con un grosso secchio, L’EUCARESTIA É PIENA IN SE’, ma il problema siamo noi, quanta ricchezza vogliamo contenere e quanta pienezza vogliamo vivere. 

A un vescovo chiedono: che percentuale di persone va a Messa la domenica nella sua Diocesi? Lui risponde: non mi interessa il numero, ma un’altra cosa, ossia: “QUELLI CHE ENTRANO, COME ESCONO?”

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Paolo dice ai Tessalonicesi 5: “pregate incessante e siate sempre lieti”. Bisogna pazientare per crescere. La CURA per come pregare è fondamentale, e lascia segni di comunione dentro di noi. E la COMUNIONE è importante. Nel lavoro LA GENTILEZZA è una terapia. La preghiera non è un dovere ma è anche vero che noi dobbiamo darci un minimo di “spirito di preghiera” che ci fa sentire la sete di Dio in noi. 

Conta a chi ci si rivolge nella preghiera (Arcangeli, Spirito santo, Gesù, Santi …) ? Come si fa a capire se le ispirazioni sono buone o cattive? In paradiso sono tutti d’accordo quindi vanno tutti bene! Occorre anche avere molta prudenza, ci sono cose piccole che orientano al bene, e a volte ci va l’umiltà di chiedere il confronto con una persona di Dio. 

A volte è difficile ascoltare e ESSERE PERSEVERANTI nell’ascolto. 

Nel Vangelo del Figliol prodigo c’è scritto che tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinano per ascoltare e gli specialisti dell’ascolto invece MORMORANO. Ma guarda un po’! 

A volte serve anche magari una volta al giorno ASCOLTARE BENE UNA PERSONA perchè questo significa anche ASCOLTARE DIO. 

QUARTA DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA

ENTRA!

LA PAROLA DI DIO  

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola:  «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Il Vangelo di oggi è uno di quei testi che non richiedono commenti, tanto sono chiari nell’intento di Gesù di parlare dell’infinita misericordia di Dio per noi. Un Vangelo che non parla mai di fantasie, ma anzitutto di realtà come la difficoltà delle relazioni famigliari, la mancanza di una figura materna, dei gesti che letteralmente uccidono considerando i propri cari semplicemente come emissari di banconote per celebrare la libertà divincolata da ogni senso e da ogni compassione. Storia delle nostre storie, quando ci perdiamo e ci viviamo come la celebrazione di noi stessi al punto da diventare e sentirci disperatamente soli: quando pascolava i porci, infatti, “nessuno gli dava da mangiare” …

Non è tanto un problema di cibo, ma di nutrimento di amore. Allora ritorna a casa, il figlio perduto, disposto a barattare il padre con un padrone pur di ritrovare un nutrimento all’urlo angosciato della sua anima. E il Padre … aspetta, anzi, attende … senza addirittura chiedersi il vero motivo del ritorno. É tornato. Punto! E, osserva benissimo Ronchi: “ non gli domanda da dove vieni?, ma DOVE SEI DIRETTO? Non gli chiede perchè lo hai fatto? Ma VUOI RICOSTRUIRE LA CASA? Non si lancia in un Te l’avevo detto, ma HAI FAME?” . Semplicemente meraviglioso pensare a Dio come un ricostruttore, riapritore di strade e di futuro; uno che non libera il passato, ma il futuro. E la Bibbia è la storia di gente che sempre cambia idee e strada.

E poi c’è la figura del secondo figlio, che c’è, non si muove, lavora, ma É ASSENTE! La cosa più triste e non riuscire più a vivere la vita “amando ciò che si fa e lavorando per ciò che si ama”. Il padre era considerato un padrone. Lo stare con lui, stare senza di lui … e allora, anche per il secondo figlio, una corsa piena di amore per pregarlo di entrare e capire il senso delle cose. E poi … non si sa come sia finita questa storia d’amore, ma la cosa importante è domandarsi come continui in noi e che possa essere vera comprensione dell’eccedenza dell’apertura del cuore del Padre dei Cieli anche per me.

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

ZAPPARE E CONCIMARE

 

 Dal Vangelo secondo Luca

Lc 13,1-9

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Nell’inconscio religioso è sempre stata viva la sensazione che alle disgrazie, alle sventure, al male che capitava nella vita fosse sempre associabile un intervento di Dio di tipo remunerativo o punitivo per atteggiamenti, scelte o comportamenti non in linea con i desideri divini: “Hai sbagliato? Allora paghi!”

Gesù, rifacendosi a due fatti di cronaca cancella questo modo di pensare, per dire che davanti alla contingenza e al limite degli eventi che appartengono alle nostre vite, legate molto ma molto sovente alla nostra responsabilità assunta o inesistente, la cosa più drammatica non è quello che può capitare, ma il non pensare a come vivere la nostra vita tra le cose che capitano: questa per Lui è la disgrazia più grande, per questo la frase di quel momento improvviso che ci trova “quasi per caso” in mezzo alla strage del pazzo o sotto la torre, diventa il segnale e l’invito per potere aprire il cuore a ciò che veramente conta, costruisce le nostre vite e rimane per sempre. Solo così non ci sarà nessun “sequestro” ingiusto e indebito nei nostri confronti, perchè il nostro incedere nella vita diventerà un legame in grado di sostenere tutte le nostre fini e i nostri limiti in un orizzonte nuovo e immenso. 

La parabola del fico sterile, poi,  sovente associato a sensazioni che noi abbiamo di noi stessi (infruttuosi e sterili) , racconta che, sempre e nonostante tutto, da parte del “divino contadino” che è Gesù stesso, la Parola che Lui ci rivolgerà sarà solo e sempre un infinito incoraggiamento: “lascialo ancora un anno!”. Come dire che c’è sempre del tempo per sperare e operare, ma, sopratutto che la possibilità di dare nuovi frutti non è solo il risultato della nostra buona volontà, ma anzitutto del lavoro di un Compagno Speciale che sempre continuerà a zappare e concimare ogni volta che troverà un albero “disponibile” per essere lavorato.  

Buona settimana!