SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LOGICHE ILLOGICHE (?) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi,
se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico:
amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Continua il Vangelo di domenica scorsa. Gesù educa i suoi discepoli con delle parole che per noi hanno qualcosa di strabiliante, quasi impossibili da vivere. Appunto, adeguate alla richiesta di diventare “perfetti come il Padre Celeste” … ossia, impossibile come realizzazione, ma plausibile e realizzabile come desiderio e orientamento. E noi siamo il nostro viaggio, non soltanto il nostro destino. Mi piace pensare queste parole estreme, di Gesù che è l’Applicazione Vivente della Parola del Padre … pensare all’apparente pazzia di queste richieste, per constatare, però, che la loro non applicazione provoca e genera un mondo sempre in conflitto, diviso, violento, bellico e difensivo. E mi chiedo: ma siamo rinchiusi tra due proposte di pazzia o una ha ragione e l’altra torto? Paolo ci avvisa: “Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».

Effettivamente non possiamo dargli tutti i torti … tuttavia continuiamo a cadere e distruggerci per mezzo della nostra astuzia e della vanità delle nostre prospettive belligeranti … circa una sessantina di guerre sono in atto nei nostri giorni … un miliardo di microguerre occupano le nostre menti e i nostri cuori. Sarebbe allora bello “dare il nostro contributo”, ossia essere una attiva contestazione di pace a quanto vorrebbe spegnere le nostre speranze rendendo la vita una catena di anelli nella quale ci avviluppiamo senza possibilità di uscita. 

E allora, porgere l’altra guancia non potrebbe forse significare aprire una nuova possibilità, cercare una soluzione vera, fare un primo grande gesto di discontinuità rispetto alla stupida e gratuita violenza che riempie le nostre bocche e le nostre relazioni? Lasciare il mantello non potrebbe diventare un gesto di generosità e ulteriorità rispetto ai piccoli furti mafiosi di cui è costellata la nostra comunicazione, il nostro modo di pensare e di vivere insieme? Fare due miglia mettendo a disposizione il nostro tempo, la nostra intelligenza e la nostra presenza non potrebbe diventare un tempo nuovo in grado di aprire orizzonti, magari parlandosi, ascoltandosi, accogliendosi nelle nostre diversità? Per arrivare ad amare i nemici, che non è un gesto con il quale dico “che bello avere qualcuno contro di me”, ma il modo diverso di  approcciarsi a chi non penso che sia come me … con una forza particolare, però, quella di chi ama perchè ha pregato per i suoi persecutori. E forse, anche se alla fine, questa è la cosa più importante: inizia una storia dell’amore nel momento in cui siamo radicati, rafforzati, generati e inseriti fortemente in un dialogo significativo che ci fa sentire in Dio: la preghiera. “Senza di me non potete fare nulla” ci ricorda Gesù. E noi “cristiani” dovremmo ricordarlo a noi stessi.