Lc 24,46-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Oggi nella preghiera di colletta chiediamo:
CONCEDI CHE I NOSTRI CUORI DIMORINO NEI CIELI,
DOVE NOI CREDIAMO CHE OGGI È ASCESO
IL TUO UNIGENITO, NOSTRO REDENTORE.
Mi colpisce: cosa significa che i nostri cuori dimorino nei cieli, mentre le nostre mani e i nostri piedi devono rimanere ben saldi sulla terra? C’è una sorta di schizofrenia che a volte ha alimentato la storia della spiritualità, staccando la concretezza della vita da una presumibile sublimità – irraggiungibile ed eterea – della vita dello spirito.
Niente di più sbagliato: se c’è un libro che invita alla concretezza è proprio il Vangelo e soprattutto l’opera di credere nel Signore Gesù per seguirlo.
Ieri ci veniva incontro – per rispondere alla nostra domanda – la felice coincidenza della festa dell’Ascensione di Gesù al Cielo con quella della Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta.
Ascensione è iniziare a vivere una vita verticale non più appiattita su bisogni e contingenze prive di respiro, ma alimentata niente meno che dalla forza e dalla presenza di Dio.
Maria, quando diventa MADRE DI DIO e contemporaneamente e pienamente FIGLIA DI DIO, mettendosi al mondo nella gestazione dello Spirito donatole, come primo gesto “si alza in fretta e parte” per andare a trovare la cugina Elisabetta. Ma non soltanto per aiutarla, ma per condividere qualcosa che ancora più profondamente e misteriosamente era capitato alla sua vita con l’irruzione dello Spirito nei suoi giorni. Lo stesso dicasi per Elisabetta. C’è uno scambio di concretezze riconosciuto come generato dal Padre, che cambia assolutamente la realtà, la sostiene, la motiva, la accompagna. E nasce il Magnificat. Nasce la storia sacra.
La dimora del cuore (e della mente) è il luogo dal quale nascono tutte le nostre azioni: se il cuore dimora nell’orrore, la vita si trasformerà di conseguenza. Se il cuore abita altre dimensioni, idem.
Scrive bene Avveduto:
IL MAGNIFICAT È LA COLONNA SONORA DELLA NOSTRA ESISTENZA QUANDO CAPOVOLGIAMO I NASTRI DELLA NOSTRA DISISTIMA. ESCONO I DEMONI ED ENTRANO GLI ANGELI.
SE CAMBIA CIÒ CHE DICIAMO A NOI STESSI CAMBIA TUTTO.
IL MONDO È CIÒ CHE PENSIAMO DI NOI STESSI, ATTINGE DALLE NOSTRE VOCI, DAI NOSTRI GIUDIZI… IL MONDO NON SI SCRIVE DA SOLO, PRENDE I COLORI E I SUONI CHE GLI AFFIDIAMO.
Quindi, altro che astrattezza, nulla di più concreto!
Proviamo a materializzare e a dare corpo alla Parola che oggi ascolteremo a Messa, perchè, sempre più, il Verbo si faccia carne.
NEL GIORNO DELL’ASCENSIONE, GESÙ NON STA FUGGENDO, NON CI STA RIFIUTANDO, ASCENDE PER MEGLIO INCARNARSI;
È IN CERCA DI UN PEZZO DI CIELO IN OGNUNO DI NOI E SI PORTA NEL PUNTO PIÙ LONTANO DEL NOSTRO ESSERE, NON SI ESCLUDE DA NOI,
NON POTREBBE PIÙ FARLO, È INCATENATO ALL’UOMO DALL’AMORE, MA È PROPRIO QUEST’AMORE CHE LO FA ALLONTANARE PER STIMOLARE IN NOI PASSI DI RESURREZIONE. (EA II)