PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-14)

TU A COSA (CHI) SERVI? 

“Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore”

D’altronde, a che servirebbe una vita che non serve a niente, a nessuno e neanche a se stessi?

La madre dei figli di Zebedeo non sapeva quello che faceva domandando a Gesù che i suoi figli sedessero uno a destra e uno a sinistra del suo trono, perchè il trono del Figlio di Dio è la Croce, e la Croce è il posto dove la vita viene donata sino alla fine a favore dei fratelli, senza se, senza ma, senza pentimento, con amore e per tutti. 

La Croce, il dono della vita, il “servire” l’umanità  è anche la sola strada che fa passare dalla morte alla vita, dal buio alla luce, dalla Quaresima alla Pasqua. 

E noi siamo assetati di luce, non di buio. 

Ieri sera ho visto PERFECT DAYS, storia di un uomo che trova e vive il senso della sua vita nel modo di pulire i gabinetti pubblici di Tokyo: quando trovi il senso di quello che fai allora ogni cosa diventa nuova e diversa, anche pulire un bagno usato da tutti, ma pulito per tutti. 

Vuoi vivere? Chiediti a che serve la tua vita. Gesù dice che chi dona la vita senza paura e per amore (per causa mia) la trova. Gesù è un signore strano, non si è mai servito di nessuno e si è sempre messo a servizio di tutti. Mi dice che anche io così posso diventare signore. 

La mia vita a chi e a che cosa serve? Oggi nei momenti di solitudine e tristezza, perchè non provo a uscire da me stesso e a fare un gesto con il quale mettermi a servizio di chi ha bisogno? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-13)

Bene 

Cessate di fare il male, imparate a fare il bene

Come dire: IMPARATE, perché il bene non è un dato di fatto, ma la pazienza di frequentare ogni giorno una scuola un po’ particolare che mette in relazione Insegnante e alunno desiderosi di dare forza e realtà a quella dimensione che unica è in grado di dare senso, contenuto e profondità a una vita che vuol definirsi umana e comune: il bene! 

Da imparare, da recuperare dopo che si cade, da rimettere in discussione davanti a quelle crisi che ogni giorno ci interpellano e ci dicono di ridefinire il volto di Dio  ricreando quelle alleanze per far sì che Lui ESISTA proprio perchè lo vogliamo “rimettere ogni giorno al mondo” vivendo il comando dell’amore. 

Accorgendoci che accogliere Lui significa imparare a vivere.

Ieri Claudio e Simonetta, parlando ai fidanzati della crisi e dell’amore, hanno proposto un breve video, dove, Matteo Bussola, a Sanremo coniava 8 termini in grado di dare vita a una relazione di bene: ASCOLTARE, ACCOGLIERE, ACCETTARE, IMPARARE, FARE LA VERITÁ, STARE ACCANTO, IMPARARE A DIRE NO, FARE INSIEME 

Cosa significano per me queste parole? 

Cosa vuol dire per me credere nel Bene? Il mio bene mette il crisi il bene altrui? Cosa imparo quando non faccio il bene? So cos’è il bene? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-12)

APERTI

Risplendi Gerusalemme!

Il tuo Dio sarà il tuo splendore.

 Tutti i popoli in te dimoreranno,

le tue porte mai più si chiuderanno”.

 

Penso sempre alla Gerusalemme del mio cuore. 

Alla Gerusalemme dove c’è il tempio del Signore. 

Quel Tempio che, ci ricorda Paolo, siamo NOI! 

Mi viene in mente il Salmo 23, dove si dice:

Sollevate, porte, i vostri frontali. Antica porta, alzati ed entri il Re!

E penso alle grandi porte delle basiliche, chiuse, piene di polvere … 

E il mio cuore? 

La SOLA condizione di passaggio della luce e dello splendore di Dio è  una: APERTURA! 

Oggi cominciamo la settimana aprendo la porta, facendo di tutto per impedirle di chiudersi … sì, questo è il nostro primo compito. Il resto viene subito dopo. 

 

Come sono oggi le porte del mio cuore all’inizio della settimana? Sta ancora scorrendo la luce dell’Eucarestia che ho incontrato domenica? Come mi sta interpellando la trasfigurazione di Gesù? Che cosa faccio di Stra-ordinario?  Che precauzioni prendo affinché in questi sette giorni non si chiudano le porte?

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-11)

SPAVENTATI 

“Non sapevano cosa dire perché erano spaventati”

Quando rifletto sul Vangelo lo metto sempre davanti alla realtà e mi domando: “cos’ha da dire a noi che – come Pietro davanti alla trasfigurazione di Cristo – non sappiamo più che cosa dire?” “C’è ancora qualcuno in grado di dirci un linguaggio diverso dalla sopraffazione, dalla violenza, dalla voglia di primeggiare e di minacciarsi, dal finanziamento delle armi in un mondo nel quale sempre più grande è il risparmio su elementi  come la salute, l’ambiente, la cultura, la voglia di vivere, la garanzia della sicurezza, la cura della sanità mentale e dell’equilibrio? C’è qualcuno che sa cosa dirci? Cosa ci dice il Vangelo?”.  Il Vangelo ieri ci parlava di un nuovo modo di rapportarsi con la realtà. Gesù dice ai suoi discepoli: “se fate come tutti, cosa fate di stra-ordinario?”. Ricolleghiamo la Parola di ieri al Vangelo di oggi. 

Davanti a quello che ci capita nella vita, che parole diciamo, che decisioni prendiamo per lasciare un’impronta al di fuori dell’ordinario – poiché diciamo di credere nel Vangelo –  nella storia? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE (-10)

STRAORDINARIO 

Che cosa fate di straordinario? 

Gesù fa questa domanda a noi discepoli quando parla del perdono e della preghiera per i nemici. 

Altrimenti, ricorda loro, cosa fareste di diverso dai pagani, dai farisei e da chi non crede nel Signore? 

Già. Io cosa faccio ogni giorno di diverso rispetto ai miei amici che dicono di non credere in Dio? Quale DIFFERENZA CRISTIANA emerge dal mio vissuto? 

Forse cosa straordinaria potrebbe essere il permesso accordato a Dio di essere, attraverso il Suo Vangelo,  l’ispirazione e la Luce dei nostri passi e delle nostre scelte ORDINARIE. 

E ce ne sarebbe già tanto. 

Quale DIFFERENZA CRISTIANA emerge dal mio vissuto? 

Quali sono le situazioni nelle quali non mi sento per niente discepolo di Gesù e nelle quali voglio chiedere la sua forza? 

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

“LUCIFICATI”

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Il monte della luce, collocato a metà del racconto di Marco, è lo spartiacque della ricerca su chi è Gesù. Come in un dittico, la prima parte del suo libretto racconta opere e giorni del Messia, la seconda parte, a partire da qui, disegna il volto altro del “Figlio di Dio”: vangelo di Gesù, il Cristo, il figlio di Dio (Mc 1,1).

Il racconto è tessuto ad arte con i fili dorati della lingua dell’Esodo, monte, nube, voce, Mosè, splendore, ascolto, cornice di rivelazioni. Nuovo invece è il grido entusiasta di Pietro: che bello qui! Esperienza di bellezza, da cui sgorga gioia senza interessi. Marco sta raccontando un momento di felicità di Gesù (G. Piccolo) che contagia i suoi. A noi che il fariseismo eterno ha reso diffidenti verso la gioia, viene proposto un Gesù che non ha paura della felicità. E i suoi discepoli con lui. Gesù è felice perché la luce è un sintomo, il sintomo che lui, il rabbi di Nazaret, sta camminando bene, verso il volto di Dio; e poi perché si sente amato dal Padre, sente le parole che ogni figlio vorrebbe sentirsi dire; ed è felice perché sta parlando dei suoi sogni con i più grandi sognatori della Bibbia, Mosè ed Elia, il liberatore e il profeta; perché ha vicino tre ragazzi che non capiscono granché, ma che comunque gli vogliono bene, e lo seguono da anni, dappertutto.

Anche i tre apostoli guardano, si emozionano, sono storditi, sentono l’urto della felicità e della bellezza sul monte, qualcosa che toglie il fiato: che bello con te, rabbi! Vedono volti imbevuti di luce, occhi di sole, quello che anche noi notiamo in una persona felice: ti brillano gli occhi! Vorrebbero congelare quella esperienza, la più bella mai vissuta: facciamo tre capanne! Fermiamoci qui sul monte, è un momento perfetto, il massimo! C’è un Dio da godere, da esserne felici. Ma è un’illusione breve, la vita non la puoi fermare, la vita è infinita e l’infinito è nella vita, ordinaria, feriale, fragile e sempre incamminata. La felicità non la puoi conservare sotto una campana di vetro o rinchiudere dentro una capanna. Quando ti è data, miracolo intermittente, godila senza timori, è una carezza di Dio, uno scampolo di risurrezione, una tessera di vita realizzata. Godi e ringrazia. E quando la luce svanisce e se ne va, lasciala andare, senza rimpianti, scendi dal monte ma non  dimenticarlo, conserva e custodisci la memoria della luce vissuta.

Così sarà per i discepoli quando tutto si farà buio, quando il loro Maestro sarà preso, incatenato, deriso, spogliato, torturato, crocifisso. Come loro, anche per noi nei nostri inverni, sarà necessario cercare negli archivi dell’anima le tracce della luce, la memoria del sole per appoggiarvi il cuore e la fede. Dall’oblio discende la notte. (Ermes Ronchi) 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE … (-9)

LASCIARE

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”.

Beh, parole che forse ci lasciano un po’ imbarazzati, e, coerentemente dovrebbero svuotare, penso più o meno del 98% le nostre chiese, perché siamo usciti  alla ricerca del fratello che ce l’ha con noi (non noi con lui!!!); perché, diciamocelo, chi di noi non ha qualcosa contro qualcun altro? 

Però, se da un lato mi sento indegno, dall’altra mi commuove questo Dio che mi dice una cosa che è stratosferica: a Lui interessa che prima del nostro amore per Lui ci sia quello tra di noi, o meglio, che il suo amore per Lui si manifesti e si inveri continuamente nelle nostre relazioni quotidiane. Fantastico! Emozionante! Come dire: “pensa ai tuoi fratelli prima di Me, e se credi in Me, sappi che il tuo amore diventa vero non perchè lo rivolgi all’alto dei cieli, ma lo pratichi negli anfratti non sempre luminosi e lisci della tua terra”. 

Che il Signore ci dia la forza di ricordarcelo. 

La domanda di oggi: per chi devo lasciare un attimo la mia offerta davanti all’altare, oggi? Con chi mi vorrei riconciliare? Magari so che non è possibile, bene, e se pregassi per lui? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE … (-8)

MA

Ma voi, chi dite che io sia?

Arriva un giorno in cui siamo chiamati a farci questa domanda riguardo a Colui che ricorda ai suoi discepoli: “senza di me non potete far nulla”.

Colui a partire dal quale noi ci definiamo “cristiani”. 

Arriva un giorno che, come dice il titolo di un film, nei nostri giorni cambia tutto perché a partire da quella risposta, elaborata in modo personale, è successo qualcosa. Il titolo del film è: QUANDO SEI NATO NON PUOI PIÙ NASCONDERTI. Mi ha sempre molto colpito. 

Questo perché la risposta alla domanda di Gesù non basta darla con la testa: bisogna muovere le mani, i piedi, il cuore, i pensieri … con la vita. E per vivere bisogna uscire “dalla nostra terra” per dirla all’abramese. 

Il discepolo non è un opinionista, ma uno che “sta dietro” al suo maestro. E solo così, ogni giorno scopre che la risposta prende forma. 

Inizia a vivere, e non si nasconde più . 

Mai più.

Chi è Gesù? Io che trovo la Vita. 

Ma chi è Gesù per me? Cosa vuol dire che riconosco che è il mio Salvatore? In che cosa? Da che cosa? 

PICCOLO LESSICO QUARESIMALE … (-7)

SEGNO 

“Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona”

Che male c’è a cercare i segni? Nessuno. Anzi, il problema è quando non cerchi più indicazioni in grado di dare delle direzioni al tuo cammino e alla tua vita. 

Però, affinchè il segno sia efficace, deve essere VISSUTO, non semplicemente VISTO, perchè a forza di cercare esperienze rischiamo di non iniziare mai a vivere. 

Per questo il “segno” di Giona è importante, perchè il predicatore della conversione di Ninive è il primo a doversi convertire, e non una volta per tutte, perchè dopo la salvezza dei niniviti invoca la morte su di sé per la rabbia nei confronti del cuore misericordioso e super accogliente di Dio. 

Non finisce mai la strada della sapienza, e del sapere della fede, che non riguarda l’intelligenza, ma la vita, i gesti, i cammini che si decidono di intraprendere. Il sapere del Vangelo, lo sappiamo, non è un sapere intellettuale, ma un SAPERE DELLA LIBERTÁ: di chi, accogliendo il Signore, percepisce la fioritura del “segno di Dio” che è Gesù,  in vita rinnovata, rialzata e rimessa in movimento. 

Cerco di fare parlare Gesù, segno vivente di Dio, nella mia vita di ogni giorno? In questo momento come mi sta interpellando? Quali segni significativi mi stanno coinvolgendo in questi giorni di Quaresima?