XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Bicchieri d’acqua 

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Maestro, quell’uomo non è dei nostri. Quel forestiero che fa miracoli, ma che non è iscritto al gruppo; che migliora la vita delle persone, ma forse è un po’ eretico o troppo libero, viene bloccato. E a capo dell’operazione c’è Giovanni, il discepolo amato, il teologo fine, “il figlio del tuono”’, ma che è ancora figlio di un cuore piccolo, morso dalla gelosia. «Non ti è lecito rendere migliore il mondo se non sei dei nostri!». La forma prima della sostanza, l’iscrizione al gruppo prima del bene, l’idea prima della realtà! Invece Mosè, nella prima lettura, dà una risposta così liberante a chi gli riferisce di due che non sono nell’elenco eppure profetizzano: magari fossero tutti profeti…

La risposta di Gesù, l’uomo senza frontiere, è molto articolata e molto alla Mosè: Lascialo fare! Non tracciare confini. Il  nostro scopo non è aumentare il numero di chi ci segue, ma far crescere il bene; aumentare il numero di coloro che, in molti modi diversi, possano fare esperienza del Regno di Dio, che è gioia, libertà e pienezza.

È grande cosa vedere che per Gesù la prova ultima della bontà della fede non sta in una adesione teorica al “nome”, ma nella sua capacità di trasmettere umanità, gioia, salute, vita. Chiunque regala un sorso di vita, è di Dio. Questo ci pone tutti, serenamente e gioiosamente, accanto a tanti uomini e donne, diversamente credenti o non credenti, che però hanno a cuore la vita e si appassionano per essa, che sono capaci di inventarsi miracoli per far nascere un sorriso sul volto di qualcuno. Il vangelo ci chiama a «stare accanto a loro, sognando la vita insieme» (Evangelii gaudium, 74).

Chiunque vi darà un bicchiere d’acqua… non perderà la sua ricompensa.

Un po’ d’acqua, il quasi niente, una cosa così semplice e povera che nessuno ne è privo.

Gesù semplifica la vita: tutto il vangelo in un bicchiere d’acqua. Di fronte all’invasività del male, Gesù conforta: al male opponi il tuo bicchiere d’acqua; e poi fidati: il peggio non prevarrà.

Mosè e Gesù, maestri della fede, ci invitano a non piantare paletti ma ad amare gli orizzonti, a guardare oltre il cortile di casa, a tutto l’accampamento umano, a tutta la strada da percorrere: alzate gli occhi, non vedete quanti semi dello Spirito volano dappertutto? Quante persone lottano per la vita dei fratelli contro i démoni moderni: inquinamento, violenza, fake news, corruzione, economia che uccide? E se anche sono fuori dal nostro accampamento, sono comunque profeti. Sono quelli che ascoltano il grido dei mietitori non pagati (Giacomo 5,4) e ridanno loro parola, perché tutto ciò che riguarda l’avventura umana riguarda noi. Perché tutti sono dei nostri e noi siamo di tutti.  ERMES RONCHI 

AIUTIAMOLI A CASA LORO … II

INCONTRO CON ANSELME 

Lunedì sera 23 settembre abbiamo iniziato le nostre serate della settimana dedicata alla festa del Divin Maestro con un amico speciale oltre che parrocchiano: Anselme; ringraziamo lui e la sua famiglia, perchè Anselme non lavora  da solo ma in armonia con la moglie e i figli: cosa non facile per il tempo richiesto e l’impegno che richiede ogni giorno, e magari per il solo fatto di non riuscire a vivere una vacanza come tutti perchè il papà è impegnato fuori casa per molto tempo. Quest’estate abbiamo documentato tutto il suo viaggio in Congo e il suo insegnamento all’Università sul sito della nostra Parrocchia (vedi la voce del Menu IN DIRETTA DAL CONGO … https://www.divinmaestro.it/in-diretta-dal-congo/) 

Lo scorso anno, con la Parrocchia e l’ausilio di Fulvio,  con molta fatica abbiamo iniziato ad attivare dei progetti di microcredito e stiamo provando a portarlo avanti con molta speranza. 

Stasera lo accogliamo per aggiornarci, per vedere a che punto siamo e che cosa possiamo fare per coscientizzarci in modo più preciso e agire nel modo possibilmente più intelligente e utile. 

Anselme ha detto al Signore: “non ho nessun mezzo, ma se tu lo vuoi mi metto a disposizione per il mio Paese”. E Anselme inizia a seguire gli studenti dell’Università di Agraria di Kinshasa. 

L’urgenza più grande in Congo oggi non è nessun raffinato discorso filosofico, ma la SOPRAVVIVENZA. Nel Congo, che è lo Stato più ricco del mondo: l’80% dei materiali per tenere in vita la tecnologia contemporanea si trova in Congo. Tanti minerali, materiali, si trovano solo in Congo. 

E allora TUTTO IL MONDO É IN CONGO .. tutti gli Stati del mondo lo sfruttano e la meta è destabilizzare tutto per potere confondere e rubare. 

Accanto c’è incapacità da parte delle Autorità di agire in modo giusto. Anzi, a servizio delle potenze del Mondo. 

Il compito di Anselme è aiutare a passare dalla sopravvivenza alla VITA. 

C’è un detto in Congo che dice che “educare una donna significa educare tutto un popolo”, perchè quello che fai con lei lo fai con un figlio, un marito, un nipote e una realtà molto grande. Per questo Anselme è molto attento al contatto con le donne. 

Nel 2023 si costruiscono molti nuovi edifici all’Università di Agronomia dove Anselme è docente,  e le aule rimaste per insegnare sono molto “di fortuna”, tra tendoni e strutture precarie. 

I ragazzi capiscono che qualcuno sta combattendo per loro e Anselme sente tutto il loro affetto e la loro protezione anche in momenti di paura. 

Attorno al 2024 ci sono le nuove aule. É importante mettere assieme le cose. Si lavora molto per imparare la COLLABORAZIONE e la condivisione delle cose capite. Su alcuni campi gli studenti iniziano ad allevare i polli per imparare a essere autonomi e non dipendere da finanziamenti esterni. C’è voglia di lavorare.

Per dare possibilità di pratica e realizzazione, Anselme arrivando dal Piemonte, prende un contenitore dove mette dentro le barbatelle di Dolcetto per proporre una “pratica”. La sfida è chiedersi se il dolcetto può crescere in Congo … ebbene, in quella circostanza disastrosa … oggi è nata l’uva! É un campo sperimentale che aiuta a mettere in pratica.

Insegnare a lavorare assieme, fissare degli obiettivi da raggiungere, cercare di capire, diventa importantissimo per coscientizzare le persone. 

 L’ambasciatore italiano in Congo lo convoca per presentare il suo progetto e cercando di mettere in collegamento con la rettrice di Agraria, con l’idea di lavorare con Università e a costruire un Centro di ricerca avanzata sulla frutticultura ma principalmente sull’agricoltura idroponica, ossia la coltivazione delle piante nell’acqua. Richiesta un po’ desueta vivendo in un contesto dove piove 9 mesi all’anno e ci sono 80 milioni di ettari per coltivare quello che vuoi. Il che significa che si va a investire nell’agricoltura idroponica con tecnologia avanzate e se qualcosa si guasta, il tecnico deve arrivare dall’Italia per aggiustare e tutto dipende da chi produce e gestisce le macchine … e ti chiedi a chi serva veramente questo progetto, non creando condizioni per l’autonomia locale ma per il mercato di chi si propone. 

Bisogna vedere quanta gente lo capisce. 

Agli studenti Anselme vuole insegnare il SENSO CRITICO, la coscienza critica davanti ai progetti che vengono proposti. 

Oggi il contesto è nuovamente assai critico. Ci sono tante idee sulle quali ragionare. É facile scoraggiarci, ma la speranza vuole essere sempre accesa, l’avventura continua e Dio permetterà qualcosa! 

Come possiamo aiutare noi? 

Non sono le cose che mancano, ma per spostare un container ci sono prezzi altissimi alla dogana.

L’idea oggi è trovare delle banche etiche che operano anche in Congo e la Parrocchia si fa garante di un prestito che possono dare ai giovani e alle persone bisognose mettendo un tetto di una cifra che permette di creare imprese locali e restituire piano piano i prestiti. La difficoltà è che diventa difficile procedere. 

Il lavoro procede … con l’aiuto di tutti! 

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

LA PAROLA DI DIO 

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Tre parole, tre frasi che possono accompagnare la nostra riflessione settimanale sulle orme del Vangelo, parole che, se vissute, ci renderanno sempre più capaci di scegliere come “dire Gesù” nel mondo, non parlando ma vivendo la Sua Parola. 

  1. DI COSA STAVATE DISCUTENDO PER LA STRADA? Non semplicemente un “pour parler”, ma, più incisivamente: quali sono i pensieri che danno vita alla vostra vita? Perchè la nostra vita dipende totalmente da quello che portiamo nella nostra testa. Per questo ogni tanto è importante fermarci per domandarci: ma quali sono i pensieri che ci abitano? Cosa portano nelle nostre esistenze? Sono distruttivi o costruttivi? Aprono strade o chiudono possibilità? Cosa significa pensare secondo il Vangelo?  
  2. SE UNO VUOL ESSERE IL PRIMO, SIA L’ULTIMO DI TUTTI E IL SERVITORE DI TUTTI: Ci pensate come sarebbe liberante se ognuno di noi quando fa qualcosa non lo facesse per se stesso ma per il valore che ha ? Fare il bene senza sentirsi dire grazie. Salutare anche senza ricevere un saluto. Fare un gesto gentile anche senza riconoscimento. Avere la libertà di occupare l’ultimo posto senza essere notati … mmmhhh, che bella libertà che si respira. Aria di Vangelo!
  3. ACCOGLIERE. Questo è il solo verbo che ci rende discepoli di Gesù. Gli altri, troppo moralistici o volontaristici o religiosamente prestazionali sono solo a servizio del nostro narcisismo malato, che non capisce che l’IO inizia a respirare non perchè sta in mezzo a tutto, ma perchè ha trovato il suo CENTRO. 

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LA DOMANDA DELLE RISPOSTE

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Arriviamo da sette giorni di APERTURA: Gesù domenica scorsa dava al sordomuto, quasi come un monito di guarigione per permettere alla comunicazione di riattivarsi, questo comando: EFFATA! APRITI! Non so questa settimana quanto ci siamo fatti accompagnare da questo imperativo esistenziale. Non so se siamo riusciti ad approfondire attraverso le Parole del vangelo di ogni giorno la verità di questa azione di fiducia: tanta ricchezza, tante chiavi di lettura, tante strade da aprire di nuovo sono state offerte!

E il Vangelo di domenica ricomincia proprio su una strada. Sempre il Vangelo ricomincia per strada, perchè è un CAMMINO, un insieme di passi dietro al Maestro, che riprende in terra pagana: a Cesarea di Filippo. Anche per noi, nelle nostre “interiori terre pagane” da evangelizzare deve risplendere la luce dell’annuncio di Gesù. E Gesù riparte sempre di lì, senza timore. Domenica scorsa faceva il giro strano da Tiro, a Sidone, alla Decapoli, non c’è terra indegna della sua presenza perchè il Figlio di Dio si immerge in ogni zolla della nostra contingenza salvata. 

La strada viene accompagnata da due domande che dicono il naturale modo per conoscere il volto di Dio nel Figlio. Dal “sentito dire” all’”esperienza personale”. Da ciò che si dice a catechismo, in famiglia, in TV e lungo la strada a una risposta personale. “Ma voi!”. E io? Cosa so dire di Gesù? Se qualcuno mi domanda saprei dare una risposta, dare ragione della mia speranza, riempire di passione il mio interlocutore assetato di senso? Chi è Gesù per me? 

Gesù sa che il suo cammino non è facile. Sa che anche il nostro non lo è. Sa che DEVE SOFFRIRE (non dice che lo VUOLE). Sembra che starGli dietro sia anche per noi una sofferenza, una rinuncia, un rinnegamento e una mortificazione che ti impediscono di gioire: così non è! La sua (e la nostra) non è una sofferenza fine a se stessa, ma capace di aprire nuovi orizzonti, il “perdere qualcosa per Lui e per il Vangelo” non è un buttare via qualcosa, ma anzitutto un TROVARE e un SALVARE che rendono la nostra vita degna di un nome così grande e finalmente capace di cammini sensati.  

La domanda di Gesù mette in moto. Leggevo una frase bella del Vescovo di Pinerolo: “la domanda non serve per la risposta, ma perchè ti sposta”.  Proviamo anche noi questa settimana a darci la risposta, magari proprio a partire da quello che ci dice il Vangelo, e non semplicemente perchè l’abbiamo sentito! 

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

NAVIGATORI IMPAZZITI 

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

GPS IMPAZZITI 

Gesù aveva un TomTom che non funzionava, un gps impazzito che non mostrava le strade seguendo il percorso più rapido o più conveniente,  ma col solo desiderio di portare amore, guarigione, senso e contenuto a tutte le persone che incontrava. Esce da Tiro, passa per Sidone, va sul mare in territorio della decapoli, seguendo la strada del cuore rimesso al centro di ogni cosa! Senza nessuna logica! D’altronde, la sostanza dell’amore è solo questa: la mancanza di logica e di calcolo! Che bello credere in un volto di Dio proprio così. Insensato nella sua illogica logica di prossimità ai figli di Dio come un fratello, per tutta la vita, nella morte e oltre la vita. 

IN DISPARTE 

Sembra che l’estate sia finita. Un temporale più forte del solito, le giornate che si accorciano, la ripresa delle attività, e la fatidica sensazione, nonostante il caldo, che come al solito questa stagione passi troppo in fretta. Per qualcuno sarà una benedizione, per altri no, soprattutto per chi non è soddisfatto della propria vita e del proprio cammino. Il problema, però, non è il tempo che passa, ma noi che non abbiamo imparato a stare nel tempo e ad attraversarlo in modo sensato e significativo. Ma fino a quando non capita questa cosa non saremo mai in grado di essere soddisfatti di quello che siamo, perchè dentro di noi non abbiamo le risorse per intraprendere con decisione e chiarezza i nostri percorsi personali. Per questo Gesù per guarire il sordomuto non si limita a fare un “gesto sacerdotale” (imporgli la mano), ma lo porta in disparte prima di operare il miracolo della sua trasformazione. Noi quanto tempo siamo stati LONTANI DALLA FOLLA, dai rumori, dalle cose di tutti i giorni, dalle solite notizie, dai discorsi fatti per uccidere il tempo per ritrovare un po’ noi stessi nella verità di un po’ di silenzio terapeutico e veritativo? 

APRITI! 

Apri la porta! Apri il cuore! Apri tutto ciò che è chiuso e impedisce alla vita di circolare, sembra dire Gesù a questo uomo sordo legato nel suo modo di ascoltare e parlare. Comunicare significa vivere. Se non parlo e non mi metto in relazione sono un oggetto tra tanti oggetti. Potrò sbagliare, ma solo il primo passo che mi fa “uscire dalla mia terra” per rimettermi in contatto con la voce di Dio e il cuore affaticato e gioioso di tanti fratelli mi permetterà di ripartire. Che risuoni come un mantra questo comando di Gesù: “APRITI, APRITI, APRITI” … non sembra una parola rivolta a un organo tappato, ma una preghiera che scioglie le nostre paralisi. Apriti e vivi! Porta il tuo contributo positivo all’universo. Leggevo sta settimana un pensiero di Jean Paul Sartre, che, a età avanzata scriveva di avere vissuto una “vita sdentata”, ossia senza morsi e senza “mordente”, e, al termine della sua parabola esistenziale constatava con amarezza di essere ormai rimasto senza denti. E allora, mettiamoci pure una protesi, una dentiera, ma mordiamo, viviamo: APRITI!  

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B 2024

ELENCHI … 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». 

Labbra e cuore 

La religione delle labbra e delle parole è scaduta e assai scadente se non genera atteggiamenti di vita in grado di innaffiare le secche deserte della nostra esistenza,  che non viene onorata da un suono ripetuto, ma da una Parola vissuta. Ora, non bisogna certamente demonizzare la cura dell’onore per Dio che parte dalle labbra, ma sappiamo bene  che a parlare in noi non sono le nostre parole, ma la vita che diventa in se stessa (e non perchè precedentemente impostata) un messaggio pieno di buone domande. Di origini e sorgenti del cuore che cambiamo le mani e i piedi. Di quella sorgente che sblocca il cuore perchè lo fa risorgere e orienta verso nuovi orizzonti operativi. Di quel cuore trasformato che si sensibilizza su onde di condivisione in grado di rendere gli altri dei prossimi e dei fratelli che vivono e hanno desiderio di vita esattamente come ciascuno di noi. Questa settimana Agostino ci ricordava che il solo modo per ridare riposo e vitalità ai nostri battiti cardiaci è la sua immersione in Dio come principio di ogni cosa: “inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te (il nostro cuore è agitato fino a quando non riposa in Te)” 

Dire quello che si pensa: il falso mito dell’autenticità 

Una delle frasi più diffuse, da pensare con più profondità, pronunciata quando si vuole giustificare il proprio punto di vista e la propria posizione, è “dico quello che penso”. Davanti a questo diktat oltre il quale non c’è più alcuno spazio per il confronto perchè qualcuno ha detto quello che pensa, mi pare che Gesù ci domandi di andare più in profondità: quando quello che dico è pensato? Quanto quello che dico, almeno, per me che dico di essere un discepolo di Gesù, è espressione più della mia ragione e delle mie ragioni che non di una verità illuminativa più profonda che è quella che ci ha rivelato il Signore? Il rischio è sempre quello del cuore lontano. Il rischio è quello di andare sempre dove ci porta il cuore (nostro, mio) a discapito di un atteggiamento più corretto che dovrebbe essere il tentativo di portare il nostro cuore laddove andiamo. Altrimenti sappiamo dove ci porta il cuore: a fare quelle cose che servono solo il proprio tornaconto a discapito del resto dell’umanità. E l’elenco di Gesù potrebbe essere molto eloquente. 

Il contro-elenco 

Siamo estremamente attenti alle diete. I social propongono meravigliose ricette che si preparano in pochi secondi e in grado di convincere, anche solo guardando un video a servizio della tua salute e della selezione di cibi che possono avere solo conseguenze benefiche, oltre che molto saporite, sulla vita. Perchè non siamo così attenti anche ai cibi spirituali che avvelenano il mondo cercando di prendere posizioni più chiare e amplificare i nostri punti di vista? Cosa capita quando impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza occupano gli spazi del cuore umano? Prendiamo una penna, scriviamo, pensiamo. E se questi atteggiamenti distruggono l’uomo e il suo mondo, perchè non proviamo a estrarne l’effetto benefico pensandoli al contrario? Cosa significa vivere con un cuore luminoso e non doppio, senza cercare di frodare e rubare il prossimo, con estrema cura di non pronunciare parole o vivere gesti “mortificanti”, fedeli a quello che crediamo, generosamente disponibili, volendo che il bene prevalga su ogni cosa, senza doppi fini, cercando spazi di integrità, con uno sguardo riconoscente capace di apprezzare la ricchezza dei fratelli, sinceramente, con umiltà accogliente, col desiderio di capire prima di giudicare? Già, cosa significa? Semplice: un mondo nuovo. Che inizia in piccole regioni. Da me, da te. 

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

PAROLE DA MANGIARE 

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Gv.) 

E già, la Parola di Dio è dura. 

Ma anche la vita. 

E la Parola di Dio si innesta nella vita in modo duro, non per rincarare la dose, ma per demolire la scorza che impedisce di vivere in pienezza la nostra umanità. 

Chi può ascoltarla?

Chi vuole! Chi vuole cercare in essa altre cose da quelle che si sentono tutti i giorni; chi non si arrende all’evidenza dell’insensatezza; chi non ci sta a chiudere la vita nel sacchetto dei calcoli della convenienza e del tornaconto; chi pensa di non essere una monade o un’isola, ma una persona che esiste, che “è per” qualcuno e per qualcosa; chi dà alla vita di ogni giorno (e dunque anche a quella eterna che è una retta nella quale viene inserito il segmento dei nostri giorni) lo statuto di ricezione che non dipende da quello che posso inventare e creare io, e posso solo ricevere; chi cerca una consapevolezza che è un sapere che sta accanto al mio, molto limitato; chi vuole essere presente al senso delle cose … quanti la possono ascoltare. Ma fino a quando non viene percepita così non può essere gustata nella sua densità. 

Le Parole che vi ho detto sono spirito e vita. 

Ogni parola che ascoltiamo nasce da uno spirito e contiene uno spirito. 

Non sempre di vita, sovente di morte: le parole del cinismo, le parole dei TG, le parole programmate per controllarci e toglierci le forze, le parole che dividono, le parole di chi vuole tutto e annulla gli altri, le parole non scelte ma subite, quante parole … letteralmente ti ammazzano. 

La Parola del Vangelo è Spirito e vita: tu pensi che le parole della morte ti portino la vita perchè fanno il tuo gioco e ti danno immediata soddisfazione, invece quelle del Vangelo vanno scartate perchè a volte, per amore, ti chiedono di rinunciare a cose inutili, pesi, egoismi ammorbanti e te stesso, e allora non le cerchi. Ma poi, la morte apparente diventa vita, la promessa si trasforma in fioritura e cambiamento e capisci che veramente lo Spirito della Parola di Dio è solo al tuo servizio. Di figlio di Dio e di fratello. 

Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre

Ma perchè, il Padre fa delle selezioni? No, perchè la Parola è offerta a tutti, ma CONCESSA solo a chi riconosce in essa lo statuto di una paternità generativa che è in grado di creare e ricreare continuamente la vita,  a chi la accoglie permettendogli di diventare un con-creatore di Dio. Donata a tutti, concessa a chi la accoglie. 

Volete andarvene anche voi?
E ti fai la domanda. 

Ma poi te ne fai un’altra, ancora più vera: “ma perchè, ti stavo veramente seguendo?”. 

E allora il dubbio apre uno spiraglio: posso dare la risposta solo quando ho cominciato a vivere l’eterno quotidiano invito di Gesù sulle rive del lago della mia vita: “vieni e vedi”. E se mi incammino magari mi accorgo, che tra tutte le offerte di realizzazione umana, quella di Gesù è la più bella! 

E allora … magari resto. Resto con Te! 

 

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

PANE D’AMORE 

 

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (Giovanni, 6, 51-58) 

 

Noi crediamo di avvicinarci a Dio riempiendo la vita di riti, preghiere e pensieri alti, e invece ti avvicini a Dio diventando più umano. 

La carne di Gesù che ci dà da mangiare è proprio questo: la sua umanità diventata come la nostra, la sua e la nostra debolezza che nel Padre diventano possibilità di altro, di vita nuova, eterna. E Il Signore è felice che noi riconosciamo il Suo volto nei nostri fratelli, che serviamo con il cuore pieno di umanità. Però per avere la forza nel cammino dobbiamo imparare a essere selettivi e precisi quando desideriamo nutrirci. Come Ezechiele che prima di diventare profeta, ossia svolgere il suo ministero di discepolo, viene invitato a nutrirsi della Parola, a mangiarla letteralmente, triturarla, metabolizzarla, farla diventare parte di se’, e solo allora, dopo averlo sentito per tre volte, partire per annunciare. 

Noi pensiamo di essere noi per Dio, e invece Gesù rovescia: Dio esiste per amare, servire e nutrire 

Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia. Ogni volta che preghiamo. Non pensiamo mai a quello che facciamo per Dio, ma permettiamo a Dio di fare qualcosa per noi. Non è facile. La paura ci limita, ci impedisce di dichiarare la nostra disponibilità a essere plasmati e amati, perchè temiamo di perdere qualcosa … e invece, ci promette Gesù, solo in questo modo possiamo trovare tutto. Però la nostra vita dipende dalle scelte e parte quando scegliamo una direzione che apre strade nuove. Leggevo una bella riflessione di Sylvia Plath, a questo proposito: davanti a una pianta di fichi non sa quale scegliere,  ogni frutto rappresenta una possibilità di vivere la vita; alla fine pensa che ripensa, non sceglie, e scrive: “mentre me ne stavo lì, incapace di decidere, i fichi incominciarono ad avvizzire e annerire, finché uno dopo l’altro si spiaccicarono a terra ai miei piedi.”

Lo scopo della Comunione è che possiamo diventare ciò che riceviamo, anche noi corpo di Cristo. 

Usciamo dalla Chiesa, siamo creature rinnovate. Come Maria, che abbiamo celebrato questa settimana: vestita di sole ha portato sole a tutti. Ha portato Dio che riempiva totalmente il suo cuore nel mezzo delle cose che non capiva … “meditava” … ma al di sopra di ogni cosa ha continuato a fidarsi, a imparare e diventare figlia del suo Figlio. Beata perchè ha creduto nell’adempimento della Parola di Dio. Ho letto un bel post di un amico, su Facebook, che racconta un’esperienza di Vecchioni e scrive: “ Mi sono ricordato di una cosa che lessi una volta e che solo in quel mo

mento capii esserne vera: Colui che non vive per servire… non serve per vivere.

La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto”. Buon cammino!