QUARTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – b

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

La Parola a Ermes Ronchi, perchè … non si può dire meglio di così: 

Ed erano stupiti del suo insegnamento. Lo stupore: esperienza felice che ci sorprende e scardina gli schemi, che si inserisce come una lama di libertà in tutto ciò che ci saturava: rumori, parole, schemi mentali, abitudini, che ci fa entrare nella dimensione creativa della meraviglia che re-incanta la vita. La nostra capacità di provare gioia è direttamente proporzionale alla nostra capacità di meravigliarci. Salviamo allora lo stupore, la capacità di incantarci ogni volta che incontriamo qualcuno che ha parole che trasmettono la sapienza del vivere, che toccano il nervo delle cose, perché nate dal silenzio, dal dolore, dal profondo, dalla vicinanza al Roveto di fuoco.

Gesù insegnava come uno che ha autorità. Autorevoli sono soltanto le parole che alimentano la vita e la portano avanti; Gesù ha autorità perché non è mai contro ma sempre in favore dell’umano. E qualcosa, dentro chi lo ascolta, lo avverte subito: è amico della vita. Autorevoli e vere sono soltanto le parole diventate carne e sangue, come in Gesù, in cui messaggio e messaggero coincidono. La sua persona è il messaggio.

L’autorità di Gesù è ribellione e liberazione da tutto ciò che fa male: C’era là un uomo posseduto da uno spirito impuro. Il primo sguardo di Gesù si posa sempre sulla sofferenza dell’uomo, vede che è un “posseduto”, prigioniero e ostaggio di uno più forte di lui. E Gesù interviene: non fa discorsi su Dio, non inanella spiegazioni sul male, si immerge nelle ferite di quell’uomo come liberatore, entra nelle strettoie, nelle paludi di quella vita ferita, e mostra che “il Vangelo non è una morale, ma una sconvolgente liberazione” (G. Vannucci).

Lui è il Dio il cui nome è gioia, libertà e pienezza (M. Marcolini) e si oppone a tutto ciò che è diminuzione d’umano. I demoni se ne accorgono: che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci? Sì, Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a spezzare catene; a portare spada e fuoco, per separare e consumare tutto ciò che amore non è; a rovinare i desideri sbagliati da cui siamo “posseduti”: denaro, successo, potere, competizione invece di fratellanza. Ai desideri padroni dell’anima, Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui. Taci, non parlare più al cuore dell’uomo, non sedurlo. Esci dalle costellazioni del suo cielo.

Un mondo sbagliato va in rovina: vanno in rovina le spade e diventano falci (Isaia), si spezza la conchiglia e appare la perla. Perla della creazione è un uomo libero e amante. Lo sarò anch’io, se il Vangelo diventerà per me passione e incanto, patimento e parto. Allora scoprirò “ Cristo, mia dolce rovina” (D.M. Turoldo), felice rovina di tutto ciò che amore non è.

TERZA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PESCATORI DI UOMINI

Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

  1. IL TEMPO É COMPIUTO:  Il tempo, sto famoso tempo che ci manca sempre, e quando ce l’abbiamo non sappiamo bene che farcene. Il tempo per vivere, che quando è domenica va occupato perchè non si sa “come ammazzarlo” … il tempo che nella seconda lettura, per San Paolo si è fatto breve, letteralmente “si è accartocciato”, come una palla di carta che sta in pugno a uno strano fato che muove i fili della storia e per questo, ci ricorda l’Apostolo, non va mai assolutizzato ma vissuto in relazione al suo senso e al suo compimento; il tempo, che, appunto, nel Vangelo è COMPIUTO perchè la vita, dice Gesù, in Lui può trovare il suo senso definitivo. Il Regno è vicino: Gesù è accanto a ogni uomo e ogni donna che lo accolgono e LO vivono. Gesù ci fa una domanda: nel nostro tempo noi in relazione a quali cose lo viviamo? Dove trova la sua stabilità nonostante la contingenza e la precarietà di cui facciamo quotidiana esperienza? Cosa significa che la vita di Dio entra nei minuti della mia giornata e delle mie relazioni? 
  1. INFATTI : Gesù CHIAMA, chiama dei pescatori, e la sua voce “cade” al centro dell’attività di questi uomini che gettavano e riassettavano le reti, perchè, appunto, erano dediti a quell’attività. É bello essere chiamati nel posto in cui siamo. Come dire, la chiamata di Gesù non cambia i nostri mestieri, ma i nostri modi di impostarli e di viverli. Cosa significa per me portare la Parola di Dio nella mia quotidianità? Provo a “ricordare” e “interpretare” il messaggio della salvezza della mia vita e di quella dei miei fratelli cercando di comprendere come può risuonare nello spazio delle mie attività? 
  1. VI FARÓ PESCATORI DI UOMINI:  ed ecco definita l’identità discepolare: PESCARE UOMINI, ossia l’umanità immersa sott’acqua bisognosa di uscirvi per rimettersi in contatto con l’aria e l’ossigeno che danno vita. Venerdì nel Vangelo della Messa Gesù inviava i suoi discepoli definendo con chiarezza il loro compito: “perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni”. Anche questo è il nostro compito: ognuno è chiamato da Gesù per “stare con Lui”, ossia vivere la consapevolezza della sua presenza, e “predicare con il potere di scacciare i demoni”: sembra che la predicazione non sia solo esercizio della voce e della retorica, ma anzitutto annuncio OPERATIVO di una liberazione, anzitutto sperimentata e accolta dall’annunciatore, e poi condivisa. Pescare uomini, ridare vita: mentre un pesce pescato muore, un uomo salvato dall’acqua riceve esistenza e respiro. Scrive bene Semeraro cosa significhi questa operazione: ““Scacciare i demòni significa, nel linguaggio evangelico, liberare in ogni persona la possibilità di essere se stessa senza essere agita da altri, senza essere appunto posseduto e inghiottito in una impersonalità caotica e avvilente che caratterizza ogni diabolica operazione” … Io posseggo una personalità o una im-personalità? Agisco o sono agito? Cosa faccio per permettere a Gesù e al suo annuncio di essere la possibilità di riscatto e liberazione della mia vita? 

FESTA DELL’EPIFANIA

La parola al carissimo Ermes Ronchi che in modo intelligente e poetico ci aiuta a entrare nel senso dell’Epifania. Lo fa ricordandoci che IL VIAGGIO è il dono più bello che possiamo fare a noi e al Signore; che “stando nella propria reggia” e “informandosi da altri”, non potremo arrivare da nessuna parte e non potremo mai conoscere alcuna realtà, che lo “spirito erodiano” soffia sempre dentro di noi, timoroso della novità e spaventato di qualcuno che lo detronizzi dalle sue certezze suicide; che gli errori non devono mai essere i maestri che con l’amarezza e la delusione ci impongono di chiuderci in noi stessi impedendoci definitivamente il cammino di continua rinascita (natale, nostro) NEL Signore Gesù. Coraggio, è passata solo una settimana da quando mandavamo gli auguri di BUON ANNO NUOVO: ci sembra che le nostre parole di stiano trasformando in realtà? 

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

“Epifania, festa dei cercatori di Dio, dei lontani, che si sono messi in cammino dietro a un loro profeta interiore, a parole come quelle di Isaia. «Alza il capo e guarda». Due verbi bellissimi: alza, solleva gli occhi, guarda in alto e attorno, apri le finestre di casa al grande respiro del mondo. E guarda, cerca un pertugio, un angolo di cielo, una stella polare, e da lassù interpreta la vita, a partire da obiettivi alti. Il Vangelo racconta la ricerca di Dio come un viaggio, al ritmo della carovana, al passo di una piccola comunità: camminano insieme, attenti alle stelle e attenti l’uno all’altro. Fissando il cielo e insieme gli occhi di chi cammina a fianco, rallentando il passo sulla misura dell’altro, di chi fa più fatica. Poi il momento più sorprendente: il cammino dei Magi è pieno di errori: perdono la stella, trovano la grande città anziché il piccolo villaggio; chiedono del bambino a un assassino di bambini; cercano una reggia e troveranno una povera casa. Ma hanno l’infinita pazienza di ricominciare. Il nostro dramma non è cadere, ma arrenderci alle cadute. Ed ecco: videro il bambino in braccio alla madre, si prostrarono e offrirono doni. Il dono più prezioso che i Magi portano non è l’oro, è il loro stesso viaggio. Il dono impagabile sono i mesi trascorsi in ricerca, andare e ancora andare dietro ad un desiderio più forte di deserti e fatiche. Dio desidera che abbiamo desiderio di Lui. Dio ha sete della nostra sete: il nostro regalo più grande. Entrati, videro il Bambino e sua madre e lo adorarono. Adorano un bambino. Lezione misteriosa: non l’uomo della croce né il risorto glorioso, non un uomo saggio dalle parole di luce né un giovane nel pieno del vigore, semplicemente un bambino. Non solo a Natale Dio è come noi, non solo è il Dio-con-noi, ma è un Dio piccolo fra noi. E di lui non puoi avere paura, e da un bambino che ami non ce la fai ad allontanarti. Informatevi con cura del  Bambino e poi fatemelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo! Erode è l’uccisore di sogni ancora in fasce, è dentro di noi, è quel cinismo, quel disprezzo che distruggono sogni e speranze. Vorrei riscattare queste parole dalla loro profezia di morte e ripeterle all’amico, al teologo, all’artista, al poeta, allo scienziato, all’uomo della strada, a chiunque: Hai trovato il Bambino? Ti prego, cerca ancora, accuratamente, nella storia, nei libri, nel cuore delle cose, nel Vangelo e nelle persone; cerca ancora con cura, fissando gli abissi del cielo e gli abissi del cuore, e poi raccontamelo come si racconta una storia d’amore, perché venga anch’io ad adorarlo, con i miei sogni salvati da tutti gli Erodi della storia e del cuore”. (Ermes Ronchi) 

MARIA SANTISSIMA, MADRE DI DIO

Luca 2, 16-21 riflessione guido reni

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 

Ieri abbiamo terminato un ciclo temporale con l’immagine di due anziani. Una sorta di conto consuntivo.

Oggi riapriamo il cammino con un bambino che più giovane non si può. Il desiderio di un conto preventivo … Conto, nel senso di “da mettere in conto per la vita” … 

Capodanno, a volte è fonte di preoccupazione … 

Ma le nostre preoccupazioni, sono così vere? 

É proprio vero che non si può fare niente? 

É giusta la nostra indisposizione e la nostra lamentela quasi costante sulla vita?

É giusto pensare la vita sempre a partire da ciò che non abbiamo anzichè da quanto possediamo?

Vi rispondo con le righe scritte da un’amica di una mia amica …

Vi scrivo dal Bénin, stato confinante con la Nigeria. 

Qui il Natale non esiste, non esiste capodanno, non esiste Pasqua, non esistono feste…. C’è la vita di tutti i giorni, sempre la stessa, finché c’è…. E non ha alcun valore agli occhi umani perché se così non fosse non sarebbe possibile che “noi” continuassimo a vivere in condizioni vergognosamente agiate e permettessimo a dei nostri fratelli e sorelle di vivere ogni giorno nella miseria. 

Le informazioni che ci arrivano sono quelle che si vuole fare arrivare e posso anche testimoniare che, per quanto riguarda la Chiesa, il lavoro delle nunziature apostoliche è molto delicato. 

Vi saluto tutti di qui, dove gli africani sorridono sempre e di fronte a qualsiasi dolore (come quello dei genitori che vedono morire i figli perché non hanno soldi per curarli) dicono: “tutti è Grazia”, “Dio farà….”. 

Si, Dio farà… 

Sarà proprio così, allora? 

Forse queste righe ci fanno comprendere che le cose si definiscono in riferimento a quelle relazioni che decidiamo essere costitutive del senso della nostra vita. Noi ci definiamo in base alle mancanze o ai possessi? Viviamo a partire dalla nostra povertà o dalla nostra ricchezza ricevuta da Gesù?

La Parola di Dio ci suggerisce tre nuovi atteggiamenti per potere dare al nostro anno una nuova impronta più umana e progettuale:

1. Salutiamo benedicendoci:  ” Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”. Questo ci dice il Libro dei Numeri. Io so benedire o la mia parola è un’eterna lamentela e un continuo sciorinare di negatività? Il Signore ci accompagnerà ogni domenica per ricordarci come dire-bene la vita e il mondo.

2. Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio: la pienezza arriva sempre, solo e soltanto con il figlio. Pienezza di Tempo è la mia decisione di vivere ogni istante “con tutta l’anima, con tutta la forza, con tutta l’intelligenza, con tutto il cuore” … con tutto. La vita passa nel tutto della mia presenza.

3. Scoprire Dio nel reale e nelle cose di ogni giorno: “In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. E i pastori, gente feriale e normale, diventano annunciatori della gloria e della presenza di Dio: nell’infinitamente piccolo la dimora dell’Infinitamente Immenso.

SANTA FAMIGLIA DI GESÚ, MARIA E GIUSEPPE

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Finisce un anno, ne comincia un altro, celebriamo la festa della Santa Famiglia e di Maria Santissima, Madre di Dio, quante occasioni che si attraggono e si illuminano a vicenda. Rileggi il Vangelo della presentazione al tempio e ti trovi davanti a tre segni che potrebbero inaugurare un modo nuovo di vivere il nostro tempo. 

LO STUPORE: “M’affaccio alla finestra, e vedo il mare:/ vanno le stelle, tremolano l’onde. / Vedo stelle passare, onde passare; / un guizzo chiama, un palpito risponde. / Ecco, sospira l’acqua, alita il vento: / sul mare è apparso un bel ponte d’argento. / Ponte gettato sui laghi sereni, / per chi dunque sei fatto e dove meni?”. Poesia di Pascoli: il mare. É la descrizione dello stupore, fatto di stelle, di onde, guizzi e palpiti, esattamente come la vita: fatta di riferimenti alti, ma anche di movimenti, di variazioni più o meno piacevoli e di spaesamenti dell’anima . Giusto meravigliarsi. E, oltre le sensazioni, la grande domanda da portarsi dentro: “per chi sei fatto, e dove meni?” … tra i consuntivi e i preventivi la domanda di senso passa attraverso la percezione scomoda e comoda dei nostri sensi. Come per Maria e Giuseppe: spade, incomprensioni e meraviglia. Ma sempre disposti a stupirsi. 

LA LODE A DIO: Due anziani si mettono a lodare Dio. Due anziani che sembra, solo al ciglio della loro lunga vita, abbiano avuto l’enorme privilegio di avere visto l’Atteso. La ragione della loro vita. Anziani. Ma non hanno mollato. C’erano e sono stati finalmente trovati. Un invito a non demordere, a tenere il cuore aperto nonostante gli spazi a volte interminabili di attesa, i digiuni e le preghiere apparentemente senza risposte. Anche nel nuovo anno. 

CRESCERE, FORTIFICARSI, DIVENTARE SPAZIO DI GRAZIA: Così capitava a Gesù. Esattamente come noi. Lui si è fatto come noi perchè diventassimo come Lui. Crescere: avresti  voglia  di dire no, di tornare indietro, eppure una forza incontenibile dentro te, che a volte costa il sapore amaro delle lacrime e la dolcezza della speranza  dice di guardare avanti; fortificarsi: attenti al nutrimento e ai passi che si fanno: dove si va? Cosa ci guida? Chi e cosa scelgo per essere forte?; la grazia di Dio è stata trasformata in un privilegio per sedicenti perfetti cristiani senza errori e senza macchia, ma … cosa se ne fanno? Non ne hanno bisogno, bastano a loro stessi.  La grazia di Dio, invece, è stata riversata sui disgraziati, su chi pecca, su chi non sa dove andare, su chi riconosce l’estremo bisogno dell’abbraccio di Dio senza richiesta previa di merito. 

QUARTA DOMENICA DI AVVENTO

CULLA VUOTA

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

Fa impressione vedere la culla vuota davanti all’altare.

Tutto è pronto: fieno, lenzuolo ricamato, culla, manto d’oro che abbraccia le spoglie divine della carne umana di Dio.

Quella culla è il nostro cuore!

Abbiamo camminato, salito quattro scalini di Avventi, celebrato salmi e cantata la venuta del Re.

Questa culla è una domanda!

Ma questa culla si riempirà?

Sarà un parto per farmi dire “parto pure io”, oppure il simbolo di un oblio?

E allora oggi la Parola ci “sfida” di nuovo, perchè il Signore vuole nascere, vuole continuare a INCARNARSI nelle nostre mani, nei nostri piedi, nei nostro pensieri.

“IO TI FARÓ UNA CASA”!

Sì, Signore, ho voluto fare tante cose per te (quando me la sentivo) e mi sono dimenticato che sei Tu che mi costruisci la casa. Che credere in Te significa: “credo che ci sarai a fornirmi il materiale” per dare vita alla mia vita e costruire un mondo migliore intorno a me

“IL TUO É UN AMORE EDIFICATO PER SEMPRE”

Lo accolgo  e voglio confidare in esso. Tirarmi su le maniche e scoprire che darti la precedenza è la possibilità di trovare ciò che conta. Come un buon muratore, che prende le misure dalla Tua Parola, che sa che “se il Signore non costruisce la casa invano faticano i costruttori, invano andate a dormire tardi la sera e presto vi alzate la mattina” …

ECCOMI!

Come Maria. Che mi insegna che se le ANNUNCIAZIONI non creano VISITAZIONI per essere segno del mio ascolto che vive e pulsa, non ci saranno neanche NATALI nella mia vita.

TERZA DOMENICA DEL TEMPO DI AVVENTO

 

Ansamed - Un sito Ansa

 

Dal Vangelo secondo Giovanni: 

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni,
quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo:
«Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?».
Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

Da meditare con attenzione, con grande attenzione: 

“Venne Giovanni, mandato da Dio, per rendere testimonianza alla luce. Il profeta del Giordano è il testimone che la pietra angolare su cui si fonda la storia di Dio non è il peccato ma la luce, non il male ma la grazia. Ad ogni credente è affidata la stessa profezia: avere occhi così limpidi da vedere Dio dovunque, sandali da pellegrino e cuore di luce; essere anche noi rabdomanti del buono e del bello seminato anche nei nostri deserti.

In mezzo a voi sta Uno che voi non conoscete, è così vicino da poterci inciampare: “cercatore verace di Dio / è solo chi inciampa / su di una stella…. e, tentando strade nuove,/ si smarrisce nel pulviscolo / magico del deserto (D. M. Montagna).

Sacerdoti e leviti sono scesi da Gerusalemme, una commissione d’inchiesta istituzionale e clericale, scesa non per capire ma per affermare il loro potere e ribadire il primato del sacerdozio su quel libero profeta, non  allineato, senza autorizzazione. Giovanni era, per nascita, un levita, apparteneva a quella casta sacerdotale maschile, ereditaria e autoreferenziale, che era di suo padre Zaccaria. Sacerdoti si nasceva, si era tali di generazione in generazione. Ma Giovanni, il figlio del miracolo, ha abbandonato il tempio e rinnegato il sacerdozio, diventati il silenzio di Dio, e aveva scelto di essere voce. Tu chi credi di essere? Elia? Il profeta che tutti aspettano? Lo affrontano con sei domande sempre più incalzanti. Ad esse Giovanni risponde “no”, per tre volte, con risposte sempre più brevi; e anziché affermare “io sono” , preferisce dire “io non sono”, svestendosi di proiezioni e attese prestigiose, che forse sono perfino pronti a riconoscergli, se…. Risponde non per addizione di titoli, ma per sottrazione, indicandoci il cammino verso l’essenziale: non si è profeti per accumulo, ma per spoliazione. Davanti al sole, come davanti a Dio, non c’è nulla di meglio che essere nulla, aria, pura trasparenza. Io sono solo voce, parlo parole non mie, che vengono da prima di me, che vanno oltre me.

“Giovanni venne per dare testimonianza alla luce”. Il profeta roccioso e selvatico, l’uomo della sabbia e delle acque, è il testimone del sole. Come Isaia testimonia che la terra non è orfana di Dio, che in qualche parte del mondo, già ora, il lupo e l’agnello pascolano insieme; testimonia che Dio viene, guaritore delle vite, cercatore di prigionieri da rimettere nel sole. “Venne un uomo mandato da Dio” è detto per Giovanni e per me; ognuno è uomo mandato, sillaba pronunciata da Dio chiamandoci all’esistenza, unica e che non ripeterà mai più. Ognuno testimone che Dio c’è, è qui, ed ha un cuore di luce. E il tuo cuore ti dirà che anche tu sei fatto per la luce”.

Un pensiero di gratitudine e benedizione da parte nostra a Ermes Ronchi per questa meravigliosa riflessione!