SESTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – B

COMPLETAMENTE  FUORI!

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Sì, oggi i personaggi del Vangelo, che sono fondamentalmente il lebbroso e Gesù sono “fuori” da ogni punto di vista. Uno all’inizio del racconto, l’altro, Gesù, al termine. 

Da qualche domenica stiamo leggendo il primo capitolo del Vangelo di Marco: Gesù aveva guarito un uomo posseduto dal demonio nella sinagoga di Cafarnao – luogo di preghiera – ; poi, arrivato nella famiglia di Pietro, aveva guarito la suocera – casa, luogo di affetti – e infine davanti alla porta della casa del discepolo aveva guarito “tutti” i malati che gli portavano – il paese, luogo delle relazioni. 

Però Marco non si era accorto che a venire guariti non erano stati propriamente “tutti”; per lo meno, mancava uno all’appello, che era questo lebbroso, uomo obbligato a stare al di fuori dei luoghi religiosi, delle case e dei paesi. Lo imponeva la legge e lo ricorda la prima lettura: “Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento». Dura lex! Terribile. Un uomo che praticamente è una somma di sofferenze e non più uomo, perché, che uomo è uno che non può mettersi in relazione con niente e nessuno? 

Il lebbroso contravviene la legge e ha il coraggio di avvicinarsi a Gesù, che stava ANDANDO ALTROVE … per predicare il Regno di Dio, per liberare dai demoni, che, nonostante tutto si ferma e si fa interpellare dallo strazio di questa situazione. 

Bella la concatenazione di verbi di “presa a carico” del male, che dovrebbero anche interpellare le nostre “compassioni” per domandare quanto aprono risposte alla differenza e prese di posizioni concrete: “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!»” … a volte le nostre compassioni si fermano alla testa, ma se non “tendiamo la mano” per fare qualcosa, a cosa servono? E poi una mano che non si tende per “toccare” la realtà che lo interpella, e per farsi toccare diventa possibilità di scambio, non solo di gesti, ma di comunicazione, trasformata in un dire la propria volontà a ridare luce là dove si trova il buio sulla strada. 

Tutto si paga. Gesù prende in carico il fratello e … “non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti” … “diventa come il lebbroso”, quello che era  obbligato a vivere in luoghi deserti … questo vuol dire prendere totalmente su di sé il destino del fratello che si ama. 

Distruggendo l’apparente solitudine in nuove relazioni, perché, ci ricorda Marco: “venivano a lui da ogni parte”. E non c’è deserto che tenga, anzi. 

Quinta domenica del tempo ordinario

ANDIAMO ALTROVE

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, andò subito nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

È il report di una giornata-tipo di Gesù, scandita dall’alternarsi di tre cose: annunciare, guarire, pregare. Cafarnao è il primo laboratorio del Regno, dove il mondo di Dio si misura con il mondo del dolore. Nella bibbia il futuro inizia sempre, come qui, dalle paludi.

Marco inanella le tre location preferite del Maestro: la strada (Gesù si reca), la casa (di Simone), la folla. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Subito. Fa tenerezza questo preoccuparsi di Simone e Andrea delle loro vicende familiari e metterne a parte Gesù, come si fa con gli amici stretti. Tutto ciò che occupa il cuore dell’uomo entra nel rapporto con Dio.

Egli si avvicinò. Il primo verbo bellissimo, rivelatore: Gesù non sopporta distanze e mostra il suo primo annuncio in atto: il regno si è fatto vicino ( Mc 1,15). Si avvicinò e la prese per mano. Potenza umile dei gesti: mano nella mano, una donna e Dio. Una mano è fatta per innalzarsi in un gesto di invocazione, per stringere altre mani in segno di amicizia o di aiuto, per accarezzare e per proteggere, per ricevere e per dare.

La prende e la solleva: toccare, arte della vicinanza, un parlare con il corpo, forza trasmessa a chi è stanco, fiducia per ogni figlio impaurito, carezza per chi è solo. Gesù la solleva, la fa “ri-sorgere”, la libera. Ed ella li serviva: il servizio è il test della vera guarigione per tutti. Il Vangelo usa lo stesso verbo nel racconto delle tentazioni, quando gli angeli si avvicinarono a Gesù e lo servivano. Una donna, la suocera di Simone, assimilata agli angeli, le creature più vicine a Dio, diventa la prima diaconessa del Vangelo.

Poi, dopo il tramonto del sole, finito il sabato con i suoi divieti (proibito anche visitare gli ammalati) tutto il dolore di Cafarnao si riversa alla porta della casa di Simone: la città intera era riunita davanti alla porta. Davanti a Gesù, in piedi sulla soglia, in piedi tra la casa e la strada, tra la casa e la città; davanti a Gesù che ama le porte aperte, che fanno entrare occhi e stelle, polline di parole e il rischio della vita; davanti alle porte aperte di Dio, s’addensa il dolore del mondo. La casa scoppia di folla e di dolore, e poi di vita ritrovata.

Queste guarigioni compiute dopo il tramonto, quando iniziava il nuovo giorno, sono il collaudo del mondo nuovo, raccontato sul ritmo della Genesi: “e fu sera e fu mattino”. Il miracolo è, nella sua bellezza giovane, l’inizio del primo giorno della vita guarita. Quando era ancora buio, uscì in un luogo segreto e là pregava. Gesù sa inventare spazi, quegli spazi segreti che danno salute all’anima, a tu per tu con Dio, a liberare le sorgenti della vita, così spesso insabbiate.  (Ermes Ronchi) 

QUARTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – b

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

La Parola a Ermes Ronchi, perchè … non si può dire meglio di così: 

Ed erano stupiti del suo insegnamento. Lo stupore: esperienza felice che ci sorprende e scardina gli schemi, che si inserisce come una lama di libertà in tutto ciò che ci saturava: rumori, parole, schemi mentali, abitudini, che ci fa entrare nella dimensione creativa della meraviglia che re-incanta la vita. La nostra capacità di provare gioia è direttamente proporzionale alla nostra capacità di meravigliarci. Salviamo allora lo stupore, la capacità di incantarci ogni volta che incontriamo qualcuno che ha parole che trasmettono la sapienza del vivere, che toccano il nervo delle cose, perché nate dal silenzio, dal dolore, dal profondo, dalla vicinanza al Roveto di fuoco.

Gesù insegnava come uno che ha autorità. Autorevoli sono soltanto le parole che alimentano la vita e la portano avanti; Gesù ha autorità perché non è mai contro ma sempre in favore dell’umano. E qualcosa, dentro chi lo ascolta, lo avverte subito: è amico della vita. Autorevoli e vere sono soltanto le parole diventate carne e sangue, come in Gesù, in cui messaggio e messaggero coincidono. La sua persona è il messaggio.

L’autorità di Gesù è ribellione e liberazione da tutto ciò che fa male: C’era là un uomo posseduto da uno spirito impuro. Il primo sguardo di Gesù si posa sempre sulla sofferenza dell’uomo, vede che è un “posseduto”, prigioniero e ostaggio di uno più forte di lui. E Gesù interviene: non fa discorsi su Dio, non inanella spiegazioni sul male, si immerge nelle ferite di quell’uomo come liberatore, entra nelle strettoie, nelle paludi di quella vita ferita, e mostra che “il Vangelo non è una morale, ma una sconvolgente liberazione” (G. Vannucci).

Lui è il Dio il cui nome è gioia, libertà e pienezza (M. Marcolini) e si oppone a tutto ciò che è diminuzione d’umano. I demoni se ne accorgono: che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci? Sì, Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a spezzare catene; a portare spada e fuoco, per separare e consumare tutto ciò che amore non è; a rovinare i desideri sbagliati da cui siamo “posseduti”: denaro, successo, potere, competizione invece di fratellanza. Ai desideri padroni dell’anima, Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui. Taci, non parlare più al cuore dell’uomo, non sedurlo. Esci dalle costellazioni del suo cielo.

Un mondo sbagliato va in rovina: vanno in rovina le spade e diventano falci (Isaia), si spezza la conchiglia e appare la perla. Perla della creazione è un uomo libero e amante. Lo sarò anch’io, se il Vangelo diventerà per me passione e incanto, patimento e parto. Allora scoprirò “ Cristo, mia dolce rovina” (D.M. Turoldo), felice rovina di tutto ciò che amore non è.

TERZA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PESCATORI DI UOMINI

Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

  1. IL TEMPO É COMPIUTO:  Il tempo, sto famoso tempo che ci manca sempre, e quando ce l’abbiamo non sappiamo bene che farcene. Il tempo per vivere, che quando è domenica va occupato perchè non si sa “come ammazzarlo” … il tempo che nella seconda lettura, per San Paolo si è fatto breve, letteralmente “si è accartocciato”, come una palla di carta che sta in pugno a uno strano fato che muove i fili della storia e per questo, ci ricorda l’Apostolo, non va mai assolutizzato ma vissuto in relazione al suo senso e al suo compimento; il tempo, che, appunto, nel Vangelo è COMPIUTO perchè la vita, dice Gesù, in Lui può trovare il suo senso definitivo. Il Regno è vicino: Gesù è accanto a ogni uomo e ogni donna che lo accolgono e LO vivono. Gesù ci fa una domanda: nel nostro tempo noi in relazione a quali cose lo viviamo? Dove trova la sua stabilità nonostante la contingenza e la precarietà di cui facciamo quotidiana esperienza? Cosa significa che la vita di Dio entra nei minuti della mia giornata e delle mie relazioni? 
  1. INFATTI : Gesù CHIAMA, chiama dei pescatori, e la sua voce “cade” al centro dell’attività di questi uomini che gettavano e riassettavano le reti, perchè, appunto, erano dediti a quell’attività. É bello essere chiamati nel posto in cui siamo. Come dire, la chiamata di Gesù non cambia i nostri mestieri, ma i nostri modi di impostarli e di viverli. Cosa significa per me portare la Parola di Dio nella mia quotidianità? Provo a “ricordare” e “interpretare” il messaggio della salvezza della mia vita e di quella dei miei fratelli cercando di comprendere come può risuonare nello spazio delle mie attività? 
  1. VI FARÓ PESCATORI DI UOMINI:  ed ecco definita l’identità discepolare: PESCARE UOMINI, ossia l’umanità immersa sott’acqua bisognosa di uscirvi per rimettersi in contatto con l’aria e l’ossigeno che danno vita. Venerdì nel Vangelo della Messa Gesù inviava i suoi discepoli definendo con chiarezza il loro compito: “perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni”. Anche questo è il nostro compito: ognuno è chiamato da Gesù per “stare con Lui”, ossia vivere la consapevolezza della sua presenza, e “predicare con il potere di scacciare i demoni”: sembra che la predicazione non sia solo esercizio della voce e della retorica, ma anzitutto annuncio OPERATIVO di una liberazione, anzitutto sperimentata e accolta dall’annunciatore, e poi condivisa. Pescare uomini, ridare vita: mentre un pesce pescato muore, un uomo salvato dall’acqua riceve esistenza e respiro. Scrive bene Semeraro cosa significhi questa operazione: ““Scacciare i demòni significa, nel linguaggio evangelico, liberare in ogni persona la possibilità di essere se stessa senza essere agita da altri, senza essere appunto posseduto e inghiottito in una impersonalità caotica e avvilente che caratterizza ogni diabolica operazione” … Io posseggo una personalità o una im-personalità? Agisco o sono agito? Cosa faccio per permettere a Gesù e al suo annuncio di essere la possibilità di riscatto e liberazione della mia vita? 

FESTA DELL’EPIFANIA

La parola al carissimo Ermes Ronchi che in modo intelligente e poetico ci aiuta a entrare nel senso dell’Epifania. Lo fa ricordandoci che IL VIAGGIO è il dono più bello che possiamo fare a noi e al Signore; che “stando nella propria reggia” e “informandosi da altri”, non potremo arrivare da nessuna parte e non potremo mai conoscere alcuna realtà, che lo “spirito erodiano” soffia sempre dentro di noi, timoroso della novità e spaventato di qualcuno che lo detronizzi dalle sue certezze suicide; che gli errori non devono mai essere i maestri che con l’amarezza e la delusione ci impongono di chiuderci in noi stessi impedendoci definitivamente il cammino di continua rinascita (natale, nostro) NEL Signore Gesù. Coraggio, è passata solo una settimana da quando mandavamo gli auguri di BUON ANNO NUOVO: ci sembra che le nostre parole di stiano trasformando in realtà? 

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

“Epifania, festa dei cercatori di Dio, dei lontani, che si sono messi in cammino dietro a un loro profeta interiore, a parole come quelle di Isaia. «Alza il capo e guarda». Due verbi bellissimi: alza, solleva gli occhi, guarda in alto e attorno, apri le finestre di casa al grande respiro del mondo. E guarda, cerca un pertugio, un angolo di cielo, una stella polare, e da lassù interpreta la vita, a partire da obiettivi alti. Il Vangelo racconta la ricerca di Dio come un viaggio, al ritmo della carovana, al passo di una piccola comunità: camminano insieme, attenti alle stelle e attenti l’uno all’altro. Fissando il cielo e insieme gli occhi di chi cammina a fianco, rallentando il passo sulla misura dell’altro, di chi fa più fatica. Poi il momento più sorprendente: il cammino dei Magi è pieno di errori: perdono la stella, trovano la grande città anziché il piccolo villaggio; chiedono del bambino a un assassino di bambini; cercano una reggia e troveranno una povera casa. Ma hanno l’infinita pazienza di ricominciare. Il nostro dramma non è cadere, ma arrenderci alle cadute. Ed ecco: videro il bambino in braccio alla madre, si prostrarono e offrirono doni. Il dono più prezioso che i Magi portano non è l’oro, è il loro stesso viaggio. Il dono impagabile sono i mesi trascorsi in ricerca, andare e ancora andare dietro ad un desiderio più forte di deserti e fatiche. Dio desidera che abbiamo desiderio di Lui. Dio ha sete della nostra sete: il nostro regalo più grande. Entrati, videro il Bambino e sua madre e lo adorarono. Adorano un bambino. Lezione misteriosa: non l’uomo della croce né il risorto glorioso, non un uomo saggio dalle parole di luce né un giovane nel pieno del vigore, semplicemente un bambino. Non solo a Natale Dio è come noi, non solo è il Dio-con-noi, ma è un Dio piccolo fra noi. E di lui non puoi avere paura, e da un bambino che ami non ce la fai ad allontanarti. Informatevi con cura del  Bambino e poi fatemelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo! Erode è l’uccisore di sogni ancora in fasce, è dentro di noi, è quel cinismo, quel disprezzo che distruggono sogni e speranze. Vorrei riscattare queste parole dalla loro profezia di morte e ripeterle all’amico, al teologo, all’artista, al poeta, allo scienziato, all’uomo della strada, a chiunque: Hai trovato il Bambino? Ti prego, cerca ancora, accuratamente, nella storia, nei libri, nel cuore delle cose, nel Vangelo e nelle persone; cerca ancora con cura, fissando gli abissi del cielo e gli abissi del cuore, e poi raccontamelo come si racconta una storia d’amore, perché venga anch’io ad adorarlo, con i miei sogni salvati da tutti gli Erodi della storia e del cuore”. (Ermes Ronchi) 

MARIA SANTISSIMA, MADRE DI DIO

Luca 2, 16-21 riflessione guido reni

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 

Ieri abbiamo terminato un ciclo temporale con l’immagine di due anziani. Una sorta di conto consuntivo.

Oggi riapriamo il cammino con un bambino che più giovane non si può. Il desiderio di un conto preventivo … Conto, nel senso di “da mettere in conto per la vita” … 

Capodanno, a volte è fonte di preoccupazione … 

Ma le nostre preoccupazioni, sono così vere? 

É proprio vero che non si può fare niente? 

É giusta la nostra indisposizione e la nostra lamentela quasi costante sulla vita?

É giusto pensare la vita sempre a partire da ciò che non abbiamo anzichè da quanto possediamo?

Vi rispondo con le righe scritte da un’amica di una mia amica …

Vi scrivo dal Bénin, stato confinante con la Nigeria. 

Qui il Natale non esiste, non esiste capodanno, non esiste Pasqua, non esistono feste…. C’è la vita di tutti i giorni, sempre la stessa, finché c’è…. E non ha alcun valore agli occhi umani perché se così non fosse non sarebbe possibile che “noi” continuassimo a vivere in condizioni vergognosamente agiate e permettessimo a dei nostri fratelli e sorelle di vivere ogni giorno nella miseria. 

Le informazioni che ci arrivano sono quelle che si vuole fare arrivare e posso anche testimoniare che, per quanto riguarda la Chiesa, il lavoro delle nunziature apostoliche è molto delicato. 

Vi saluto tutti di qui, dove gli africani sorridono sempre e di fronte a qualsiasi dolore (come quello dei genitori che vedono morire i figli perché non hanno soldi per curarli) dicono: “tutti è Grazia”, “Dio farà….”. 

Si, Dio farà… 

Sarà proprio così, allora? 

Forse queste righe ci fanno comprendere che le cose si definiscono in riferimento a quelle relazioni che decidiamo essere costitutive del senso della nostra vita. Noi ci definiamo in base alle mancanze o ai possessi? Viviamo a partire dalla nostra povertà o dalla nostra ricchezza ricevuta da Gesù?

La Parola di Dio ci suggerisce tre nuovi atteggiamenti per potere dare al nostro anno una nuova impronta più umana e progettuale:

1. Salutiamo benedicendoci:  ” Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”. Questo ci dice il Libro dei Numeri. Io so benedire o la mia parola è un’eterna lamentela e un continuo sciorinare di negatività? Il Signore ci accompagnerà ogni domenica per ricordarci come dire-bene la vita e il mondo.

2. Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio: la pienezza arriva sempre, solo e soltanto con il figlio. Pienezza di Tempo è la mia decisione di vivere ogni istante “con tutta l’anima, con tutta la forza, con tutta l’intelligenza, con tutto il cuore” … con tutto. La vita passa nel tutto della mia presenza.

3. Scoprire Dio nel reale e nelle cose di ogni giorno: “In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. E i pastori, gente feriale e normale, diventano annunciatori della gloria e della presenza di Dio: nell’infinitamente piccolo la dimora dell’Infinitamente Immenso.

SANTA FAMIGLIA DI GESÚ, MARIA E GIUSEPPE

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Finisce un anno, ne comincia un altro, celebriamo la festa della Santa Famiglia e di Maria Santissima, Madre di Dio, quante occasioni che si attraggono e si illuminano a vicenda. Rileggi il Vangelo della presentazione al tempio e ti trovi davanti a tre segni che potrebbero inaugurare un modo nuovo di vivere il nostro tempo. 

LO STUPORE: “M’affaccio alla finestra, e vedo il mare:/ vanno le stelle, tremolano l’onde. / Vedo stelle passare, onde passare; / un guizzo chiama, un palpito risponde. / Ecco, sospira l’acqua, alita il vento: / sul mare è apparso un bel ponte d’argento. / Ponte gettato sui laghi sereni, / per chi dunque sei fatto e dove meni?”. Poesia di Pascoli: il mare. É la descrizione dello stupore, fatto di stelle, di onde, guizzi e palpiti, esattamente come la vita: fatta di riferimenti alti, ma anche di movimenti, di variazioni più o meno piacevoli e di spaesamenti dell’anima . Giusto meravigliarsi. E, oltre le sensazioni, la grande domanda da portarsi dentro: “per chi sei fatto, e dove meni?” … tra i consuntivi e i preventivi la domanda di senso passa attraverso la percezione scomoda e comoda dei nostri sensi. Come per Maria e Giuseppe: spade, incomprensioni e meraviglia. Ma sempre disposti a stupirsi. 

LA LODE A DIO: Due anziani si mettono a lodare Dio. Due anziani che sembra, solo al ciglio della loro lunga vita, abbiano avuto l’enorme privilegio di avere visto l’Atteso. La ragione della loro vita. Anziani. Ma non hanno mollato. C’erano e sono stati finalmente trovati. Un invito a non demordere, a tenere il cuore aperto nonostante gli spazi a volte interminabili di attesa, i digiuni e le preghiere apparentemente senza risposte. Anche nel nuovo anno. 

CRESCERE, FORTIFICARSI, DIVENTARE SPAZIO DI GRAZIA: Così capitava a Gesù. Esattamente come noi. Lui si è fatto come noi perchè diventassimo come Lui. Crescere: avresti  voglia  di dire no, di tornare indietro, eppure una forza incontenibile dentro te, che a volte costa il sapore amaro delle lacrime e la dolcezza della speranza  dice di guardare avanti; fortificarsi: attenti al nutrimento e ai passi che si fanno: dove si va? Cosa ci guida? Chi e cosa scelgo per essere forte?; la grazia di Dio è stata trasformata in un privilegio per sedicenti perfetti cristiani senza errori e senza macchia, ma … cosa se ne fanno? Non ne hanno bisogno, bastano a loro stessi.  La grazia di Dio, invece, è stata riversata sui disgraziati, su chi pecca, su chi non sa dove andare, su chi riconosce l’estremo bisogno dell’abbraccio di Dio senza richiesta previa di merito.