QUARTA DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA

LUCE SIA! 

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. … i farisei gli chiesero: “Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo?” … Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Domenica scorsa Gesù ci dava l’acqua viva, e non solo. Ci dava quell’acqua unica che solo Dio  può donare e non abbisogna di secchio, non si spaventa davanti alla profondità del pozzo, ma offre la forza per continuare ad attingere e trasforma la nostra acqua stagnante in acqua zampillante ed eterna. La Samaritana capisce che proprio di quell’acqua aveva bisogno, e proprio per questo parte, abbandonando la sua brocca al pozzo, per correre a raccontare ai suoi compaesani che era arrivato il Messia. 

Oggi il Vangelo, dopo averci dissetato, ci apre gli occhi e ci fa incontrare con Gesù che diventa il “correttore ottico” delle nostre visioni alienate sul mondo. Delle nostre cecità. Il contatto con la sua mano diventa possibilità di vederci di nuovo. Diventa NUOVA CREAZIONE e ci fa NUOVE CREATURE … fece del fango Gesù, esattamente come Dio che crea il mondo, inaugurando così la nascita di un uomo diverso, non più prigioniero dei suoi pensieri e delle sue miopi parole. Insomma, Gesù è qui per guarirci, per i malati e non per i sani … per noi!  

Come fare esperienza di questa parola? Aprendoci, ascoltando e fidandoci. Infatti i samaritani, pur vedendo che cosa è accaduto, pur avendo interrogato l’uomo guarito, pur avendo sentito cosa dicevano i genitori del loro figlio cieco … non credono, non vedono e non capiscono.  Per questo il Vangelo, alla domanda su come Gesù avesse fatto questo miracolo si sentono rispondere in modo sarcastico e intelligente: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo?” … della serie, si vede solo con un cuore capace di ascolto. 

Infine, Gesù parla all’uomo vedente e a noi domandandoci: “tu, credi al Figlio dell’uomo?”, e definendo chi è: “COLUI CHE PARLA CON TE”. Forse anche noi dovremmo intensificare quel dialogo con il Vangelo che giorno per giorno ci ricorda questa solo cosa: io posso conoscere il Figlio di Dio a partire dal momento in cui ne riconosco la sua identità che è tale perchè in relazione. Lui è COLUI CHE MI PARLA. Cosa significa per me ascoltarlo? La mia relazione con Lui è un monologo o anche accoglienza della sua Parola che incontra la mia? 

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

POZZI … CON UN FONDO

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere» … «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua … “ 

Il Vangelo di domenica in realtà è molto più lungo e articolato e lo si può comprendere solo nel suo insieme. Chi vuole lo vada a leggere, magari in un momento di silenzio e raccoglimento e facendosi le solite due domande che ci diciamo di rivolgere a noi stessi ogni volta che ci troviamo davanti alla Scrittura, ossia: “Cosa dice?” e “Cosa MI dice?”. Questo è l’unico modo che permette a un fatto statico come la stampa di una parola e la sua lettura corsiva di trasformarla in un evento, perchè Gesù, come ogni cosa significativa della vita, entra in noi, nel momento in cui vengono coinvolte la mente e il cuore. 

Ebbene, provo a condividere tre riflessioni che MI HA suggerito  il Vangelo della Samaritana. Per qualcun altro, saranno altri, non è un problema, l’importante è che la Parola si trasformi in suono interpellante e coinvolgente. 

Mi piace pensare a Gesù AFFATICATO CHE SIEDE PRESSO IL POZZO. É la figura della nostra umanità. Il disegno della nostra povertà e della nostra contingenza. Noi siamo così: persone in cammino che affaticate cercano dei pozzi per ristorare le proprie fatiche e reintegrare nuove energie e nuove forze. Gesù ci parla sempre a partire da quello che ci accomuna e mai da quello che ci separa, e ogni Sua Parola è la possibilità di reperire il senso sempre nuovo del nostro essere in un Centro che dà senso a ogni cosa, il Padre Suo e nostro. La sete. La Croce. La precarietà. Luoghi dove ABITA e RISIEDE il Figlio di Dio e dove ognuno noi passa per trovare un Compagno di viaggio che è anche IL Salvatore e l’indicazione del nostro destino in Dio. 

ATTINGERE ACQUA: Già, bel problema. Forse attingiamo acque che non sempre ci dissetano, o dalla conformazione chimico-spirituale non esageratamente pura, se non addirittura inquinata. E pensare che l’unico intento di Gesù è quello di essere quell’acqua pura che tanto noi cerchiamo e aneliamo. E pensare che basterebbe “volerlo” … “tu stesso gliela chiederesti se conoscessi il dono di Dio e  chi è che ti chiede da bere” … A volte non siamo dissetati perchè, in verità, non chiediamo al Signore di mantenere per noi la Sua Promessa. 

L’ACQUA CHE IO GLI DARÒ DIVENTERÀ IN LUI UNA SORGENTE D’ACQUA CHE ZAMPILLA PER LA VITA ETERNA: della serie: “Maria ha scelto la parte migliore”. Non si tratta semplicemente di ricevere. La grande sorpresa è cominciare a sentirsi trasformati. La grande sorpresa è percepire nuovamente che tutto si trasforma in vita. E quando c’è questo ci siamo, al punto di partenza! 

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

ILLUMINATI D’IMMENSO

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore,
è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «
Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

La Quaresima, quel tempo che diresti sotto il segno della penitenza, ci spiazza subito con un Vangelo pieno di sole e di luce. Dai 40 giorni del deserto di sabbia, al monte della trasfigurazione; dall’arsura gialla, ai volti vestiti di sole. La Quaresima ha il passo delle stagioni, inizia in inverno e termina in primavera, quando la vita intera mostra la sua verità profonda, che un poeta esprime così:

«Tu sei per me ciò ch’è la primavera per i fiori» (G. Centore).

«Verità è la fioritura dell’essere» (R. Guardini).

«Il Regno dei cieli verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme» (G. Vannucci).

Il percorso della realtà è come quello dello spirito: un crescere della vita.Gesù prende con sé i tre discepoli più attenti, chiama di nuovo i primi chiamati, e li conduce sopra un alto monte, in disparte. Geografia santa: li conduce in alto, là dove la terra s’innalza nella luce, dove l’azzurro trascolora dolcemente nella neve, dove nascono le acque che fecondano la terra. «E si trasfigurò davanti ai loro occhi». Nessun dettaglio è riferito se non quello delle vesti di Gesù diventate splendenti. La luce è così eccessiva che non si limita al corpo, ma dilaga verso l’esterno, cattura la materia degli abiti e la trasfigura. Le vesti e il volto di Gesù sono la scrittura, anzi la calligrafia del cuore. L’entusiasmo di Pietro, quella esclamazione stupita: che bello qui! Ci fanno capire che la fede per essere pane, per essere vigorosa, deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un «che bello» gridato a pieno cuore. Il compito più urgente dei cristiani è ridipingere l’icona di Dio: sentire e raccontare un Dio luminoso, solare, ricco non di troni e di poteri, ma il cui tabernacolo più vero è la luminosità di un volto; un Dio finalmente bello, come sul Tabor.

Ma a noi non interessa un Dio che illumini solo se stesso e non illumini l’uomo, «non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano. Un Dio cui non corrisponda la fioritura dell’umano, il rigoglio della vita, non merita che a Lui ci dedichiamo» (D. Bonhoeffer).

Come Pietro, siamo tutti mendicanti di luce. Vogliamo vedere il mondo in altra luce, venire davvero alla luce, perché noi nasciamo a metà, e tutta la vita ci serve per nascere del tutto.Viene una nube, e dalla nube una Voce, che indica il primo passo: ascoltate lui! Il Dio che non ha volto, ha invece una voce. Gesù è la Voce diventata Volto e corpo. Il suo occhi e le sue mani sono il visibile parlare di Dio.

Come il Signore Gesù abbiamo dentro non un cuore di tenebra ma un seme di luce. La via cristiana altro non è  che la fatica gioiosa di liberare tutta la luce e la bellezza seminate in noi. (Ermes Ronchi) 

Questa settimana potrebbe essere bello rileggere il Vangelo e il commento stupendo di Ermes Ronchi tutte le sere quando facciamo la nostra preghiera, soffermandosi sulle parole scritte in grassetto, perchè ci interpellino nel profondo. 

SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LOGICHE ILLOGICHE (?) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi,
se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico:
amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Continua il Vangelo di domenica scorsa. Gesù educa i suoi discepoli con delle parole che per noi hanno qualcosa di strabiliante, quasi impossibili da vivere. Appunto, adeguate alla richiesta di diventare “perfetti come il Padre Celeste” … ossia, impossibile come realizzazione, ma plausibile e realizzabile come desiderio e orientamento. E noi siamo il nostro viaggio, non soltanto il nostro destino. Mi piace pensare queste parole estreme, di Gesù che è l’Applicazione Vivente della Parola del Padre … pensare all’apparente pazzia di queste richieste, per constatare, però, che la loro non applicazione provoca e genera un mondo sempre in conflitto, diviso, violento, bellico e difensivo. E mi chiedo: ma siamo rinchiusi tra due proposte di pazzia o una ha ragione e l’altra torto? Paolo ci avvisa: “Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».

Effettivamente non possiamo dargli tutti i torti … tuttavia continuiamo a cadere e distruggerci per mezzo della nostra astuzia e della vanità delle nostre prospettive belligeranti … circa una sessantina di guerre sono in atto nei nostri giorni … un miliardo di microguerre occupano le nostre menti e i nostri cuori. Sarebbe allora bello “dare il nostro contributo”, ossia essere una attiva contestazione di pace a quanto vorrebbe spegnere le nostre speranze rendendo la vita una catena di anelli nella quale ci avviluppiamo senza possibilità di uscita. 

E allora, porgere l’altra guancia non potrebbe forse significare aprire una nuova possibilità, cercare una soluzione vera, fare un primo grande gesto di discontinuità rispetto alla stupida e gratuita violenza che riempie le nostre bocche e le nostre relazioni? Lasciare il mantello non potrebbe diventare un gesto di generosità e ulteriorità rispetto ai piccoli furti mafiosi di cui è costellata la nostra comunicazione, il nostro modo di pensare e di vivere insieme? Fare due miglia mettendo a disposizione il nostro tempo, la nostra intelligenza e la nostra presenza non potrebbe diventare un tempo nuovo in grado di aprire orizzonti, magari parlandosi, ascoltandosi, accogliendosi nelle nostre diversità? Per arrivare ad amare i nemici, che non è un gesto con il quale dico “che bello avere qualcuno contro di me”, ma il modo diverso di  approcciarsi a chi non penso che sia come me … con una forza particolare, però, quella di chi ama perchè ha pregato per i suoi persecutori. E forse, anche se alla fine, questa è la cosa più importante: inizia una storia dell’amore nel momento in cui siamo radicati, rafforzati, generati e inseriti fortemente in un dialogo significativo che ci fa sentire in Dio: la preghiera. “Senza di me non potete fare nulla” ci ricorda Gesù. E noi “cristiani” dovremmo ricordarlo a noi stessi. 

SESTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Se … Ma … 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

 

Ma io vi dico. Gesù entra nel progetto di Dio non per rifare un codice, ma per rifare il coraggio del cuore, il coraggio del sogno. Agendo su tre leve decisive: la violenza, il desiderio, la sincerità. Fu detto: non ucciderai; ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, chi nutre rancore è potenzialmente un omicida. Gesù va diritto al movente delle azioni, al laboratorio dove si assemblano i gesti. L’apostolo Giovanni affermerà una cosa enorme: «Chi non ama suo fratello è omicida» (1 Gv 3,15). Chi non ama, uccide. Il disamore non è solo il mio lento morire, ma è un’incubatrice di violenza e omicidi. Ma io vi dico: chiunque si adira con il fratello, o gli dice pazzo, o stupido, è sulla linea di Caino…

Gesù mostra i primi tre passi verso la morte: l’ira, l’insulto, il disprezzo, tre forme di omicidio.

L’uccisione esteriore viene dalla eliminazione interiore dell’altro. Chi gli dice pazzo sarà destinato al fuoco della Geenna.  Geenna non è l’inferno, ma quel vallone alla periferia di Gerusalemme, dove si bruciavano le immondizie della città, da cui saliva perennemente un fumo acre e cattivo. Gesù dice: se tu disprezzi e insulti il fratello tu fai spazzatura della tua vita, la butti nell’immondizia; è ben più di un castigo, è la tua umanità che marcisce e va in fumo. Ascolti queste pagine che sono tra le più radicali del Vangelo e capisci per contrasto che diventano le più umane, perché Gesù parla solo della vita, con le parole proprie della vita: «Se tu custodisci le mie parole, esse ti custodiranno» (Prov 4,4), e non finirai nell’immondezzaio della storia.

Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio. Ma io vi dico: se guardi una donna per desiderarla sei già adultero. Non dice semplicemente: se tu desideri una donna; ma: se guardi per desiderare, con atteggiamento predatorio, per conquistare e violare, per sedurre e possedere, se la riduci a un oggetto da prendere o collezionare, tu commetti un reato contro la grandezza di quella persona. 

Adulterio viene dal verbo a(du)lterare che significa: tu alteri, cambi, falsifichi, manipoli la persona. Le rubi il sogno di Dio. Adulterio non è tanto un reato contro la morale, ma un delitto contro la persona, deturpi il volto alto e puro dell’uomo.

Terza leva: Ma io vi dico: Non giurate affatto; il vostro dire sia sì, sì; no, no. Dal divieto del giuramento, Gesù va fino in fondo, arriva al divieto della menzogna. Di’ sempre la verità e non servirà più giurare. Non abbiamo bisogno di mostraci diversi da ciò che siamo nell’intimo. Dobbiamo solo curare il nostro cuore, per poi prenderci cura della vita attorno a noi; c’è da guarire il cuore per poi guarire la vita. (Ermes Ronchi) 

QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO A

LUCE E SALE 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Voi siete il sale, voi siete la luce. Siete come un istinto di vita che penetra nelle cose, come il sale, si oppone al loro degrado e le fa durare.Siete un istinto di bellezza, che si posa sulla superficie delle cose, le accarezza, come la luce, e non fa violenza mai, ne rivela invece forme, colori, armonie e legami. Così il discepolo-luce è uno che ogni giorno accarezza la vita e rivela il bello delle persone, uno dai cui occhi emana il rispetto amoroso per ogni vivente.

Voi siete il sale, avete il compito di preservare ciò che nel mondo vale e merita di durare, di opporvi a ciò che corrompe, di far gustare il sapore buono della vita.Voi siete la luce del mondo. Una affermazione che ci sorprende, che Dio sia luce lo crediamo; ma credere che anche l’uomo sia luce, che lo sia anch’io e anche tu, con i nostri limiti e le nostre ombre, questo è sorprendente. E lo siamo già adesso, se respiriamo vangelo: la luce è il dono naturale di chi ha respirato Dio.Chi vive secondo il vangelo è una manciata di luce gettata in faccia al mondo (Luigi Verdi).

E non impalcandosi a maestro o giudice, ma con i gesti: risplenda la vostra luce nelle vostre opere buone. Sono opere di luce i gesti dei miti, di chi ha un cuore bambino, degli affamati di giustizia, dei mai arresi cercatori di pace, i gesti delle beatitudini, che si oppongono a ciò che corrompe il cammino del mondo: violenza e denaro. Quando due sulla terra si amano compiono l’opera: diventano luce nel buio, lampada ai passi di molti, piacere di vivere e di credere. In ogni casa dove ci si vuol bene, viene sparso il sale che dà sapore buono alla vita.Mi sembra impossibile, da parte di Gesù, riporre tanta stima e tanta fiducia in queste sue creature! In me, che lo so bene, non sono né luce né sale. Eppure il vangelo mi incoraggia a prenderne coscienza: Non fermarti alla superficie di te, al ruvido dell’argilla di cui sei fatto, cerca in profondità, verso la cella segreta del cuore, scendi nel tuo santuario e troverai una lucerna accesa, una manciata di sale: frammento di Dio in te.

 

L’umiltà della luce e del sale: la luce non illumina se stessa, nessuno mangia il sale da solo. Così ogni discepolo deve apprendere la loro prima lezione: a partire da me, ma non per me. La povertà del sale e della luce è perdersi dentro le cose, senza fare rumore né violenza, e risorgere con loro. Come suggerisce il profeta Isaia: Illumina altri e ti illuminerai, guarisci altri e guarirà la tua ferita (Isaia 58,8). Non restare curvo sulle tue storie e sulle tue sconfitte, chi guarda solo a se stesso non si illumina mai. Tu occupati della terra e della città, e la tua luce sorgerà come un meriggio di sole. (Ermes Ronchi) 

QUARTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

BEATO TE! 

Dal Vangelo secondo Matteo

 In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Venerdì 27 gennaio abbiamo vissuto il GIORNO DELLA MEMORIA, nel quale in tutto il mondo si sono ricordati i caduti nei campi di concentramento d’Europa. Una data che raggruppa in sé tutte le tragedie e le ingiustizie, non solo quella della Shoah. Un giorno che deve diventare memoria di un fatto disumano, affinché il ricordo possa aprire strade nuove e inaugurare un volto sempre più umano a partire dai gesti, dalle parole, dagli atteggiamenti e dai pensieri di chi non vuole rimanere indifferente. 

Perchè il problema è SEMPRE legato alla MEMORIA: siamo tutti stizziti, risentiti e arrabbiati, pronti a denunciare le ingiustizie dell’universo, ma non ricordiamo che OGNI GIORNO è il campo di battaglia dove  scelte personali, al di là delle manifestazioni pubbliche che sovente lasciano il tempo che trovano, diventano la contestazione attiva e buona di quanto è cattivo e ingiusto. 

Lo stesso dicasi per la Parola di Dio. É troppo facile l’oblio. Leggevo una bellissima riflessione di un gesuita, il quale, a tal proposito affermava: “IL COMPITO DELLA VOLONTÁ É MANTENERE IL VIANDANTE IN STATO DI VIGILANZA”. É vero: ogni persona – che per definizione è un essere in cammino, evoluzione e trasformazione dal momento che decide di vivere – per non dimenticare tanto facilmente quello che crede e vuole, deve essere MOLTO VIGILANTE, perchè nel mondo tutto tende e sequestrarci i buoni propositi e le intenzioni che potrebbero dare svolte nuove ai nostri giorni. Come quel passerotto della parabola del seminatore, pronto a beccare quel piccolo seme desideroso di vita. Le preoccupazioni … 

Oggi il Vangelo allora ci ricorda alcune cose che potrebbero aiutarci a vivere la nostra settimana a partire da una memoria attiva e partecipe. Anzitutto che le beatitudini sono per i discepoli, ossia, coloro che “si staccano dalla folla per avvicinarsi” a Gesù e ascoltarlo. É un particolare di non poco conto che ci può fare pensare a quanto tempo al giorno riusciamo a dedicare a Lui per essere e diventare sempre più suoi discepoli. Che poi, significa, magari, alzarsi la mattina ripensando il Vangelo  della domenica. Oppure leggere il Vangelo del giorno e scegliere una parola da vivere. Tutti modi per “avvicinarci” al maestro che ci parla. Potrebbe anche essere utile pensare ai “perseguitati per la giustizia”, che poi significa, in fondo, coloro che devono subire l’ingiustizia del mondo, chiedendoci quanto siamo capaci di schierarci a suo favore con scelte chiare e ben determinate. La memoria dei campi di sterminio ha molto da dirci. 

Questa settimana in Parrocchia ci sarà una statua di una Madonna uguale a quella che c’era nella baracca dei preti del campo di concentramento di Dachau: riferimento di forza e di vita che, in Maria, ci ricorda che a tenerci desti sono i riferimenti da noi scelti per darle un senso e un contenuto. Come Maria, che impara a essere Madre dal suo Figlio. Vi invito a fare una visita in Chiesa per fare una preghiera davanti a Lei, affidarle tutti i dolori del mondo e chiedere la forza per essere la contestazione vivente e vigilante di tutto ciò che si oppone alla vita, alla luce e alla giustizia. Gesù ce lo ricordava bene nel vangelo di domenica scorsa: siamo mandati per diventare pescatori di uomini, ossia portatori di aria e ossigeno di un mondo che a volte non respira più.