SABATO 13 MARZO

 

IL VANGELO DI OGGI 

“Mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa”.

Un pensiero per il giorno … 

Oggi riporto soltanto un versetto del Vangelo, quello del Figliol Prodigo, che parla del centro  da cui tutto parte  e a cui tutto arriva: il cuore del padre. A fare da perno di equilibrio alla conosciutissima narrazione della Parabola – che sarebbe meglio dire del Padre Misericordioso –  è infatti, proprio il cuore di questo padre in attesa, che è lì, che scruta la strada polverosa per vedere se verrà  di nuovo calpestata dai piedi di quel giovane figlio autoesiliatosi dal suo affetto e dalla vita. 

Da cosa parte quel viaggio di ritorno?  Dalla scelta del ragazzo di “rientrare in se stesso”.  

In questi giorni, anche noi, volenti o nolenti, siamo costretti a “rientrare in noi stessi”, a “stare nelle nostre case” … a volte proviamo del disagio, non ci siamo più abituati. Su Whatsapp gira anche una simpatica battuta: “Sono rimasto a casa mia con la mia famiglia, sembrano brave persone!” 

Rientrare e stare un po’ in noi stessi può sembrare immediatamente un disagio, ma può farci anche un gran bene. Magari per ripensare il nostro futuro. Magari per ricominciare a comprendere che a partire da questo tempo ci sentiremo sempre di più parte di un unico mondo e di un unico grande respiro … e magari per riscoprire che non tutti i mali verranno per nuocere ma a volte possono aiutarci a “tornare in vita e a ritrovarci”! 

Per riflettere:

Cosa “provo”  quando rientro in me stesso? 

Quando finirà questo periodo, cosa farò per “tornare in vita” e per “ritrovarmi”? 

 

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

Quando saremo docili,
quando la mitezza avrà pervaso l’anima Quando il nostro io,
quello dei principi senza apertura
sarà sottomesso,
quando avremo voluto con ogni forza tutto questo…
entra in noi.
E pervasi di Te,
potremo guardare
con gli occhi di Gesù
e nei pensiero avremo il suo…

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

Coì da donare amore, dalla mani e dal cuore e da ogni cellula di noi.
Essere ad immagine e somiglianza di Dio. Avrà così il suo dolce compimento senza fine e nei pensiero avremo il suo…

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

 

 

ORE 15,00: CATECHISMO PER LE MEDIE

A tutti i ragazzi delle medie un caro saluto!  Resistete! Approfittate di questo tempo anche per pensare, inventare qualcosa di nuovo, ri-immaginare un futuro che, spero dopo questa esperienza, non ci vedrà più uguali, ma avrà sempre più bisogno della responsabilità di tutti noi … INSIEME!

Ciao!

 

Don Luigi,  le Caterine, Margherita e Daniela.

VENERDI 13 MARZO

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.  Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.  Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».  Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:  “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Un pensiero … 

Oggi la Parola di Dio parla di gente che “va alla ricerca”: nel libro della Genesi c’è Giuseppe che va alla ricerca dei suoi fratelli, nel Vangelo il padrone della vigna, che, per incontrare i suoi affittuari, invia i suoi servi e, infine, il suo figlio. Vanno a cercare delle persone per cercare dei frutti, ma altro non trovano che violenza e cattiveria. Rifiuto. Eppure era il fratello, eppure era il figlio del padrone della vigna, “almeno di lui avranno rispetto!” … e invece no! Sappiamo tutti di chi stia parlando il Vangelo, che oggi ci incontra facendoci una domanda: “tu, la tua vita la consideri un’eredità da possedere o un compito, diciamo pure “unico”, in affitto, ossia da “fruttificare”? Il possesso ci inganna e ci rende schiavi, la grata laboriosità della nostra risposta ci apre verso nuove possibilità. 

Bene, oggi il Vangelo, Giuseppe,  vengono a cercare pure noi. In questi giorni-Coronavirus  la situazione che stiamo vivendo “ci viene a cercare” … che cosa ci stanno insegnando? Quando penso al fatto che la vita sia disponibilità a farsi trovare, mi viene in mente una canzone di Battiato, che si intitola proprio “Ti vengo a cercare” (andate a sentirla, ascoltatela) … alla fine dice: “Questo secolo oramai alla fine / Saturo di parassiti senza dignità / Mi spinge solo ad essere migliore / Con più volontà / Emanciparmi dall’incubo delle passioni / Cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male / Essere un’immagine divina / Di questa realtà”. Parole da soppesare col bilancino. 

Per riflettere …

In questi giorni da chi, da che cosa mi faccio incontrare? 

Quali pensieri mi stanno cercando? 

Sono convinto che il mondo ha bisogno di me per diventare migliore? 

GIOVEDI DELLA PAROLA DI DIO

Cari amici, non ci troviamo in Parrocchia, ma vi voglio offrire degli spunti per cominciare a pensare il Vangelo di Domenica prossima, anche se, purtroppo, non ci incontreremo intorno all’Eucarestia.

Il testo è quello famosissimo della Samaritana che Gesù incontra al pozzo.

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Il testo è famoso, non è semplicemente un resoconto di un fatto della vita di Gesù ma un racconto che vuole dirci tante cose.

La città di Sicar, era la famosa città di Sichem famosa ai temi dei partiarchi; qui c’era L’ASSEMBLEA DI SICHEM, qui Giosuè chiese al popolo “quale Dio volesse adorare”: il Signore che li ha liberati dall’Egitto o gli dei? Sicar si trova tra il monte Ebal e quello Garizim. 

A Sicar c’erano 2 sorgenti d’acqua, perchè la donna va al pozzo che si trova a 800 – 900 mt.  dalla sua città? 

Qui, c’è scritto, che Gesù DOVEVA passarci. Una necessità che si realizza nel popolo pagano della Samaria. 

Poco prima nel Vangelo viene ricordata la figura del Battista a cui viene chiesto: “chi sei?”. E lui risponde: “io sono l’amico dello sposo”. 

Questa donna ha avuto tanti amanti ma non ha mai avuto uno sposo definitivamente. 

Nell’Antico Testamento si pensava a Dio come a un uomo che ama, come uno sposo che viene a cercarsi la sposa. Osea, il profeta, lo racconta con la sua vicenda personale: era innamorato di Gomer, prostituta sacra, che lo sposa;  un giorno la donna se ne va lui va a ricercarla. Osea rilegge la sua storia come quella di Dio con il suo popolo. 

Gesù, dunque, affaticato per il viaggio si ferma a quel pozzo, profondo 32 mt., ancora oggi in funzione. 

La donna si fa quasi un km.  a piedi perchè qui arrivavano i pastori, i mercanti, gli innamorati. Nell’Antico Testamento tante coppie  si conoscono al pozzo e poi si sposano. 

Dunque il Vangelo fa questo richiamo al simbolismo del pozzo. Ci si incontra davanti a diversi pozzi. 

L’evangelista dà un significato simbolico a questo incontro. I discepoli erano andati a Sicar a comprare cibo. E Gesù rimane solo al pozzo. Questa donna di Samaria rappresenta  Israele che non è fedele al suo Dio. Dio aveva bisogno di riprendersi la sposa.  (E non c’è nessuna donna che va a mezzogiorno ad attingere, fa troppo caldo). Questa donna non ha un nome. É figura generica definita solo dal suo essere SAMARITANA, ossia, di un popolo imbastardito dal paganesimo. 

DAMMI DA BERE nella cultura semitica è una richiesta che significa bisogno di amore, di ospitalità. Il Salmo 83 dice: “di Te ha sete l’anima mia”. 

L’uomo con i suoi idoli riesce ad andare avanti, ma CHI STA MALE É DIO! Lui va dai suoi figli per ri-cercarli e amarli. 

E poi: di chi si innamora Dio? Dei dei santi o dei perfetti, di chi non ha difetti?  No! IL vangelo dice che Gesù-Dio per noi Dio fa un lunghissimo viaggio per chiedere da bere e innamorarsi. E va a chiedere scambio di acqua e amore a una donna. La sete di Dio e di infinito riemerge in ogni uomo. Noi la possiamo cercare con gli idoli e altri surrogati, ma il nostro cuore è fatto per l’INFINITO. Non possiamo farla tacere. Le cose più importanti non sono solo quelle che conquistiamo, ma anzitutto quelle che ci vengono donate. É Dio il grande donatore e la donna non capisce perchè ripiegata sempre e solo sulla sua anfora. 

Gesù dice che dà un’acqua che diventa SORGENTE ZAMPILLANTE per tutte le seti che noi possiamo avere.

Alla donna Gesù dice di “cercare il suo sposo!” Perché quello che ha trovato non è il vero marito che cercava. Gesù non minaccia,  ha una tecnica di approccio a questa donna cercando di fare capire che c’è UN DIO SPOSO CHE DÁ SENSO E DIVENTA L’AMORE CHE RIEMPIE TUTTA LA VITA: altrimenti ci saranno sempre nuovi idoli, e non si sarà mai sazi. 

“CREDI A ME, DONNA”, vuol dire affidarsi, innamorarsi. La chiama DONNA! Donna che cerca il suo sposo.  Donna che vive perché ha trovato il suo amore. 

E la donna dimentica l’anfora che rimane vuota, perchè la donna non ha bisogno di ricorrere a quell’acqua che non disseta mai. 

GIOVEDI 12 MARZO

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.

E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». 

Un pensiero per la giornata … 

In questi giorni mi ritorna continuamente in mente un  verso di una poesia di Eliot, che diceva: “nella mia fine il mio inizio” (in my end is my beginning). Mi viene in mente perchè penso che la pandemia che stiamo vivendo parli proprio di questo: una fine che se verrà presa in considerazione con saggezza e serietà,  una volta debellata, potrebbe diventare inizio di qualcosa di nuovo, totalmente diverso per l’umanità. “Se!”. Perchè tutto è collegato a questa piccola sillaba che contiene il mondo. Se penso alla parola FINE, poi, mi viene in mente la parola CON-FINE, che richiama un limite, uno spazio circoscritto, quello del ricco epulone,  benvestito e con la pancia piena, ma ben distante dal poveretto che giaceva alla sua porta e gratificato solo dall’attenzione dei cani che gli leccavano le piaghe. Il ricco epulone non vedeva da vicino (quando stava bene) ma “vide di lontano” (quando stava male) Abramo, e Lazzaro a accanto a lui. Quello che prima sembrava un innominabile fantasma, diventa una persona con un nome: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma” … incredibile come basti così poco per acquisire nuove consapevolezze. Incredibile come l’ottusità del benessere non ci faccia più capire nulla (“l’uomo nella prosperità non comprende”, dice un Salmo), incredibile come non considerare che, o quelli che riteniamo i nostri limiti di privilegio si aprono a spazi di con-divisione, oppure saremo destinati a morire nella nostra solitudine, come dice Geremia: “Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere” … Si tratta di una porta, quella del cuore e dell’umano che è comune.  

Per riflettere …

Chi/che cosa sta bussando alla mia porta? 

Voglio farlo morire? 

MERCOLEDÍ 11 MARZO, ORE 17,00 e ORE 18,00

Anche oggi continuiamo il catechismo, anche se in modo virtuale, ma molto reale, collegati  tra noi. Un caro saluto ai bambini di Quarta Elementare che si preparano alla prima Comunione, a quelli di Quinta che continuano il cammino e ai carissimi Cresimandi (insieme ai vostri genitori e famiglie)! Le catechiste avranno cura di raggiungervi attraverso i gruppi di Whatsapp. Non si tratta di “fare il compito”, ma di sentirci comunità che cammina insieme anche nei momenti in cui non ci possiamo incontrare. 

Io vi ricordo intanto che, tra gli impegni del digiuno e della carità, stare a casa rinunciando apparentemente a parte della nostra libertà di muoverci è un bellissimo gesto di amore, attenzione e rispetto paziente verso le altre persone. Portiamo nella preghiera questi giorni, affinché la Parola di Dio ci indichi e doni la forza di attraversarlo pieni di amore e di umanità. 

Un caro saluto, buona continuazione e a presto! 

Don Luigi e catechiste. 

MERCOLEDI 11 MARZO

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Un pensiero per la giornata … 

Come sarebbe bello pensare che la nostra ispirazione a diventare cristiani fosse una semplice pratica religiosa che si conclude in qualche gesto genericamente misterioso per tenere buono Dio. Il Vangelo, invece,  ci ricorda che essere cristiani,  significa anzitutto imparare a vivere da Gesù. A vivere la nostra vita, rimanendo quello che siamo ma trovando nel Figlio di Dio i motivi del nostro andare. Oggi Gesù ce ne dà uno molto chiaro e importante: “chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. “Non pervenuto, grazie! La schiavitù è finita e i servi al massimo … servono noi (infatti!)”. Eppure guardi Gesù e ti dici: “se c’era uno che non si asserviva a nessuno, che non si serviva di nessuno, che faceva di tutto per servire nella massima libertà, era proprio Gesù”. Perché fino alla fine,  decidendo di “dare la sua vita”, è rimasto Signore del suo desiderio. E noi lo sappiamo, nessuno può ricattare chi decide di donare qualcosa, perché non gliela può rubare. É tutto donato. E vive senza paura. Al Vangelo, insomma, non interessa che “teniamo buono Dio perché non si sa mai”, ma che rendiamo buono, migliore, il mondo nel quale viviamo. Dove c’è amore, lì c’è Dio. 

Per riflettere … 

Cosa significa, per me, dare la vita?  

Capita anche a me di essere “asservito” a qualcuno o di servirmi degli altri? 

MARTEDI 10 MARZO, ORE 17,00: CATECHISMO PER I BAMBINI DI TERZA ELEMENTARE!

Noi ci siamo e ci sentiamo in profondo contatto nonostante la situazione piuttosto strana che ci tocca vivere. Vogliamo mantenere il nostro legame in modo molto semplice: abbiamo scritto una piccola scheda –  inviata sul Gruppo di Whatsapp – da leggere per continuare il nostro cammino, che speriamo possa riprendere il più presto possibile! Un caro saluto a tutti voi e alle vostre famiglie!

Aurora, Marilisa, Elisa e Don Luigi

MARTEDI 10 MARZO

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Un pensiero per la giornata:

Ci sono dei momenti, nella nostra storia, che più di altri ci fanno riconoscere TUTTI UGUALI. Questa sensazione emerge in modo particolarmente netta in questi giorni: davanti ai numeri dei morti, alle emergenze, ai pericoli della pandemia, ai proclami allarmanti dei notiziari televisivi, sembra che anche le “guide” diventino come i “guidati”, le distanze si accorcino, e, quello che fino a poco tempo fa sembrava automatico, salti in aria con tutto il suo meccanismo apparentemente oleato e funzionante. Il Vangelo  di Gesù ce lo aveva  già suggerito molto prima dell’emergenza contemporanea: “non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli”.  Prima o poi, infatti, la vita ti mette di fronte alla realtà e ti ripete, con Gesù, che la più bella forma di verità del nostro essere uomini e donne è quella di vincere la tentazione di sederci sempre “in cattedra”  – per mostrare che gli unici vincenti siamo noi – per sederci di nuovo ai banchi della scuola della concretezza, che, continuamente scardina le certezze, ma è in grado, se si  vuole  imparare, di sorprenderci positivamente e inaugurare orizzonti inediti. Il problema non è l’umiliazione o l’esaltazione,  ma la sana armonia di una fraternità riscoperta, che parte  dall’osservazione di piccole regole che fanno bene non solo a chi le pratica, ma anche agli altri. Perchè, giustamente, siamo tutti fratelli e la casa-mondo è di tutti!

Per riflettere …

Io sono sempre “in cattedra” o so mettermi al banco di scuola? 

Cosa sto imparando di nuovo in questi giorni? 

LUNEDI 9 MARZO

 

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Un pensiero per la giornata:

In altre pagine della Bibbia, soprattutto nell’Antico Testamento, si arrivava a chiedere di essere “perfetti” come Dio. Con Gesù, come al solito, le cose si capovolgono e si definiscono ulteriormente: la perfezione non è l’irraggiungibile meta di un Sacro Intoccabile, ma il tentativo di ricondurre tutto  a un’azione fraterna che nasce a partire da un cuore attento, che vede e che sente. Perché Dio si gioca nel fratello, in colui che decido di rendere mio prossimo. Anzi, va ancora più a fondo, perché Gesù dice che il perdono, come tutte le cose che facciamo, dicono la misura con la quale doniamo e riceviamo di conseguenza. La vita è fatta delle dimensioni che noi le concediamo, della misura con la quale misuriamo. Poi, a essere sinceri ci sono tante cose che non sopportiamo e non riusciamo a perdonare agli altri, perché fanno parte, più o meno consapevolmente, del nostro modo di essere e di agire. 

Diceva saggiamente il famoso psichiatra Carl Gustav Jung: “Tutto ciò che degli altri ci irrita può portarci alla comprensione di noi stessi”. … 

Per riflettere…

Cosa mi devo perdonare? 

Con chi devo e posso esercitare maggiore misericordia?