MARTEDI 10 MARZO

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Un pensiero per la giornata:

Ci sono dei momenti, nella nostra storia, che più di altri ci fanno riconoscere TUTTI UGUALI. Questa sensazione emerge in modo particolarmente netta in questi giorni: davanti ai numeri dei morti, alle emergenze, ai pericoli della pandemia, ai proclami allarmanti dei notiziari televisivi, sembra che anche le “guide” diventino come i “guidati”, le distanze si accorcino, e, quello che fino a poco tempo fa sembrava automatico, salti in aria con tutto il suo meccanismo apparentemente oleato e funzionante. Il Vangelo  di Gesù ce lo aveva  già suggerito molto prima dell’emergenza contemporanea: “non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli”.  Prima o poi, infatti, la vita ti mette di fronte alla realtà e ti ripete, con Gesù, che la più bella forma di verità del nostro essere uomini e donne è quella di vincere la tentazione di sederci sempre “in cattedra”  – per mostrare che gli unici vincenti siamo noi – per sederci di nuovo ai banchi della scuola della concretezza, che, continuamente scardina le certezze, ma è in grado, se si  vuole  imparare, di sorprenderci positivamente e inaugurare orizzonti inediti. Il problema non è l’umiliazione o l’esaltazione,  ma la sana armonia di una fraternità riscoperta, che parte  dall’osservazione di piccole regole che fanno bene non solo a chi le pratica, ma anche agli altri. Perchè, giustamente, siamo tutti fratelli e la casa-mondo è di tutti!

Per riflettere …

Io sono sempre “in cattedra” o so mettermi al banco di scuola? 

Cosa sto imparando di nuovo in questi giorni?