GIOVEDI 2 APRILE …

VEDERE LE PAROLE 

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 

Un pensiero: 

Nel vangelo di oggi ci sono due verbi che mi incuriosiscono e mi fanno riflettere:

  1. OSSERVARE 

Nell’estenuante e intricato  interrogatorio dei  Giudei, a un certo punto Gesù dice: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”.

É curioso l’uso del verbo osservare – che significa anche “guardare attentamente” – riferito a una parola. Ci verrebbe da dire che la parola va ascoltata, mica guardata. In realtà trovo bellissimo questo fatto: per imparare a vivere occorre IMPARARE A VEDERE LE PAROLE, perché … tutto parla e tutto ha da dirci qualcosa. Tutto produce comunicazione per chi è attento. 

Quante parole escono dal silenzio delle nostre case, quante parole si incontrano – in modo molto più denso e profondo – nelle nostre quotidiane comunicazioni, quante parole da guardare attorno a noi per quanto l’invisibile virus micidiale sta provocando, quante parole il nostro mondo collassato ci sta suggerendo … insomma, se voglio imparare a vivere devo imparare a vedere le parole che i fatti non smettono mai di sussurrare a chi ha gli occhi collegati con il cuore, l’intelligenza, le altre persone e si sente responsabile di qualcosa.  

Le parole di questi mesi possono realmente diventar scuola … di vita. Proprio come dice Gesù. 

Anzi, Gesù rincara la dose: dice addirittura che chi “guarda e  custodisce” la sua Parola non morirà mai.

2. CREDERE

A questo punto entra in gioco il secondo verbo: credere! 

I Giudei chiedono a Gesù: “Chi ti credi di essere?”.

Li ringraziamo per la domanda, perché ci rivelano una cosa molto importante: noi siamo quello che crediamo (di essere),  non semplicemente quello che siamo.

É interessante che non gli chiedano “chi sei?” … ma “chi ti credi di essere?”. 

Noi siamo tutti dei credenti da questo punto di vista, perché siamo sempre risultato di ciò che crediamo di essere: “intelligenti, belli, brutti, sfigati, super, “chi sono io!”, indegni, factotum, svogliati, amorevoli, demotivati”, e lo crediamo perché “custodiamo” le parole che scegliamo (o non scegliamo, anche questa è una scelta) per costruire le fondamenta della casa della nostra vita. Ci sono parole che ammazzano e altre che danno vita. Ci sono parole che aprono mondi e altre che ci buttano nelle nostre prigioni interiori. Parole che incontrano e parole che uccidono. …. La lista è lunga. La scelta MOLTO IMPORTANTE! 

Gesù chi si crede di essere? Esattamente una cosina non del tutto trascurabile:  “la VIA, la VERITÁ  e … la VITA!”. Tre orientamenti che si realizzano solo nel momento che si “frequentano” : la via si apre solo a chi la percorre, la verità la trova solo chi la accoglie, e la vita? Arriva, a quanti si voltano a osservare con fiducia quella Parola che Gesù ci rivolge tutti i giorni. Parola di vita piena. 

Un grande abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere:

  • Quando necessito di forza e di speranza, a quali parole mi rivolgo?
  • Quali sono le Parole più forti che mi comunica Gesù, quando penso al suo Vangelo?

MERCOLEDI 1 APRILE …

IN VINO … VERITAS 

Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». … “Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio”. 

Un  pensiero:

Nonostante l’ampia offerta telematica di Messe, riflessioni, preghiere e riti religiosi,  in questi giorni sentiamo la mancanza del pane eucaristico.

Eppure Gesù dice che noi diventiamo suoi discepoli non solo perché mangiamo il suo pane, ma anzitutto perché CI NUTRIAMO della sua Parola. La conosciamo, la assimiliamo, la rendiamo riferimento per la nostra libertà che vuole respirare. Insomma, l’ascoltiamo per imparare a vivere. 

Nessuno di noi può dire di credere in Dio se non diventa discepolo alla scuola della Parola di Gesù, perché la vita è la scelta di quelle parole e di quei pensieri dai quali  quotidianamente decidiamo di essere animati e ispirati. Non ci basta masticare  e deglutire magicamente il corpo del Signore come se fosse l’amuleto protettivo di un vuoto gastroreligioso: la vita del discepolo avviene “in memoria”, e la memoria ricorda i gesti e le parole del Maestro che giorno dopo giorno, o di domenica in domenica, si dona in una comunicazione che ci rende liberi.

Perchè la storia della nostra libertà è la storia di un legame scelto. 

Noi viviamo della terra dove mettiamo le nostre radici.

Contrariamente a chi dice che essere liberi significa fare quello che si vuole, ossia non legati a niente e a nessuno se non a se stessi (il che, comunque, è un legame, e sovente molto pericoloso),  Gesù oggi nel Vangelo ci dice che la libertà ha delle altre caratteristiche: nasce dalla stabilità di un RIMANERE in un senso e SI SCHIUDE in un futuro che si compie nella fatica dei giorni: “se rimanete nella mia Parola sarete davvero miei discepoli”.  

Questo RIMANERE ci rimotiva  nei nostri impegni,  fortifica le nostre speranze e ci insegna a volere. A pensare che la felicità non consiste nell’avere tutto ciò che si vuole (come ci sta insegnando la nostra esperienza quotidiana), ma a imparare a volere in ciò che si ha,  a partire da quello che siamo. Il nostro limite è abitato: solo la scelta di qualcosa che lo amplifica ci aiuta a crescere. Le nostre radici fanno quello che possono: solo la scelta di un terreno adeguato, ricco di risorse e potenzialità, farà crescere  la pianta che siamo noi in un modo o in un altro. Il vitigno del Nebbiolo produce uva molto diversa se la pianti nelle Langhe, nel Roero o nel vaso sul tuo balcone, altrimenti il mondo sarebbe pieno di Barolo. Migliore, invece, sarà la terra, migliore sarà il frutto. Nella pazienza di chi sa, come suggerisce Gesù, che non si É, ma SI DIVENTA liberi. E si diventa liberi solo in relazione. 

Se cambiamo noi, a partire da questa grande convinzione, cambierà il mondo, il futuro. 

A meno di essere ancora psicopatologicamente convinti che bastiamo a noi stessi. 

In questo caso cercheremo di fare fuori Gesù. 

Dandogli ragione, però. 

Per riflettere:

  • dove sono piantate le mie radici?
  • quali parole di Gesù sono vero riferimento di vita per me?

MARTEDI 31 MARZO …

SERPENTI VELENOSI

Dal libro dei Numeri

In quei giorni, gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti».
Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita».
Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Un pensiero…

Oggi cambio lettura: non più il Vangelo, ma il Libro dei Numeri  (la prima lettura della Messa),  che racconta la fatica del cammino per conquistare la libertà da parte di Israele: “IL POPOLO NON SOPPORTÒ IL VIAGGIO”. 

Leggo e penso alla nostra situazione. 

Imprevisto: si fa una svolta non voluta per aggirare il territorio di Edom: popolo troppo forte, avrebbe distrutto quanti passavano sulla loro terra. Nel difficile cammino di tutti i giorni qualcosa fa saltare  i  piani. Anche per noi, situazione analoga: il nostro  “più o meno tranquillo cammino di ogni giorno, dove sì, sapevamo  certe cose, sì, la terra non sopporta i nostri comportamenti, sì pochi straricchi e sempre più gente che muore, sì tutto il mondo inquinato, sì ai poveri i tumori ai padroni i proventi delle fabbriche, sì, ci sono isole  di immondizia, sì, sì, sì, “vabbè, che sarà mai, si è sempre fatto così? Dovrà ancora passare qualche millennio prima che tutto collassi!” , e a un certo punto eccoti l’imprevisto: un piccolo, microscopico, invisibile microrganismo  ci mette in ginocchio, ci distrugge, e non risparmia nessuno, neanche i potenti, neanche quelli che hanno i soldi e neanche quelli che pregano Dio.  

Soluzione: allungare il viaggio e passare per la via del Mar Rosso. Soluzione per noi, contenitiva: “stiamo chiusi in casa”, per tutelare noi e i nostri cari e soprattutto per non diventare potenziali portatori di virus per altri (e inizi a capire che la tua salute e quella degli altri sono collegate;  che uno starnuto fatto in Cina arriva fino ad Alba, che un gesto di responsabilità fatto o omesso possano fare la differenza). 

Reazione: Il popolo a un certo punto, però  “non sopportò il viaggio. Il popolo disse (parlò) contro Dio e contro Mosè”. Noi: “ancora a casa?? Ma fino a quando? Stamattina hanno detto fino a Pasqua (sappiamo tutti che non è vero). Fino a quando dovremo sacrificarci per il bene di qualcuno? Fino a quando saremo costretti a sopportare i nostri inetti politici incapaci di darci delle direzioni chiare (comunque …. al di là di tutto sono contento di non essere in Parlamento) …?  Fino a quando? Polemiche contro solidarietà e coinvolgimento responsabile. E questi pensieri diventano parole, diventano reazioni … diventano gesti .. diventano …. 

SERPENTI VELENOSI: per Israele e per noi. Perché noi siamo i nostri pensieri che ci disgregano e ci avvelenano. Perché noi diventiamo quello che pensiamo e quello che guardiamo per supportare i passi dei nostri giorni. Perchè noi siamo le nostre professioni di fede nel nulla e nel risentimento fino a quando non decidiamo di “spostare il nostro sguardo”, le nostre vedute. Non poteva essere diverso l’antidoto anche per Jhawhé: il velenoso sparlarci e parlare contro, il nostro biforcuto serpente interiore, ha bisogno di essere “innalzato”:  Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita”. Solo quando si recupera l’altezza e l’importanza di una parola che sta AL DI SOPRA di noi possiamo recuperare il senso delle cose e della vita. Per uno che è aspirante discepolo di Gesù è la Parola di Dio, per un uomo che non ci crede può essere una poesia, un sogno; può essere una parola come AMORE, RISPETTO, RESPONSABILITÀ, IORESTOACASA 

Ehhh… che vuoi che sia? Roba troppo piccola, trascurabile, non concreta e  irrilevante!

Vero, però anche sto micidiale virus è così: piccolissimo, quasi invisibile, ma capace di distruggere il mondo fino a quando non troveremo antidoti in grado di funzionare. Uno può essere il nostro modo di pensare e di comportarci, piccolo come un anti-virus e grande come l’universo.  

Per riflettere:

  • Quando sono disperato da quali parole mi faccio ispirare? 

LUNEDI 30 MARZO …

Pietre e sabbia

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio,
la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e
si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «
Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Un pensiero … 

1. In poche righe c’è la storia del mondo, come sempre, nel Vangelo. 

Posero una donna “in mezzo” (per mettere al centro Gesù e accusarlo come fuori-legge) ma, ancora più in verità: la posero in mezzo per toglierla (e toglierLo) di mezzo! 

Le storie delle accuse –  e potremmo leggere l’intera storia dell’umanità come il risultato di una storia dei giudizi che portiamo dentro i nostri cuori – è antica come il mondo e come la Bibbia: da Adamo, che accusa Eva, che accusa il serpente … per arrivare fino a oggi, lunedì 30 marzo 2020.   Accusiamo “attraverso la legge scritta sulle tavole di pietra” ciò che ci dà fastidio e vogliamo togliere di mezzo. Accusiamo per tacitare un’altra voce che ci ricorda che se c’è un problema, riguarda anche me.   Accusiamo quella donna, sola, nel centro, “colta in flagrante adulterio”. Per tradire un marito, però, ci va un altro uomo! DOV’ERA? Forse nel gruppo dei suoi accusatori: “toglila di mezzo!”.  

Un pensiero che ci fa ricordare che sovente  siamo falsi, ipocriti, cattivi, opportunisti, ingiusti, menzogneri e disonesti. Ma si sa, “occhio non vede, cuore non duole”, così non ci pensiamo più. 

Però, perchè solo la donna è considerata una “puttana” e l’uomo un “donnaiolo”? Forse è puttano anche lui, anzi, senza forse (chiedo scusa per la volgarità, ma “quanno ce vo, ce vo!”).

I giudizi uccidono: sia usando una pietra da lanciare (in modo volgare e popolare), sia usando la Legge sulle tavole di pietra (in modo raffinato, aristocratico e per quelli che avendo i soldi possono “demandare ad altri” i loro atti mortiferi. Qualcuno ama le armi ma non le usa, perchè nella fondina ha le carte VISA, cantava Silvestri).           

2. Vuoi capire il Vangelo di oggi? Rimettiti tu al centro e chiediti quali sono le tue responsabilità. Ma fallo davanti a Gesù che ti (mi) dice: “chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra”. 

Però a noi Gesù dà fastidio, tanto!: “Come si permette, perché ci giudica? Io mi giudico da solo!!!”.

C’è un pregiudizio errato in questo pensiero, perché noi, di solito, pensiamo che i giudizi servano a condannare e uccidere: effettivamente ci insegna così la nostra esperienza. Il Vangelo no, se lo leggiamo attentamente scopriamo che quando Gesù giudica lo fa per un altro motivo: PER LIBERARE E PER SALVARE! Proviamo ad accostarci a Lui, al suo Vangelo con questo spirito, con questa domanda, ogni volta che lo ascoltiamo: “Maestro, cosa mi dici oggi, per liberarmi e salvarmi?”.  Vi assicuro che cambia tutto! 

Ripeto:  non è un giudizio che condanna e uccide; è un giudizio che libera e salva (rileggere lentamente per 10 volte).

3. Questa l’ho letta: “La presenza del Signore Gesù cambia il nostro modo di guardare verso l’altro perché ci aiuta a cominciare e a ricominciare sempre a guardare l’altro partendo da noi stessi: dai nostri bisogni, dalle nostre fragilità, sentendo ogni creatura come parte di noi stessi”.

Buona giornata, vi penso.

Mi mancate! 

DOMENICA 29 MARZO …

PIETRE

Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Carissimi,

La domenica per noi è un momento bellissimo per stare insieme. Per stare insieme e attorno a qualcosa e Qualcuno che ci attrae, che ha qualcosa da dirci e insegnarci per il nostro cammino personale che ci porta a trovare noi stessi e il senso dei nostri passi. 

Oggi penso che sia bello soffermarsi intorno alla grande umanità di Gesù, alle sue lacrime e alle sue urla. 

Intorno a quello che Lui fa per noi, alla bella notizia che non ci sarà nessuna fine che darà fine ai nostri giorni. Intorno alla notizia che la vita è una risposta alle voci e alle parole che decidiamo di scegliere come guida per le nostre giornate, ai nostri essere presenti e consapevoli. 

Oggi sento un urlo, davanti a questo morto che “già manda cattivo odore”, un grido che ridà vitalità a quanto era ormai immobile e divorato dalle tenebre: “VIENI FUORI!”. Lo sento rivolto a me, rinchiuso al buio del mio sepolcro, in quella caverna che mi impedisce di prendere luce e di dare luce. Lo sento per me, “piedi e mani legate con le bende e il viso avvolto nel sudario”.

Mi raggiunge quella parola: “liberatelo, lasciatelo andare”. Già, perché si riprende il cammino quando mi liberano e mi lasciano andare. Quando Qualcuno accanto a me mi sostiene e mi indica anche “dove”. 

Insieme, sempre nel nome di un’alleanza, che non mi sostituisce mai nella responsabilità e nella creatività, ma nasce dall’incontro e dal cuore accogliente. 

Vi lascio con parole assai migliori di quelle che potrei scrivere, sono di Ermes Ronchi:

“La ribellione di Gesù contro la morte passa per tre gradini:

1. “Togliete la pietra”. Rotolate via i macigni dall’imboccatura del cuore, le macerie sotto le quali vi siete seppelliti con le vostre stesse mani; via i sensi di colpa, l’incapacità di perdonare a se stessi e agli altri; via la memoria amara del male ricevuto, che vi inchioda ai vostri ergastoli interiori.

2. “Lazzaro, vieni fuori!” Fuori nel sole, fuori nella primavera. E lo dice a me: vieni fuori dalla grotta nera dei rimpianti e delle delusioni, dal guardare solo a te stesso, dal sentirti il centro delle cose. Vieni fuori, ripete alla farfalla che è in me, chiusa dentro il bruco che credo di essere. Non è vero che «le madri tutte del mondo partoriscono a cavallo di una tomba» (B. Brecht), come se la vita fosse risucchiata subito dentro la morte, o camminasse sempre sul ciglio di un abisso. Le madri partoriscono a cavallo di una speranza, di una grande bellezza, di un mare vasto, di molti abbracci. A cavallo di un sogno! E dell’eternità. Ad ogni figlio che nasce, Cristo e il mondo gridano, a una voce: vieni, e portaci più coscienza, più libertà, più amore!

3. Liberatelo e lasciatelo andare! Sciogliete i morti dalla loro morte: liberatevi tutti dall’idea che la morte sia la fine di una persona. Liberatelo, come si liberano le vele al vento, come si sciolgono i nodi di chi è ripiegato su se stesso, i nodi della paura, i grovigli del cuore. Liberatelo da maschere e paure. E poi: lasciatelo andare, dategli una strada, e amici con cui camminare, qualche lacrima, e una stella polare.

Che senso di futuro e di libertà emana da questo Rabbi che sa amare, piangere e gridare; che libera e mette sentieri nel cuore. E capisco che Lazzaro sono io. Io sono Colui-che-tu-ami, e che non accetterai mai di veder finire nel nulla della morte”.

Un grande abbraccio, buon giorno NEL Signore!

Per riflettere:

  • Quali legami mi tengono imprigionato?
  • Cosa vuol dire per me ascoltare la parola di liberazione di Gesù?

SABATO 28 MARZO …

“Pronto, Divin Maestro?”

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.

Un pensiero … 

Se ne dicono tante su Gesù, per qualcuno è il Cristo, per altri uno che ha sbagliato regione, per altri un profeta … “e nacque un dissenso”. Insomma, non riusciamo a metterci d’accordo. 

Questa esperienza si vive nelle cose più elementari. Io,  per esempio, l’ho vissuta, molto banalmente, questi giorni, in cui – lo so, non c’è niente da ridere ma mi ha fatto assai sorridere e la voglio condividere – mi successo un fatto, più volte. Mi telefonano: “pronto, Divin Maestro?”  “Sì – rispondo – buongiorno!”. “Avrei bisogno delle pastiglie perché il mio cane ha la diarrea” (scusate) … Lì per lì rimango un po’ interdetto e poi spiego alla signora che ha sbagliato numero: “guardi che la farmacia ha lo stesso nome della Parrocchia, ma controlli il numero che è diverso” … dopo cinque minuti richiama con la stessa richiesta … la mattina dopo altra telefonata per sapere se erano arrivate le mascherine … Vabbè, in fondo è anche divertente. Perché lo dico? Per una questione molto semplice: le parole cercano la nostra responsabilità, non le possiamo trattare con superficialità. Divin Maestro  può voler dire parrocchia o farmacia. Dio può voler dire “Gott mit uns” per i nazisti o “Divina Provvidenza” per il Cottolengo. Gli esiti sono molto diversi,  dipendono dalle nostre precompressioni e dalla nostra onestà, anche se la parola è sempre la stessa.  Le parole non hanno senso fino a quando noi non diamo loro il significato vero che ci vogliono trasmettere. E questo capita con tutto. 

Come si fa a sapere? Il Vangelo ci suggerisce di avere l’umiltà di mettersi in ascolto e non tirare subito le somme prima di fare il conto. Il conto lo faccio io cercando di capire,  di seguire, di fare risuonare. Cercando di capire, detto banalmente, se Divin Maestro è una Parrocchia, un bar o una farmacia, cercando di darmi una risposta: “Cosa c’è lì dietro? Cosa c’è lì dentro? Cosa c’è dentro Gesù? Cosa c’è dentro di me che mi metto davanti a Lui? Cosa vuol dire che devo rinascere dall’alto? Cosa significa che non so fino a quando non accolgo e non rendo mio un legame vitale?”. Tante domande, che Nicodemo e i soldati avevano capito: “Mai un uomo ha parlato così!”, “«La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Nicodemo e i soldati ascoltano. I farisei no, sapevano già tutto (poveri..) perché “era scritto”… Ma la verità non esiste mai da sola, esiste solo in relazione con te e perché tocca la tua vita. Così Gesù. 

Gesù non è un punto di arrivo, ma di partenza, perché “dal nostro modo di giudicarlo  (considerarlo, dico io ) saremo giudicati (considereremo, ribadisco) anche noi”. 

“Pronto, Divin Maestro?” …

Buon sabato a casa!  

Per riflettere:

– “Cosa c’è dentro Gesù? Cosa c’è dentro di me che mi metto davanti a Lui? Cosa cerco in Lui?”

– “Cosa significa che non so fino a quando non accolgo e ascolto?”

VENERDI 27 MARZO …

GRANDE GRANDE GRANDE … 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

Un pensiero… 

Il Vangelo di Giovanni è sempre un po’ farraginoso e non immediato da capire. Eppure  quando si capisce è stupendo. Le cose vanno scavate, mai fermarsi all’evidenza! Rileggere il testo! 

Anzitutto alcune piccole strane parole: Gesù va a Gerusalemme non apertamente, quasi di nascosto, ma … parla liberamente. Insomma – ti viene da dire – vogliamo deciderci?

Di fronte al suo esporsi qualcuno dubita, sragiona chiedendosi come mai non lo facciano fuori, perchè dice delle cose strane, diverse, non congruenti alle attese religiose di quanti si dicono: “costui sappiamo di dov’è”.

Ha ragione Semeraro quando scrive: “Talora voler vedere (pensare di sapere, dico io) è un modo per non voler credere fino a diventare prigionieri delle apparenze o, più gravemente, del proprio modo di immaginare il mondo senza, in realtà, aprirsi a riconoscerne la verità e la bontà”.

Arrivo al punto: ci sono delle forze nella nostra vita, che a catechismo venivano chiamate fede, speranza e carità e che “più laicamente” potremmo definire legame, desiderio  e amore, che NON VEDONO. Non sono per niente evidenti, non si possono misurare con il righello, oltrepassano infinitamente le nostre constatazioni e rendiconti, ma, uniche, CI FANNO VIVERE. 

Lo dico – concedendo il copyright del pensiero a mia sorella – con le parole di una canzone. 

L’altro ieri era il compleanno di Mina: 80 anni. Chi non la conosce? Una sua canzone si intitola GRANDE, GRANDE, GRANDE (per favore andate a sentirla, è stupenda). Dice le stesse cose di cui vorremmo parlare. 

  1. Lei si lamenta di lui e dei suoi difetti:  Con te dovrò combattere, Non ti si può pigliare come sei. I tuoi difetti son talmente tanti Che nemmeno tu li sai. Sei peggio di un bambino capriccioso, La vuoi sempre vinta tu. Sei l’uomo più egoista e prepotente Che abbia conosciuto mai”.  Un’evidenza tutt’altro che promettente. Ma chi, sano di mente vorrebbe mettersi insieme a una schifezza umana del genere? Un calcio nel sedere potrebbe essere l’unica soluzione. Eppure, continua lei: “Ma c’è di buono che al momento giusto Tu sai diventare un altro. In un attimo tu Sei grande grande grande, le mie pene Non me le ricordo più”. Sì, solo chi ama e si ama può vedere e dire queste cose. Solo chi spera oltre può continuare a vedere ciò già che ora non vede. Solo chi crede in qualcuno può accorgersene. 
  2. Ci sono le amiche di lei, invece, che vivono una vita ineccepibile, meravigliosamente oleata nelle prospettive e nei programmi: “Io vedo tutte quante le mie amiche: Son tranquille più di me. Non devono discutere ogni cosa. Come tu fai fare a me. Ricevono regali e rose rosse. Per il loro compleanno. Dicon sempre di si, Non hanno mai problemi, son convinte Che la vita è tutta lì.”. Hanno solo un difetto: sono sole nelle loro certezze meravigliosamente paralizzanti e mortifere, infatti lei se lo dice con convinzione: “E invece no, invece no La vita è quella che tu dai a me. In guerra tutti i giorni, Sono viva, sono come piace a te”. Il museo delle cere è pieno di persone perfette, peccato che siano di cera! 
  3. In guerra tutti i giorni, ma VIVA! Perché scorre amore, vita, speranza … perchè scorre una forza che non vede, ma scommette e vive. Perché nella vita bisogna continuamente mettersi in gioco, e contrariamente a quanto pensiamo, non è vero che “si vince o si perde”, ma “SI GIOCA O SI PERDE”! (provate a pensarci, è una cosa che mi ha fatto molto riflettere). Quando lo capiremo, quando avremo CREDUTO che questa forza, questa convinzione, questa inevidenza degli occhi ma certezza del cuore si può realizzare, anche noi, potremo dire, al nostro amore: SEI GRANDE, GRANDE, GRANDE, COME TE, SEI GRANDE SOLAMENTE TU!” 

CREDERE PER VEDERE! Perché questa è l’ORA! 

Avanti! 

Per riflettere…

  • Mi permetto di imparare ancora qualcosa dalla vita? 
  • Sono troppo paralizzato dalle mie certezze?

GIOVEDI 26 MARZO …

Processi

Dal Vangelo secondo Giovanni

… Il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita…

Il Vangelo di oggi è lungo, è un lungo processo estenuante nei confronti di Gesù, accusato di essere un bestemmiatore, perché guariva di sabato, ma il sabato non si poteva! Si può ricominciare a vedere solo dalla domenica al venerdì, il sabato è vietato ridare la vista ai ciechi! Poi Gesù risponde che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Ma  purché? Motivo molto semplice: Gesù per mettere al centro il Padre dei cieli ri-metteva al centro i figli di terra. Eh già, non puoi parlare di Dio se non parli di uomini. Non puoi amare il Padre se non ami i suoi figli, ossia, quelli che tu rendi tuoi fratelli. 

Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi

Semplice ma non facile!

La vita di chi dice di essere cristiano (tremo!) – e lasciamo da parte i farisei per parlare di noi – consiste solo in questa cosa: “FARE …IN MEMORIA DI LUI!” … “ma la sua parola non rimane in voi”, ci direbbe Gesù. 

E noi, sinceramente, dovremmo rispondere: “mi sa che hai ragione”.

Oh, non buttiamoci giù, siamo già abbastanza a terra e le nostre ruote sono sgonfie. C’è una possibilità: invertire la tendenza per dare nuove forme alla nostra vita. E se ricominciassimo ad “andare da Gesù per avere vita”, ossia, ogni volta che DIALOGHIAMO con la sua Parola ci domandassimo: “cosa mi stai dicendo per avere vita, oggi, con le persone che vivono con me?”? … forse qualche risposta nuova potrebbe aprire nuove strade. Forse capiremmo che prima di fare il processo al Figlio di Dio, gentilmente messo “fuori porta” per essere “richiamato in causa” adesso, quando tutto ci è sfuggito di mano, dovremmo chiederci: “ma io dove mi trovo? Sto camminando? Esco da me per incontrare? So riconoscere nel legame con Dio quella sorgente che ha  gli occhi, le mani e la voce di Gesù?”

Buon cammino, c’è strada! 

Ancora futuro. 

Un abbraccio. 

Per riflettere… 

  • Io dove mi trovo? 
  • Sto camminando? 
  • Esco da me per incontrare? 
  • So riconoscere nel legame con Dio quella sorgente che ha  gli occhi, le mani e la voce di Gesù?

MERCOLEDI 25 MARZO …

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Un pensiero:

Ed eccoci arrivati a metà settimana, buongiorno e buona giornata a tutti! 

Oggi è la festa dell’Annunciazione,  la buona notizia che il Figlio di Dio ha trovato una casa dove crescere, un grembo materno caloroso e accogliente che lo ha portato con sé facendosi portare, e lo ha messo al mondo: Maria!

É la storia del legame con Dio, che si avvera. La storia di ogni vita  (di ognuno di noi) che abbia l’umile desiderio di definirsi “cristiana”, rimanendo e diventando sempre più “umana”. 

Pensavo al fatto che tutto nasca da una Parola. La Parola di Dio che si incontra con la parola di una donna. 

Noi diciamo che la Parola di Dio va ASCOLTATA. Oggi invece, Maria ci dice di più:  la Parola di Dio non va solo ascoltata, va DIALOGATA, ossia mediata, accolta e vissuta nelle mie parole. Perchè con quella Parola, il mio essere una parola nel mondo – ossia una comunicazione per altri – io diventi sempre più e in verità me stesso. Io sono chiamato a diventare me stesso, non altri da me. Nella mia unicità sono chiamato a “fiorire”, non nel confronto ostile e competitivo con gli altri, fossero pure dei santi. 

Penso al dialogo di Maria e penso a una lettera, come quelle che si scrivevano una volta e si mandavano a qualche destinatario: qualcuno me la spedisce. Occorre aprirla. Dopo averla aperta occorre leggerla. Dopo averla letta occorre rispondere. Dopo avere risposto occorre imbustarla e spedirla. E la lettera crea un movimento, fa nascere qualcosa, dà vita a parole che prima ancora non esistevano.  Sono io quella parola. Parola che è nata dall’incontro con un’altra che l’ha preceduta.

L’organo del concepimento di Maria sono le sue orecchie. Gesù è nato da un dialogo con un Angelo che è diventata disponibilità di cammino. 

Ho riportato l’immagine della stupenda Annunciazione di Simone Martini. Il pittore lo aveva capito. Aveva quasi disegnato un fumetto: quella parola entra dalle orecchie della Madre di Dio in ascolto. Un fumetto ante litteram, che raggiunge anche noi. 

Ora, la Parola viene consegnata alle nostre orecchie, alle nostre mani, alla nostra vita. 

Ogni giorno. 

Un abbraccio a tutti! 

Per riflettere: 

  • Mettendomi in dialogo col Vangelo: cosa rispondo? Dove mi sento interpellato? 
  • Che tipo di attenzione rivolgo al Vangelo? 

MARTEDI 24 MARZO …

COLPA DI UN ALTRO … 

Dal Vangelo secondo Giovanni

Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Un pensiero … 

Buongiorno di tutto cuore!

Mi incuriosiscono due espressioni del Vangelo di oggi, cercherò di comunicarle pensando a quello che stiamo vivendo:

  1. Gesù chiede all’uomo infermo: “VUOI GUARIRE”? Alla  risposta affermativa del  malato segue il comando, perentorio: “alzati, prendi la tua barella e cammina”. Non so, mi sembra che ci sia una sorta di ironica spregiudicatezza da parte del Maestro, che, col suo comando, mi manda questo messaggio: “forse certe cose non capitano, perché, alla fine non le vuoi”! Lo dico pensando ai nostri giorni, alla pandemia che ci sta “paralizzando” …. Ma poi, senza scomodare il Padre dei cieli, “noi vogliamo guarire?”. Solo la risposta affermativa, conclamata con tenace fermezza a noi stessi, può essere inizio di un cammino. Se non cominceremo a chiederci “vogliamo veramente guarire, siamo disposti a prenderci le nostre responsabilità, i nostri lettini dai quali non vorremmo alzarci con la gambe ma solo a parole … ?“, veramente, “potrebbe capitarci qualcosa di peggio”. Perché peccare significa non centrare, e dunque mancare, il bersaglio della nostra vita e della nostra umanità. Ma non è punizione divina, facciamo tutto noi! Self-made-men! 
  2. I GIUDEI PERSEGUITAVANO GESÚ PERCHÉ GUARIVA DI SABATO. Insomma, ci sono dei momenti che è vietato guarire, vivere e rinascere (?!). E, udite udite, “per motivi religiosi”: lo impone la sacra legge mosaica. Ma come: il Creatore vuole interrompere il flusso della vita, della ri-creazione costante dei suoi figli? Non penso. O, per lo meno, NON LO PENSA GESÚ, ed è molto più importante di quello che possa pensare io. Il nostro legame con Dio ci ammazza o ci dà vita? Ci blocca o ci rimette in piedi? Ci fa pensare a delle scuse “tanto ci pensa la Divina Provvidenza”, oppure ci fa rimboccare le maniche …? Sono domande forti. Gesù ha risposto, in modo così chiaro che l’hanno messo in croce. Insomma: niente e nessuno ha potere su di me se io non glielo dò. 

Aggiungerei una terza riflessione, ma io lo faccio per me. Ognuno lo faccia per se stesso e si metta “nei piedi” di questo uomo paralitico, davanti a Gesù, facendosi la famosa domanda: “ma io, voglio guarire?” 

Un abbraccio affettuoso, buona continuazione! 

Per  riflettere:

  1. Voglio guarire? Da che cosa? 
  2. Chi è che mi “precede sempre” nella piscina, quando si muovono le acque? Perchè?