FESTA DELLE FAMIGLIE 2023

Domenica 2 aprile, giornata simbolica perché Domenica Delle Palme, la nostra parrocchia ha organizzato un momento di incontro per tutte le famiglie che fanno parte della nostra comunità e che hanno avuto il piacere di condividere il loro tempo con gli altri.

Dopo la Santa Messa e il pranzo mangiato tutti insieme grazie al contributo di ciascuno di noi, mentre i genitori si sono riuniti per un momento di riflessione, gli animatori del gruppo giovani si sono occupati dei bambini e dei ragazzi presenti animando il pomeriggio con tante attività divertenti e che richiedevano la collaborazione attiva e continuativa di ognuno di loro, stimolando così la partecipazione.

La giornata si è rivelata molto tranquilla e piacevole per tutti, soprattutto per i bambini, i quali hanno avuto modo di mettersi in gioco, passare del tempo insieme e perché no, fare anche nuove amicizie.
Il fatto che sia stato un pomeriggio molto apprezzato si poteva leggere nei volti di tutti noi: una giornata che non vediamo l’ora di ripetere in futuro!

                                                                                                                      Francesca Bodeanu

UN MOMENTO PER PARLARE ANCHE TRA I PIÚ GRANDI 

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

RIENTRARE NEL GIARDINO … 

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

DA MEDITARE TANTO TANTO:

La bellezza struggente dell’umanità di Gesù: lo vediamo fremere, piangere, commuoversi, gridare. Un Dio umanissimo, quello che ogni uomo cerca: non un Dio da adorare e venerare nell’alto dei cieli, ma un Dio coinvolto e coinvolgente, che ride e piange, gioca con i suoi figli nei caldi giochi del sole e del mare.

Di Lazzaro sappiamo poche cose, quelle che contano: la sua casa è aperta, è amato da molti, è amico speciale di Gesù: ospite, amico e fratello. Tre nomi per restare umani. Se Tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe morto. Le sorelle hanno visto le loro preghiere volare via come colombe, e nessuna che tornasse indietro a portare una risposta, una fogliolina di ulivo di risposta, come allora nell’arca.

Ma Dio esaudisce le nostre preghiere? Sì, esaudisce sempre; ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse. “Tuo fratello risorgerà”. Lei la sente come una frase fatta, parole formali che tutti sanno dire: “so bene che risorgerà. Ma quel giorno è così lontano da questo dolore”. Lei parla al futuro, Gesù al presente. E usa parole impressionanti: “Io sono la risurrezione e la vita”. Adesso. Prima la risurrezione e poi la vita. Prima la liberazione e poi la vita viva. Che è il risultato di molte risurrezioni: dalle vite spente, dalle ceneri, da vite senza sogno e senza fuoco. Io sono la risurrezione: una linfa potente e fresca che si dirama per tutto il cosmo e che non riposerà finché non avrà raggiunto e fatto fiorire l’ultimo ramo della creazione, l’ultimo angolo del cuore.

Liberatelo e lasciatelo andare! Lazzaro esce, avvolto in bende come un neonato. Morirà una seconda volta, ma ormai gli si apre davanti una altissima speranza: Qualcuno lo ama, Qualcuno che è più forte della morte. Lasciatelo andare: Gesù è il Rabbi che libera e manda oltre senza legare a sé: dategli una stella polare per il viaggio, gli occhi di qualcuno che piangano d’amore per lui, la certezza di un approdo, e nessuno lo fermerà. Dove sta il perché finale della risurrezione di Lazzaro? Sta nelle lacrime di Gesù, la  sua dichiarazione d’amore fino al pianto. Piangere è amare con gli occhi. L’uomo risorge per le lacrime di Dio, risorgiamo perché amati. Lazzaro sono io.

Quante volte sono morto: era finito l’olio nella lampada, finita la voglia di lottare e faticare, forse perfino la voglia di vivere. E poi un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non so perché. Una pietra si è smossa, è entrato un raggio di sole. Un grido d’amico ha spezzato il silenzio. Delle lacrime hanno bagnato le mie bende. Io sono Lazzaro, io sono Marta e Maria, sorelle a infiniti morti. Come loro santo solo d’amicizia, risorto solo perché amato (ERMES RONCHI) 

QUARTA DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA

LUCE SIA! 

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. … i farisei gli chiesero: “Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo?” … Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Domenica scorsa Gesù ci dava l’acqua viva, e non solo. Ci dava quell’acqua unica che solo Dio  può donare e non abbisogna di secchio, non si spaventa davanti alla profondità del pozzo, ma offre la forza per continuare ad attingere e trasforma la nostra acqua stagnante in acqua zampillante ed eterna. La Samaritana capisce che proprio di quell’acqua aveva bisogno, e proprio per questo parte, abbandonando la sua brocca al pozzo, per correre a raccontare ai suoi compaesani che era arrivato il Messia. 

Oggi il Vangelo, dopo averci dissetato, ci apre gli occhi e ci fa incontrare con Gesù che diventa il “correttore ottico” delle nostre visioni alienate sul mondo. Delle nostre cecità. Il contatto con la sua mano diventa possibilità di vederci di nuovo. Diventa NUOVA CREAZIONE e ci fa NUOVE CREATURE … fece del fango Gesù, esattamente come Dio che crea il mondo, inaugurando così la nascita di un uomo diverso, non più prigioniero dei suoi pensieri e delle sue miopi parole. Insomma, Gesù è qui per guarirci, per i malati e non per i sani … per noi!  

Come fare esperienza di questa parola? Aprendoci, ascoltando e fidandoci. Infatti i samaritani, pur vedendo che cosa è accaduto, pur avendo interrogato l’uomo guarito, pur avendo sentito cosa dicevano i genitori del loro figlio cieco … non credono, non vedono e non capiscono.  Per questo il Vangelo, alla domanda su come Gesù avesse fatto questo miracolo si sentono rispondere in modo sarcastico e intelligente: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo?” … della serie, si vede solo con un cuore capace di ascolto. 

Infine, Gesù parla all’uomo vedente e a noi domandandoci: “tu, credi al Figlio dell’uomo?”, e definendo chi è: “COLUI CHE PARLA CON TE”. Forse anche noi dovremmo intensificare quel dialogo con il Vangelo che giorno per giorno ci ricorda questa solo cosa: io posso conoscere il Figlio di Dio a partire dal momento in cui ne riconosco la sua identità che è tale perchè in relazione. Lui è COLUI CHE MI PARLA. Cosa significa per me ascoltarlo? La mia relazione con Lui è un monologo o anche accoglienza della sua Parola che incontra la mia? 

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

POZZI … CON UN FONDO

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere» … «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua … “ 

Il Vangelo di domenica in realtà è molto più lungo e articolato e lo si può comprendere solo nel suo insieme. Chi vuole lo vada a leggere, magari in un momento di silenzio e raccoglimento e facendosi le solite due domande che ci diciamo di rivolgere a noi stessi ogni volta che ci troviamo davanti alla Scrittura, ossia: “Cosa dice?” e “Cosa MI dice?”. Questo è l’unico modo che permette a un fatto statico come la stampa di una parola e la sua lettura corsiva di trasformarla in un evento, perchè Gesù, come ogni cosa significativa della vita, entra in noi, nel momento in cui vengono coinvolte la mente e il cuore. 

Ebbene, provo a condividere tre riflessioni che MI HA suggerito  il Vangelo della Samaritana. Per qualcun altro, saranno altri, non è un problema, l’importante è che la Parola si trasformi in suono interpellante e coinvolgente. 

Mi piace pensare a Gesù AFFATICATO CHE SIEDE PRESSO IL POZZO. É la figura della nostra umanità. Il disegno della nostra povertà e della nostra contingenza. Noi siamo così: persone in cammino che affaticate cercano dei pozzi per ristorare le proprie fatiche e reintegrare nuove energie e nuove forze. Gesù ci parla sempre a partire da quello che ci accomuna e mai da quello che ci separa, e ogni Sua Parola è la possibilità di reperire il senso sempre nuovo del nostro essere in un Centro che dà senso a ogni cosa, il Padre Suo e nostro. La sete. La Croce. La precarietà. Luoghi dove ABITA e RISIEDE il Figlio di Dio e dove ognuno noi passa per trovare un Compagno di viaggio che è anche IL Salvatore e l’indicazione del nostro destino in Dio. 

ATTINGERE ACQUA: Già, bel problema. Forse attingiamo acque che non sempre ci dissetano, o dalla conformazione chimico-spirituale non esageratamente pura, se non addirittura inquinata. E pensare che l’unico intento di Gesù è quello di essere quell’acqua pura che tanto noi cerchiamo e aneliamo. E pensare che basterebbe “volerlo” … “tu stesso gliela chiederesti se conoscessi il dono di Dio e  chi è che ti chiede da bere” … A volte non siamo dissetati perchè, in verità, non chiediamo al Signore di mantenere per noi la Sua Promessa. 

L’ACQUA CHE IO GLI DARÒ DIVENTERÀ IN LUI UNA SORGENTE D’ACQUA CHE ZAMPILLA PER LA VITA ETERNA: della serie: “Maria ha scelto la parte migliore”. Non si tratta semplicemente di ricevere. La grande sorpresa è cominciare a sentirsi trasformati. La grande sorpresa è percepire nuovamente che tutto si trasforma in vita. E quando c’è questo ci siamo, al punto di partenza! 

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

ILLUMINATI D’IMMENSO

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore,
è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «
Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

La Quaresima, quel tempo che diresti sotto il segno della penitenza, ci spiazza subito con un Vangelo pieno di sole e di luce. Dai 40 giorni del deserto di sabbia, al monte della trasfigurazione; dall’arsura gialla, ai volti vestiti di sole. La Quaresima ha il passo delle stagioni, inizia in inverno e termina in primavera, quando la vita intera mostra la sua verità profonda, che un poeta esprime così:

«Tu sei per me ciò ch’è la primavera per i fiori» (G. Centore).

«Verità è la fioritura dell’essere» (R. Guardini).

«Il Regno dei cieli verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme» (G. Vannucci).

Il percorso della realtà è come quello dello spirito: un crescere della vita.Gesù prende con sé i tre discepoli più attenti, chiama di nuovo i primi chiamati, e li conduce sopra un alto monte, in disparte. Geografia santa: li conduce in alto, là dove la terra s’innalza nella luce, dove l’azzurro trascolora dolcemente nella neve, dove nascono le acque che fecondano la terra. «E si trasfigurò davanti ai loro occhi». Nessun dettaglio è riferito se non quello delle vesti di Gesù diventate splendenti. La luce è così eccessiva che non si limita al corpo, ma dilaga verso l’esterno, cattura la materia degli abiti e la trasfigura. Le vesti e il volto di Gesù sono la scrittura, anzi la calligrafia del cuore. L’entusiasmo di Pietro, quella esclamazione stupita: che bello qui! Ci fanno capire che la fede per essere pane, per essere vigorosa, deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un «che bello» gridato a pieno cuore. Il compito più urgente dei cristiani è ridipingere l’icona di Dio: sentire e raccontare un Dio luminoso, solare, ricco non di troni e di poteri, ma il cui tabernacolo più vero è la luminosità di un volto; un Dio finalmente bello, come sul Tabor.

Ma a noi non interessa un Dio che illumini solo se stesso e non illumini l’uomo, «non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano. Un Dio cui non corrisponda la fioritura dell’umano, il rigoglio della vita, non merita che a Lui ci dedichiamo» (D. Bonhoeffer).

Come Pietro, siamo tutti mendicanti di luce. Vogliamo vedere il mondo in altra luce, venire davvero alla luce, perché noi nasciamo a metà, e tutta la vita ci serve per nascere del tutto.Viene una nube, e dalla nube una Voce, che indica il primo passo: ascoltate lui! Il Dio che non ha volto, ha invece una voce. Gesù è la Voce diventata Volto e corpo. Il suo occhi e le sue mani sono il visibile parlare di Dio.

Come il Signore Gesù abbiamo dentro non un cuore di tenebra ma un seme di luce. La via cristiana altro non è  che la fatica gioiosa di liberare tutta la luce e la bellezza seminate in noi. (Ermes Ronchi) 

Questa settimana potrebbe essere bello rileggere il Vangelo e il commento stupendo di Ermes Ronchi tutte le sere quando facciamo la nostra preghiera, soffermandosi sulle parole scritte in grassetto, perchè ci interpellino nel profondo. 

SETTIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LOGICHE ILLOGICHE (?) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi,
se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico:
amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Continua il Vangelo di domenica scorsa. Gesù educa i suoi discepoli con delle parole che per noi hanno qualcosa di strabiliante, quasi impossibili da vivere. Appunto, adeguate alla richiesta di diventare “perfetti come il Padre Celeste” … ossia, impossibile come realizzazione, ma plausibile e realizzabile come desiderio e orientamento. E noi siamo il nostro viaggio, non soltanto il nostro destino. Mi piace pensare queste parole estreme, di Gesù che è l’Applicazione Vivente della Parola del Padre … pensare all’apparente pazzia di queste richieste, per constatare, però, che la loro non applicazione provoca e genera un mondo sempre in conflitto, diviso, violento, bellico e difensivo. E mi chiedo: ma siamo rinchiusi tra due proposte di pazzia o una ha ragione e l’altra torto? Paolo ci avvisa: “Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».

Effettivamente non possiamo dargli tutti i torti … tuttavia continuiamo a cadere e distruggerci per mezzo della nostra astuzia e della vanità delle nostre prospettive belligeranti … circa una sessantina di guerre sono in atto nei nostri giorni … un miliardo di microguerre occupano le nostre menti e i nostri cuori. Sarebbe allora bello “dare il nostro contributo”, ossia essere una attiva contestazione di pace a quanto vorrebbe spegnere le nostre speranze rendendo la vita una catena di anelli nella quale ci avviluppiamo senza possibilità di uscita. 

E allora, porgere l’altra guancia non potrebbe forse significare aprire una nuova possibilità, cercare una soluzione vera, fare un primo grande gesto di discontinuità rispetto alla stupida e gratuita violenza che riempie le nostre bocche e le nostre relazioni? Lasciare il mantello non potrebbe diventare un gesto di generosità e ulteriorità rispetto ai piccoli furti mafiosi di cui è costellata la nostra comunicazione, il nostro modo di pensare e di vivere insieme? Fare due miglia mettendo a disposizione il nostro tempo, la nostra intelligenza e la nostra presenza non potrebbe diventare un tempo nuovo in grado di aprire orizzonti, magari parlandosi, ascoltandosi, accogliendosi nelle nostre diversità? Per arrivare ad amare i nemici, che non è un gesto con il quale dico “che bello avere qualcuno contro di me”, ma il modo diverso di  approcciarsi a chi non penso che sia come me … con una forza particolare, però, quella di chi ama perchè ha pregato per i suoi persecutori. E forse, anche se alla fine, questa è la cosa più importante: inizia una storia dell’amore nel momento in cui siamo radicati, rafforzati, generati e inseriti fortemente in un dialogo significativo che ci fa sentire in Dio: la preghiera. “Senza di me non potete fare nulla” ci ricorda Gesù. E noi “cristiani” dovremmo ricordarlo a noi stessi.