8 APRILE, MERCOLEDI SANTO …

FIDARSI

Dal Libro del Profeta Isaia

“Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.   Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. 

Un pensiero:

PORTE

Buongiorno a tutti! 

Se domenica abbiamo varcato il portone della Settimana Santa, oggi varchiamo un’altra porta, quella che ci fa accedere definitivamente al senso della vita di Gesù –  che celebreremo da domani nel Triduo Pasquale – e, di conseguenza anche della nostra, perché Dio ci ha “pensati” come suo Figlio. 

Facciamo un altro passo.

La vita è in cammino. 

ORECCHIE 

Colpiscono le parole di Isaia, che delinea il profilo del vero discepolo: uno che parla, dopo avere ascoltato. Uno che indirizza “una parola allo sfiduciato”, perché lui, per primo, l’ha ascoltata e accolta nella sua vita ritrovando quella fiducia che rimette in piedi. 

Qualcuno dice che se il Creatore ci ha fatti con due orecchie e una bocca è perché dobbiamo ascoltare il doppio di quello che parliamo.  

Anche il Servo di Dio di Isaia: parla  e ascolta come i discepoli. 

Se parlare è l’azione tipica dell’apostolo che annuncia, ascoltare è l’azione tipica del discepolo che impara. Ma che ha ascoltato tanto. Che ha fatto tanto silenzio prima di andare ad annunciare.  Di colui che sa che la sua missione diventa efficace solo perché NON SI TIRA INDIETRO E NON OPPONE RESISTENZA davanti alla Parola della Vita, la Parola della RINUNCIA PER TROVARE.  

E allora comincio a chiedermi quanto sono abitato dalla presenza della Parola di Dio. Comincio a vedere che quando chiede la mia disponibilità mi fa irrigidire (opporre resistenza). Comincio a pensare che la Chiesa è piena di apostoli che, per primo, come me, fanno tante cose, dicono tante parole, ma ACCOLGONO BEN POCA PAROLA. E ci si lamenta che le cose non vanno. Ma, noi cristiani, quanto diventiamo le parole della Parola? Quanto siamo voce dell’Annuncio e non semplicemente di noi stessi? 

Eppure, fino alla fine, in ogni occasione, il Signore “non si tirerà indietro” ma continuerà a parlare a tutti i cuori che vorranno aprirsi e accogliere la sua presenza. 

La storia della sua PASSIONE PER NOI non ci abbandonerà mai, perché Gesù è più tenace dei nostri  abbandoni, ci sarà sempre a tendere la Sua mano verso di noi. 

Da parte nostra, almeno un piccolo, semplice gesto da sperimentare con attenzione lungo la giornata: aprirsi, accogliere. 

I piccoli semi possono diventare grandi alberi. 

Parola di Gesù! 

Per riflettere: 

  • Cosa significa per me “ascoltare come discepolo”? 
  • Mi sento “in relazione” con la Parola che è Gesù? 

7 APRILE, MARTEDI SANTO …

IL GALLO

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone,
subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà
il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

Un pensiero:

Dio non esiste perché è da qualche parte, ma esiste perché tu gli permetti di abitare in te,  e tu gli permetti di venire al mondo, anzitutto nel tuo. Come hanno fatto Maria, Abramo, Giacobbe, Gesù & Co., fino  ad arrivare a noi. 

A noi sta “incarnare” la parola che ascoltiamo, per renderla carne nella nostra carne, ogni giorno. Letteralmente “mettere al mondo Gesù”. Partorirlo. 

Oggi vorrei condividere con voi tre pensieri che mi hanno raggiunto leggendo le letture dalla Messa. 

NOTTE 

La Passione di Gesù si consuma di notte. 

Il tradimento, l’abbandono, la consegna, la vendita di chi ci vuole bene, la rinuncia, non possono che avvenire favoriti dall’ottundimento delle tenebre. Quelle tenebre che non ci fanno più vedere. Non solo gli altri, ma anche noi stessi.

Giovanni nel Prologo scriveva:  la luce è venuta tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”.  

Io non penso che il Vangelo di oggi sia la narrazione del potere chiromantico di Gesù di prevedere il futuro; mi sembra piuttosto la storia della coscienza di Giuda. 

Giuda che osserva, Giuda che, davanti a Gesù, si dice: “quello che devi fare fallo subito, perchè se continui a fissare la Luce può annientare le tue tenebre”; Giuda che è a tavola con tutti i discepoli, da discepolo, fino alla fine; Giuda che per primo riceve da Gesù il “boccone d’onore”, il primo, il migliore. 

… “Fermati, luce, tu brilli troppo, mi accechi!”

Giuda che preferisce andarsene, perché davanti all’evidenza non puoi  discutere, puoi solo voltare le spalle.

Subito uscì, ed era notte

Notte nel cuore, dunque notte dappertutto. 

Inizia così e finisce così, ma qualcosa, una piccola pietra, fa saltare il perverso e oleato ingranaggio della morte. 

LUCE

Nella prima lettura di Isaia, il Servo di Jhawhè, il Figlio di Dio, si sente dire: “ Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”

L’amore è la sola forza in grado di riportare luce nel cuore delle tenebre. 

Le tenebre,  nonostante tutto – e questo  lo ricorderà nuovamente e testardamente anche la Pasqua di quest’anno a “chi Lo accoglie” – non sono state vinte. Nè il Gesù, né in noi con Gesù. 

Gesù non è uno sprovveduto innamorato, è un ferito che continua ad amare. A dare bocconi di cibo sino alla fine. A lavare piedi immondi. Ad amarci nelle nostre tenebre e oltre le nostre tenebre. 

Certo, in modo illogico e senza tornaconti, se non la grande gioia di vedere un amico che anziché tuffarsi nel buio della tenebra,  decide di ri-esporsi alla possibilità della luce. 

GALLO

Tra la notte e il giorno c’è un gallo. 

Il gallo che ti avvisa che anche tu, Pietro (io) che avevi detti che “avresti seguito il Maestro fino alla morte” e poi non hai avuto neanche il coraggio di dire che lo conoscevi davanti alla serva del cortile, hai la possibilità di girarti e vedere che i Suoi occhi non ti condannano, ti implorano soltanto di avere il coraggio e la fiducia di metterti di nuovo dietro di Lui, perché il primo gesto di amore della Passione non è la croce, ma ridare perdono e fiducia a chi ha il coraggio e l’onestà di “piangere amaramente” sul buio del suo cuore e permettere alla luce di fare il suo lavoro. 

E luce fu.  Pietro si fa perdonare. 

E notte, invece, nel cuore del povero Giuda, che decide di ammaestrarsi da solo –  nessun Rabbì – in vita e in morte. Ma magari no, oltre la morte. 

Tra la notte e il giorno c’è un gallo. 

Tra Giuda e Pietro c’è un gallo. 

Tra la memoria del tradimento e la profezia di una nuova vita c’è Gesù. 

Tra me e Gesù … un Vangelo di vita nuova. 

Un abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere: 

  • Quanto permetto alla luce di Gesù di illuminare il mio buio?
  • Quali sono le parti della mia vita che hanno più bisogno di questa luce? 

6 APRILE, LUNEDI SANTO …

SEDIE

Dal Vangelo secondo Giovanni

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora
Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti.
I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Un pensiero:

Come sempre, il Vangelo ci chiede un lavoro continuo di incarnazione; di “metterci nei panni” delle persone che accompagnano da vicino la vicenda di Gesù.

Oggi ne scelgo tre. 

MARIA

Sembra incredibile, ma è vero. Fino ad ora, nel Vangelo di Giovanni, quando si parla di Maria la si descrive, contrariamente alla laboriosa sorella, sempre SEDUTA: ai piedi di Gesù per ascoltare la Parola del Maestro; in casa, anche quando suo fratello Lazzaro è morto. Maria sta seduta, ascolta, pensa … immobile mentre sembra che il mondo segua il suo affaccendato cammino parallelo. 

Nel Vangelo di oggi, Maria SI ALZA E PRENDE L’INIZIATIVA: “prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo”, anticipando il grande gesto di amore di Gesù che lava i piedi dei suoi discepoli.

Maria SPRECA, dona sino alla fine, esplode letteralmente in un gesto di gratitudine che, come una deflagrazione di un amore che non può più rimanere “seduto” e contenersi,  riempie tutta la casa di un buon odore. 

Sprecona lei, sprecone Gesù. 

L’amore è così: è sempre uno spreco. Spreco perchè non viene capito. Spreco perchè irrita gli avidi nel cuore. Spreco perchè dà ma non sempre riceve. 

O tutto o niente … 

Come Gesù. 

GIUDA ISCARIOTA

Era “uno dei discepoli” … 

I tradimenti, a volte, possono arrivare da quelli che abitano in casa con te. 

Eppure il Vangelo continua sempre a chiamare Giuda “uno dei discepoli”,  ci sarà un bel motivo per pensarci. Per lo meno perchè anche noi diciamo, da cristiani, di essere discepoli di Gesù, che a volte, come Giuda, non capiscono che togliere la vita a Gesù significa togliere vita a se stessi; che non capiscono che i gesti non ricevono valore da quello che sembrano (mettere da parte per i poveri), ma dalla loro verità (“la verità vi farà liberi!”), che sempre va riscoperta (rubare nella cassa) e – quasi sempre – sappiamo solo noi che li facciamo; che mettere da parte è il contrario del dono e della vita se serve solo a preservarci nella nostra inattaccabile incolumità autoreferenziale, soli con noi stessi.

I GIUDEI

“I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro”

Povero Lazzaro, deve morire due volte, anche se era ritornato in vita.

Tra le persone che non sopportano i gesti di amore liberante ci sono gli “avidi”: quelli che devono tenere tutto per sé e non sopportano neanche che altri si permettano di dare, perché quei gesti sono una condanna per loro, profezia di una possibilità di vita tutta nuova e diversa. 

Meglio mantenere lo status quo. 

Chissà se sto periodo di “incubazione” forzata ci sta facendo pensare a qualcosa di diverso. 

Insomma, c’è una sedia, sulla quale tutti noi ci fermiamo – anche se stiamo in piedi – a pensare, a dialogare coi nostri pensieri, dalla quale ogni giorno ci alziamo. 

Per fare cosa? 

Maria, Lazzaro e i Giudei ci aiutano a mettere a fuoco. 

Ah, anche Gesù!

Buona giornata a tutti!

Per riflettere:

  • Quando mi siedo, cosa penso? 
  • Quando mi alzo, cosa faccio?  

DOMENICA DELLE PALME …

LA GRANDE PORTA

Carissimi amici,

Buona Domenica! Buona giornata delle Palme, così insolita in questo anno 2020. 

Oggi sarei tentato di non scrivere nulla, perché tutte le parole importanti sono state scritte nel racconto della Passione di Matteo; potete trovarla cliccando su questo link: http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20200405.shtml

Solo tre veloci suggestioni per farci accompagnare, o meglio, per accompagnare il cammino di Gesù verso la Rivelazione definitiva del volto di Dio (e anche del nostro).

  1. ASCOLTARE. Isaia nella prima lettura fa dire al Servo di Jhawhè: “Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. Solo un orecchio attento ci dà la possibilità di comprendere bene il lungo racconto del dono della vita di Gesù. Io faccio sempre tanta fatica ad ascoltare. Mille pensieri affollano la mente, mentre si consuma il dramma del tradimento da parte di tutti nei confronti del figlio di Dio. E anche a me sembra di tradire un po’ quando non  faccio di tutto per vivere il “sacrificio” dell’attenzione – perché ci va tanta forza per ascoltare -; quando da “spettatore”,  anziché da  “attore” vivo la mia relazione con la Parola del Signore e le parole dei miei fratelli. Senza ascolto, però, non si potrà mai sapere cos’abbia da dirci la vita. Senz’ascolto annego in me stesso, naufrago tra le onde del mio laghetto narcisista. Il cammino della storia di Dio nasce dal comando di Dio ad Abramo: “esci dalla tua terra!”. Ascoltare significa questo.
  2. DISCEPOLI. La parola discepolo significa “alunno”. Cosa avevano imparato, definitivamente, dal “maestro” Gesù in tre anni di scuola “ambulante”? Il Vangelo ce lo dice, con un po’ di amarezza; vediamo un po’: “Giuda: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento”; a Gesù che racconta cosa  sta per succedere, “Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli”; però dopo un po’ “li trovò addormentati”; … dopo che arrestarono Gesù: “tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.” … davanti a chi lo accusava, Pietro “cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». Quindi, mi pare un po’ ingiusto relegare totalmente a Giuda ogni responsabilità. La storia dei discepoli diventa una penosa consegna dell’Amico.  I discepoli: la nostra storia, noi. Eppure, tutto  parte e può ripartire solo da lì: la nostra verità. Il Vangelo non maschera e non nasconde, anzi, smaschera e rilancia, sempre, in una fiducia infinita. I discepoli devono ri-ascoltare quanto accaduto, e da traditori trasformarsi in traduttori di un messaggio che prima di essere una cosa da dire diventa una meravigliosa esperienza di riconciliazione, trasformazione e libertà. 
  3. GESÚ. Centro e senso definitivo di ogni cosa. Poche parole. Tanta vita, data sino alla fine. Vicino più a noi e alle nostre morti che alla vitalità onnipotente di un Dio lontano ed estraneo. Poteva dirsi solo così: Uno che “strappa il velo del tempio”, Uno che cancella e distrugge la barriera di divisione tra il sacro e il profano, tra la morte e la vita. In quel profano che ci appartiene tutta la presenza di Dio, in quella morte che ci mangia tutta la pienezza di una vita senza fine, in quella morte di Gesù la nostra morte, ma per vivere. Oggi, se all’ingresso alla Gerusalemme delle nostre lacrime ci rimetteremo in ascolto di Dio che nasce, vive e muore in ognuno di noi, anche noi,  suoi discepoli, capiremo che, continuamente, possiamo nascere e rinascere in Lui! 

BUONA SETTIMANA SANTA! 

SABATO 4 APRILE …

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Un pensiero:

Ci sono tanti modi per FARE FESTA. 

Anzitutto, bisogna ”ANDARE ALLA FESTA”!

Come quei tanti giudei che salirono a Gerusalemme per essere purificati … perchè “era vicina la Pasqua”.

Uh, come ci assomiglia il Vangelo! 

Anche per noi “si avvicina la festa di Pasqua”.

Sembra quasi nostalgia il  ricordo di quella gioiosa domenica delle Palme che già profumava di primavera, di fiori e ci vedeva numerosissimi attorno a quel segno di gioia, pace e benedizione che apriva la Settimana della Passione di Gesù. Quest’anno, per la prima volta per tantissimi di noi, NON ADREMO ALLA FESTA. Ma la festa verrà da noi, Gesù ci sarà e raggiungerà il cuore di chi volontariamente gli farà un po’ di spazio. Di chi lo ascolterà raccogliendosi e facendo silenzio. 

Noi ci incontreremo intorno a Papa Francesco, ci sentiremo Chiesa attorno al nostro “pontefice”, ossia “colui che fa i ponti”. Lontani ma vicini. Assenti ma più che mai presenti. Con Francesco possiamo diventare   comunità che si unifica a partire dalla Parola.

FESTEGGIARE

Già, però sarà difficile fare festa! 

Verissimo, ma non impossibile.

Soprattutto pensando al fatto che a volte le “assenze”  ci aiutano ad apprezzare le”presenze”, triste ma realistica  verità (con quanti nostri cari che non ci sono più, quante volte lo avremo pensato). Quello che non abbiamo ci fa desiderare e sognare quello che,  sovente, con superficialità e faciloneria davamo troppo per scontato e chissà perché “dovuto”.

Sono certo che a partire dalla prossima Settimana Santa ci sarà un nuovo modo di esserci e prendere parte. E gusteremo, capiremo tante cose, in modo nuovo. …. e guai a chi ci vorrà togliere la nostra infinita voglia di fare festa! 

Per riflettere… 

VERRÁ ALLA FESTA, GESÚ?

(Sì, ci sarà!)

E io?

Ci andrò? 

VENERDI 3 APRILE …

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto:
voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Un pensiero:

Certo che è proprio strano: uno passa la vita a dirti che quello che fai non è destinato al nulla ma ha un senso, passa la vita a dirti e a essere una Parola che vuole riempire di forza i tuoi giorni, passa la vita a dirti che se c’è uno da cui non ti devi mai sentire condannato ma sempre invogliato ad accogliere una misericordia per alzarti è il Padre che è nei cieli, passa la vita per uscire dal sacro recinto per incontrare quelli che stavano fuori: “miserabili, peccatori, lebbrosi, malati, maledetti da Dio … “, passa la vita a toccare occhi che non vedono,   a dare acqua di sorgente a chi è abituato a bere acqua fangosa di pozzanghera, a dare luce a chi si sente nel buio, a essere timida parola di speranza per chi non ne può più, a fare ri-nascere i non ancora nati  (l’elenco continua) e … che cosa fanno? 

Raccolsero delle pietre per lapidare Gesù”. E Gesù lo chiede ai Giudei, ma fa la domanda anche a noi: “per quale di queste opere mi volete lapidare?” … É tremendo l’enigma del male. É tremendo che anche noi, che abbiamo a volte la stridente impudenza di definirci “cristiani” “credenti non praticanti” (ma allora a cosa credi?) ,  dopo anni di spensierata frequenza di Messe domenicali, catechismi, novene, pellegrinaggi e benedizioni Urbi et Orbi … facciamo fuori Gesù.

Perchè mica bisogna prendere le pietre per fare fuori qualcuno. Basta far finta che non esista. Basta ignorarlo. “Fare fuori”, infatti, è il contrario di “dare un posto”. 

Da Natale, ce lo dice il Vangelo, “non c’era posto per loro”, per raccontare una storia di persone. 

“Le tenebre non accolsero la luce” … per essere un po’ più filosofici, come Giovanni. 

E continua la storia … non c’è posto. 

Oggi possiamo farci la domanda: “perché noi viviamo come se Gesù non esistesse (parlo per me, chiaramente, non sto accusando nessuno)?  Cosa ci dà fastidio di Lui? Perché a volte, davanti agli amici, a certe situazioni, la sua presenza è come il suono emesso dalle unghie che passano su una lavagna?”. 

Secondo me se l’è chiesto anche Gesù. Per questo, “ritornò … nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava”, cioè dal luogo nel quale inizia il suo ministero pubblico. 

Ogni tanto bisogna tornare nei luoghi dove è iniziato tutto, e chiedersi “perché?” … fa male, tanto male, ma bene, anche bene! 

Insomma, forse c’è una nuova possibilità di partenza, sempre suggerita da Gesù: 

  1. Riscoprire questa cosa: IO non esisto. Esistiamo NOI. Gesù non ha MAI detto di essere Dio, ma solo e sempre FIGLIO DI DIO, ossia, figlio di un legame. Di un Padre. Da solo NON ESISTE.   Lo stesso Gesù “non ci chiama più servi ma amici” (ossia  persone che vivono un legame di elezione, preferenza, amore incondizionato) perché ci ha detto la Parola che ci può salvare. 
  2. Ogni giorno dobbiamo scegliere, ricordarci, dopo il Vangelo, che noi non siamo né figli di Adamo, o “esuli figli di Eva”, ma “ricollocati Figli di Dio”. Ogni giorno dobbiamo scegliere da capo se essere figli del sospetto (Adamo) o della fiducia (Gesù) … 

A partire di qui … tutto il resto.

Posso salutarvi con un suggerimento per oggi? 

Ascoltate una canzone di Renato Zero: TI ANDREBBE DI CAMBIARE IL MONDO?  (clicca sulla parola “Watch”) 

watch

Parla di io, noi, di ritorno al Giordano, di futuro e anche di Coronavirus. 

Un abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere: 

  • Per quali opere voglio fare fuori Gesù?
  • Cosa significa per me “rifare posto” al Vangelo, concretamente? 

GIOVEDI 2 APRILE …

VEDERE LE PAROLE 

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 

Un pensiero: 

Nel vangelo di oggi ci sono due verbi che mi incuriosiscono e mi fanno riflettere:

  1. OSSERVARE 

Nell’estenuante e intricato  interrogatorio dei  Giudei, a un certo punto Gesù dice: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”.

É curioso l’uso del verbo osservare – che significa anche “guardare attentamente” – riferito a una parola. Ci verrebbe da dire che la parola va ascoltata, mica guardata. In realtà trovo bellissimo questo fatto: per imparare a vivere occorre IMPARARE A VEDERE LE PAROLE, perché … tutto parla e tutto ha da dirci qualcosa. Tutto produce comunicazione per chi è attento. 

Quante parole escono dal silenzio delle nostre case, quante parole si incontrano – in modo molto più denso e profondo – nelle nostre quotidiane comunicazioni, quante parole da guardare attorno a noi per quanto l’invisibile virus micidiale sta provocando, quante parole il nostro mondo collassato ci sta suggerendo … insomma, se voglio imparare a vivere devo imparare a vedere le parole che i fatti non smettono mai di sussurrare a chi ha gli occhi collegati con il cuore, l’intelligenza, le altre persone e si sente responsabile di qualcosa.  

Le parole di questi mesi possono realmente diventar scuola … di vita. Proprio come dice Gesù. 

Anzi, Gesù rincara la dose: dice addirittura che chi “guarda e  custodisce” la sua Parola non morirà mai.

2. CREDERE

A questo punto entra in gioco il secondo verbo: credere! 

I Giudei chiedono a Gesù: “Chi ti credi di essere?”.

Li ringraziamo per la domanda, perché ci rivelano una cosa molto importante: noi siamo quello che crediamo (di essere),  non semplicemente quello che siamo.

É interessante che non gli chiedano “chi sei?” … ma “chi ti credi di essere?”. 

Noi siamo tutti dei credenti da questo punto di vista, perché siamo sempre risultato di ciò che crediamo di essere: “intelligenti, belli, brutti, sfigati, super, “chi sono io!”, indegni, factotum, svogliati, amorevoli, demotivati”, e lo crediamo perché “custodiamo” le parole che scegliamo (o non scegliamo, anche questa è una scelta) per costruire le fondamenta della casa della nostra vita. Ci sono parole che ammazzano e altre che danno vita. Ci sono parole che aprono mondi e altre che ci buttano nelle nostre prigioni interiori. Parole che incontrano e parole che uccidono. …. La lista è lunga. La scelta MOLTO IMPORTANTE! 

Gesù chi si crede di essere? Esattamente una cosina non del tutto trascurabile:  “la VIA, la VERITÁ  e … la VITA!”. Tre orientamenti che si realizzano solo nel momento che si “frequentano” : la via si apre solo a chi la percorre, la verità la trova solo chi la accoglie, e la vita? Arriva, a quanti si voltano a osservare con fiducia quella Parola che Gesù ci rivolge tutti i giorni. Parola di vita piena. 

Un grande abbraccio e buona giornata! 

Per riflettere:

  • Quando necessito di forza e di speranza, a quali parole mi rivolgo?
  • Quali sono le Parole più forti che mi comunica Gesù, quando penso al suo Vangelo?

MERCOLEDI 1 APRILE …

IN VINO … VERITAS 

Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». … “Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio”. 

Un  pensiero:

Nonostante l’ampia offerta telematica di Messe, riflessioni, preghiere e riti religiosi,  in questi giorni sentiamo la mancanza del pane eucaristico.

Eppure Gesù dice che noi diventiamo suoi discepoli non solo perché mangiamo il suo pane, ma anzitutto perché CI NUTRIAMO della sua Parola. La conosciamo, la assimiliamo, la rendiamo riferimento per la nostra libertà che vuole respirare. Insomma, l’ascoltiamo per imparare a vivere. 

Nessuno di noi può dire di credere in Dio se non diventa discepolo alla scuola della Parola di Gesù, perché la vita è la scelta di quelle parole e di quei pensieri dai quali  quotidianamente decidiamo di essere animati e ispirati. Non ci basta masticare  e deglutire magicamente il corpo del Signore come se fosse l’amuleto protettivo di un vuoto gastroreligioso: la vita del discepolo avviene “in memoria”, e la memoria ricorda i gesti e le parole del Maestro che giorno dopo giorno, o di domenica in domenica, si dona in una comunicazione che ci rende liberi.

Perchè la storia della nostra libertà è la storia di un legame scelto. 

Noi viviamo della terra dove mettiamo le nostre radici.

Contrariamente a chi dice che essere liberi significa fare quello che si vuole, ossia non legati a niente e a nessuno se non a se stessi (il che, comunque, è un legame, e sovente molto pericoloso),  Gesù oggi nel Vangelo ci dice che la libertà ha delle altre caratteristiche: nasce dalla stabilità di un RIMANERE in un senso e SI SCHIUDE in un futuro che si compie nella fatica dei giorni: “se rimanete nella mia Parola sarete davvero miei discepoli”.  

Questo RIMANERE ci rimotiva  nei nostri impegni,  fortifica le nostre speranze e ci insegna a volere. A pensare che la felicità non consiste nell’avere tutto ciò che si vuole (come ci sta insegnando la nostra esperienza quotidiana), ma a imparare a volere in ciò che si ha,  a partire da quello che siamo. Il nostro limite è abitato: solo la scelta di qualcosa che lo amplifica ci aiuta a crescere. Le nostre radici fanno quello che possono: solo la scelta di un terreno adeguato, ricco di risorse e potenzialità, farà crescere  la pianta che siamo noi in un modo o in un altro. Il vitigno del Nebbiolo produce uva molto diversa se la pianti nelle Langhe, nel Roero o nel vaso sul tuo balcone, altrimenti il mondo sarebbe pieno di Barolo. Migliore, invece, sarà la terra, migliore sarà il frutto. Nella pazienza di chi sa, come suggerisce Gesù, che non si É, ma SI DIVENTA liberi. E si diventa liberi solo in relazione. 

Se cambiamo noi, a partire da questa grande convinzione, cambierà il mondo, il futuro. 

A meno di essere ancora psicopatologicamente convinti che bastiamo a noi stessi. 

In questo caso cercheremo di fare fuori Gesù. 

Dandogli ragione, però. 

Per riflettere:

  • dove sono piantate le mie radici?
  • quali parole di Gesù sono vero riferimento di vita per me?

MARTEDI 31 MARZO …

SERPENTI VELENOSI

Dal libro dei Numeri

In quei giorni, gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti».
Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita».
Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Un pensiero…

Oggi cambio lettura: non più il Vangelo, ma il Libro dei Numeri  (la prima lettura della Messa),  che racconta la fatica del cammino per conquistare la libertà da parte di Israele: “IL POPOLO NON SOPPORTÒ IL VIAGGIO”. 

Leggo e penso alla nostra situazione. 

Imprevisto: si fa una svolta non voluta per aggirare il territorio di Edom: popolo troppo forte, avrebbe distrutto quanti passavano sulla loro terra. Nel difficile cammino di tutti i giorni qualcosa fa saltare  i  piani. Anche per noi, situazione analoga: il nostro  “più o meno tranquillo cammino di ogni giorno, dove sì, sapevamo  certe cose, sì, la terra non sopporta i nostri comportamenti, sì pochi straricchi e sempre più gente che muore, sì tutto il mondo inquinato, sì ai poveri i tumori ai padroni i proventi delle fabbriche, sì, ci sono isole  di immondizia, sì, sì, sì, “vabbè, che sarà mai, si è sempre fatto così? Dovrà ancora passare qualche millennio prima che tutto collassi!” , e a un certo punto eccoti l’imprevisto: un piccolo, microscopico, invisibile microrganismo  ci mette in ginocchio, ci distrugge, e non risparmia nessuno, neanche i potenti, neanche quelli che hanno i soldi e neanche quelli che pregano Dio.  

Soluzione: allungare il viaggio e passare per la via del Mar Rosso. Soluzione per noi, contenitiva: “stiamo chiusi in casa”, per tutelare noi e i nostri cari e soprattutto per non diventare potenziali portatori di virus per altri (e inizi a capire che la tua salute e quella degli altri sono collegate;  che uno starnuto fatto in Cina arriva fino ad Alba, che un gesto di responsabilità fatto o omesso possano fare la differenza). 

Reazione: Il popolo a un certo punto, però  “non sopportò il viaggio. Il popolo disse (parlò) contro Dio e contro Mosè”. Noi: “ancora a casa?? Ma fino a quando? Stamattina hanno detto fino a Pasqua (sappiamo tutti che non è vero). Fino a quando dovremo sacrificarci per il bene di qualcuno? Fino a quando saremo costretti a sopportare i nostri inetti politici incapaci di darci delle direzioni chiare (comunque …. al di là di tutto sono contento di non essere in Parlamento) …?  Fino a quando? Polemiche contro solidarietà e coinvolgimento responsabile. E questi pensieri diventano parole, diventano reazioni … diventano gesti .. diventano …. 

SERPENTI VELENOSI: per Israele e per noi. Perché noi siamo i nostri pensieri che ci disgregano e ci avvelenano. Perché noi diventiamo quello che pensiamo e quello che guardiamo per supportare i passi dei nostri giorni. Perchè noi siamo le nostre professioni di fede nel nulla e nel risentimento fino a quando non decidiamo di “spostare il nostro sguardo”, le nostre vedute. Non poteva essere diverso l’antidoto anche per Jhawhé: il velenoso sparlarci e parlare contro, il nostro biforcuto serpente interiore, ha bisogno di essere “innalzato”:  Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita”. Solo quando si recupera l’altezza e l’importanza di una parola che sta AL DI SOPRA di noi possiamo recuperare il senso delle cose e della vita. Per uno che è aspirante discepolo di Gesù è la Parola di Dio, per un uomo che non ci crede può essere una poesia, un sogno; può essere una parola come AMORE, RISPETTO, RESPONSABILITÀ, IORESTOACASA 

Ehhh… che vuoi che sia? Roba troppo piccola, trascurabile, non concreta e  irrilevante!

Vero, però anche sto micidiale virus è così: piccolissimo, quasi invisibile, ma capace di distruggere il mondo fino a quando non troveremo antidoti in grado di funzionare. Uno può essere il nostro modo di pensare e di comportarci, piccolo come un anti-virus e grande come l’universo.  

Per riflettere:

  • Quando sono disperato da quali parole mi faccio ispirare?