25 APRILE, SABATO …

CONFUSIONE

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Un pensiero:

Svegliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora”.

Stamattina leggevo le parole del salmo 107 e mi veniva una sorta di “nostalgia”: di luce, di chiarezza, di “aurora”. 

Non avete l’impressione  che l’aurora dentro di noi, a volte,  dorma sonni profondi?

E allora mi piace vivere con questo atteggiamento, profondo e pacificato, davanti alla Parola di Dio: “qui posso trovare qualcosa che accenda, mi illumini, mi riscaldi e svegli la mia aurora. Qui  posso trovare la MIA alba!”

Gesù, dopo la Resurrezione nel Sabato santo fa proprio questa operazione: “scende negli inferi”, ossia porta la sua alba nei tramonti di morte, la sua luce nel buio, il suo inizio nella fine. 

Scrive bene Atanasio: “il Signore ha raggiunto tutte le parti della Creazione, affinché ciascuno dappertutto si incontri con la Parola, anche colui che è smarrito nel mondo dei demoni (ossia delle divisioni interne, degli spaesamenti, della mancanza di orientamento)”. 

Marco, di cui oggi ricorre la festa, in fondo dice la stessa cosa: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Questa Parola è per tutti e vuol essere annuncio buono per ogni creatura. 

Leggevo:  

 L’evangelista non racconta alcun incontro (con il Risorto) , perché questa esperienza non appartiene a un passato di cui è possibile redigere una memoria; appartiene piuttosto al presente di ogni discepolo, di ogni lettore del vangelo. L’incontro con il Risorto non deve essere narrato, perché deve essere vissuto  Come? “Sollecitati ad andare, a cercare; e dobbiamo farlo «in Galilea», che simbolicamente rappresenta l’ordinarietà della nostra vita, la quotidianità del nostro lavoro, delle nostre relazioni e dei nostri affetti, come pure le nostre infermità, i nostri smarrimenti, il nostro bisogno di salvezza, il nostro desiderio di felicità. In quella Galilea, Gesù ha visto degli uomini mentre lavoravano e li ha chiamati alla sequela; ha guarito molti indemoniati e malati; ha incontrato uomini e donne annunciando loro la vicinanza del Regno con la prossimità calda e ospitale della sua umanità. Marco non narra l’incontro con il Risorto. Ci suggerisce come e dove cercarlo, in quale modo farne viva esperienza, ma poi lascia a noi il compito di narrare ciò che abbiamo vissuto. Questo, infatti, è il vero problema della fede: non basta credere che Gesù sia risorto dai morti, occorre incontrarlo vivo e presente nella nostra storia” (Messa e preghiera quotidiana, Dehoniane. Pag. 353).

E ti accorgi allora che il  Vangelo non è solo un annuncio, ma anzitutto una medicina, che cura le ferite aperte e  ridà vita. 

Ora, aldilà della luce e del buio, mi veniva da pensare, alla fine di questi (bellissimi) pensieri: “tutto vero! Ma come si può far capire, trasmettere,  vivere a chi non ha mai sentito pace nel cuore nella propria vita? Come si fa a dare questo annuncio che ti “riallinea” interiormente quando sei costretto a vivere con altre 3 o 4 persone in 40 metri quadrati senza potere mai uscire, quando il massimo dell’espressione culturale è quella che ti viene offerta dalla televisione, quando la domenica è l’unico momento per recuperare le cose che non puoi fare durante la settimana, quando i tuoi figli ti fanno disperare e diventano la tua preoccupazione assoluta, quando ti muore una persona cara e non puoi neanche salutarla, quando hai perso il lavoro e non sai come arrivare alla fine del mese,  quando, quando, quando … ?“ e la lista si allunga, all’infinito. Ognuno di noi sa. 

E ricadi nella tenebra che precedere l’aurora. 

Però pensi anche: se la prosa è troppo dura i poeti non devono più scrivere? Se i panorami sono desolanti non dobbiamo più sognare?  Se le immagini che vedi attorno a te sono desolanti gli occhi non devono più cercare panorami di bellezza? Se la notte sembra invadere tutto bisogna spegnere l’ultima lampadina che rimane a disposizione? Se la morte è vinta, dobbiamo (come dice Pietro) uccidere l’autore della vita? 

Aldilà delle consapevolezze personali e dei traguardi, penso che la Buona Notizia che permane è soltanto una: TU SEI SALVATO!

Anche se non sei degno, anche se non capisci, anche se fa tutto schifo. 

E da lontano, ecco là, ricomincia ad albeggiare …