7 MAGGIO, GIOVEDÌ …

LAVARE

Dal Vangelo secondo Giovanni

[
Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto;
ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

Oggi il Vangelo ci fa fare un “passo indietro”

Torniamo agli ultimi gesti e alle ultime parole che Gesù pronuncia e fa, lasciandoli come “eredità” per la “memoria” dei suoi discepoli.

Leggendolo mi colpiscono tre cose: 

1. DEVE COMPIERSI LA SCRITTURA

Deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. 

Gesù  dice queste parole ai suoi discepoli parlando del tradimento di Giuda.  

Strano modo di compiersi della gloria del Figlio di Dio.  Eppure, Gesù pensa che il suo modo  più esatto di “essere Dio” ai piedi di Giuda,  sia proprio quello di continuare ad offrirgli la possibilità di lavare i suoi piedi e  dargli da mangiare, ossia di lavarlo e di nutrirlo, proprio come fa un genitore con il proprio figlio.

La fedeltà più forte del tradimento è segno unico di quella (divina) umanità capace di  riaccendere la possibilità di vivere, anche lì dove la morte sembra avere l’ultima parola. 

Amare, allora, servire la vita, i fratelli,  a partire da Gesù, non sono più  i gesti delle “persone buone”,  ma le potenti decisioni di donne e uomini coraggiosi che sanno che, a volte, si può continuare solo così,  nonostante tutte quelle forze avverse che la vorrebbero asservire, svilire e spegnere. 

Sapendo una cosa: l’amore non può essere né imposto né autoimposto, deve nascere da una comprensione, una consapevolezza e una scelta con radici ben più profonde, e il Vangelo ci racconta COME e QUANTO Dio ci ami, attraverso Gesù.

2. AI PIEDI (dei discepoli)

Gesù si mette ai piedi dei discepoli per dirlo. Lava i loro cammini, non ha paura di “scendere” per incontrarsi con l’odore, a volte sgradevole, della terra e di ciò che si può calpestare lungo la strada: di tutto! In quel gesto Giovanni identifica il gesto eucaristico del dono del suo corpo per noi. E ricorda ai suoi discepoli che un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 

Beatitudine sarà “mettere in pratica”. 

Il Vangelo parte di lì. 

Solo quello il mandato della memoria del discepolo. 

3. AL POSTO (di Gesù) 

Oppure può capitare che a volte ci si metta “al posto di Gesù”  e/o di Dio. 

Allora capitano i pasticci: quella che voleva essere una Buona Notizia di speranza, amore e liberazione si trasforma in  pessima comunicazione di disperazione, paura, chiusura e oppressione. 

La storia insegna, non abbiamo bisogno di fare troppe esemplificazioni. 

Nel grande e nel piccolo le cose non cambiano. 

Oggi il Vangelo ci invita a prendere una POSIZIONE, a chiederci: ma noi, che ci diciamo cristiani, dove siamo: AI PIEDI, o AL POSTO di Gesù?. 

O da nessuna parte? Ma anche quella è una decisione!