13 MAGGIO, MERCOLEDÌ …

COLLEGAMENTI 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Un pensiero 

Oggi il Vangelo ci porta in campagna, davanti a una vigna, per riscoprire nelle cose che ci circondano e vediamo tutti i giorni, il luogo di residenza delle verità più belle della vita. 

Tra queste, certamente, quella che ci ricorda che la vita esiste solamente perché è COLLEGATA ed è ATTRAVERSATA. 

A dispetto del nostro mondo ego-centrato, dove tanti IO si vantano e ritengono ancora di potere vivere autonomamente e in piena indipendenza, la vite e i tralci, nella loro semplicità ci ricordano che un pensiero del genere è piuttosto ingenuo: esisto perché sono un tralcio attaccato a una vite, dalla quale provengo e provengono tutti i frutti che mi circondano; per la quale vivo, proprio perché, a partire da lei una linfa scorre e mi impedisce di essere infruttuoso e di seccare.

Se qualcuno è insofferente alla creatività del Figlio di Dio e non sopporta questo genere di discorsi,  può benissimo rifarsi alla concretissima esperienza empirica dei nostri giorni: esisto se faccio attenzione con una semplice mascherina, a proteggermi e a non contagiare gli altri. Gli starnuti di Wuhang sono arrivati fino ad Alba. Piccole ingenuità e trascuratezze possono generare grandi conseguenze, a volte addirittura mortali. Vivo e non vivo solo collegato.  Da sempre è stato così, forse lo sapevamo anche, ma abbiamo sempre fatto finta di niente. Noi italici, poi, abbiamo un po’ il vizio, di provarci finché va bene e nessuno ci sanziona. A quel punto, magari, torniamo in noi. Ora, madre Terra ha suonato il campanello per farci interrogare nuovamente sulle nostre responsabilità e sulla cura di quei legami buoni in grado di dare la vita. 

Per l’Agricoltore celeste la cura per la vigna è grande, una cura destinata a potare e a rifinire continuamente  il tralcio affinché non porti semplicemente frutto, ma più frutto, molto frutto! Con una linfa speciale: rimanere in Lui e fare rimanere in noi le sue Parole. 

Proprio vero: sono sempre le parole e i messaggi che ci fanno operare.  Dalla qualità della parola compresa, meditata e vissuta nasce la qualità delle opere. Non è vero il detto: “fatti e non parole”, io dire “parole e fatti!”, le cose vivono sempre insieme, altrimenti anche i fatti da soli possono essere degli asteroidi distruttivi anziché dei semi di possibilità nuove. E le parole buone possono diventare per noi germogli di futuri significativi e di apertura. 

Giornata propizia, oggi, per fermarci e domandarci che genere di parole attraversano e costituiscono la linfa dei nostri cuori e delle nostre menti.