SABATO 21 MARZO …

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

 

Cari amici, buongiorno a tutti! 

Sì, auguriamocelo ancora! Sì, continuiamo a sperare! Non smettiamo di sognare e di anelare a una rinnovata normalità che,  in questi giorni di “covatura” forzata nella stretta dei muri delle nostre case, può diventare possibilità di camminare ancora. San Paolo dice che “siamo salvati nella speranza”: facciamoci ancora salvare dalla speranza, dalla nostra voglia di vivere, non facciamoci mangiare dall’angoscia; ogni gesto che facciamo sia pieno di vita, anzi, domandiamoci:  quello che dico, penso, faccio, sta portando vita, a me e agli altri?”. Noi in questo momento siamo nelle mani di tante persone che si impegnano con tutto loro stesse per darci il meglio che possono. Le ricordiamo. Mandiamo loro tutta la benedizione che portiamo nei cuori. Le ringraziamo. E magari, rivolgiamo al Signore la stessa preghiera del pubblicano al tempio che dice solo una cosa: “Signore, abbi pietà di me, che sono un peccatore”. É una preghiera bella, che esprime tutta l’incertezza, l’incapacità, la confusione di cose che non si capiscono, ma anche il realismo di chi sa che può rivolgersi al Padre anche “a distanza” (come stiamo facendo noi le cose nei nostri giorni), e senza alzare gli occhi al cielo, perchè la testa ci è diventata molto pesante e non sappiamo bene come guardarLo. Ma la nostra preghiera raggiungerà il cielo, l’altra del tronfio narcisista spiritualizzato no, anche perchè non si rivolgeva al Padre, ma decantava le sue performances religiose a se stesso. 

Ma a salvarci, non è neanche e solo la preghiera, che magari in questi giorni facciamo più difficoltà a fare, ma il Salvatore, quello che ci ha raccontato Gesù. 

VENERDI 20 MARZO

OTORINOLOGICAMENTE PARLANDO … 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Un piccolo pensiero … 

Domanda coraggiosa quella di “uno degli scribi”. Regole, regoline, regolucce, regolone riempivano le scuole della Torah, ossia della Legge di Dio. Domandare quale sia la prima è domanda forte, potrebbe corrispondere a: “ma tra tutte queste cose, queste esigenze, questi avvenimenti … cosa rimane?” Risposta di Gesù: “rimane l’amore”. Ora, Gesù tutto era meno che un illuso, sapeva cosa significasse questa parola. Lo sapeva al punto da assumerla morendo su una croce. Sì: “morto per amore”. Perchè la verità dell’amore è questa: “ti dono qualcosa di me”, “ti dono me”. 

Attenzione però, l’impegnativo comandamento è preceduto da un verbo, all’imperativo: “ascolta!”. Questo tutti lo tralasciano e allora … si arriva dove si arriva. 

Non si ascolta una Parola sensata per noi, non si ascoltano i palpiti faticosi della respirazione della terra, non si ascolta il pianto di chi ci sta accanto, non si ascolta il depauperamento di sempre più persone che devono vivere per arricchirne ingiustamente sempre meno, ci si accusa istituzionalmente della causa delle malattie omettendo vergognosamente, la causa di tutto: la mancanza di ogni senso sulla quale si costruisce, oggi, la vita dell’umanità. Il mortifero dialogo con il proprio ego che deve stare sempre e inevitabilmente al centro di ogni cosa fa stragi. 

La sordità miete vittime, porta alla morte … ce ne stiamo accorgendo. 

Rimettiti ad ascoltare se vuoi riscoprire l’amore, ossia la forza di rinascere oltre e attraverso la morte. Rimettiti a sentir-ti. Leggi le tue tensioni e le tue incertezze: chiediti che cosa ti stanno chiedendo,  chiediti cosa ti sta suggerendo la terra, chiediti che cosa stai facendo per cambiare qualcosa, chiediti cosa potrai fare di nuovo, personale, insieme ad altri, per rialzarti e cambiare qualcosa. 

Ascolta! E fallo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la forza e con tutto se stesso. 

Ascolta significa ama!

Se lo faremo tutti potremmo chiudere le scuole della Legge, perchè, finalmente, avremo trovato la vita. 

Per riflettere:

  • Quando sento dentro di me cosa non va, sono capace di ascoltarlo?
  •  A chi devo dare più ascolto, oggi?

GIOVEDI 19 MARZO …

“PRENDI CON TE”

Dal Vangelo secondo Matteo

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Cari amici, buona giornata! 

Auguri ai tanti Giuseppe che oggi festeggiano il loro onomastico.

Oggi celebriamo la festa di un grande uomo che non ha parlato molto, anzi, il Vangelo non riporta neanche una sua parola, ma ha fatto molto, fatto tutto quello che poteva fidandosi della voce dell’Angelo e del sogno. Giuseppe PRESE CON SE’, ossia, “com-prese”, fece suo, si fece carico, collaborò alla storia della salvezza attraverso i gesti della cura e della protezione che un buon padre mette in atto per le persone che ama. E lo Spirito comincia a diventare carne. 

Giuseppe diventa padre perché il suo gesto permette a altri di vivere, di “essere generati”. 

Giuseppe ci assomiglia, o meglio, noi tutti dovremmo assomigliare a Lui, soprattutto in questi giorni nei quali siamo quasi costretti a “prendere con noi” i destini di tante persone che ci vivono accanto, attraverso i gesti del rispetto e della solidarietà che passano anche dal nostro “stare a casa”, da vivere con immensa pazienza. Chiaro, sembra quasi dispettoso il sole primaverile a dirci: “ma dai, che vuoi che sia, due passetti, magari andando a trovare l’amica o l’amico del cuore?” … Anche Giuseppe si confronta con le voci che vorrebbero far “ripudiare” la sua situazione, ma decide di no, sceglie di allearsi con quella voce che avrebbe iniziato una storia, quella di un Salvatore, diventandone a sua volta, continuamente salvatore. 

Sì, Giuseppe salva il Salvatore. 

Forse lo possiamo fare anche noi. 

Tra noi. 

Per riflettere … 

Quando “mi desterò dal sogno” di questi giorni … che cosa vorrò fare di nuovo? 

Cosa faccio di “costruttivo” in questi giorni di “resistenza” amorevole? 

AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO SIGNIFICA: STA A CASA!

A meno che non ci siano necessità impellenti, stare a casa è un segno di responsabilità, umanità e, per chi di noi dice di essere un cristiano,  fraternità.

Non ha alcun senso pregare il Signore che faccia quello che dovremmo fare noi e poi prendersela perchè non l’ ha fatto!

Che ipocrisia da paganesimo miracolistico che non ha nulla a che fare col Vangelo!

Sinceramente se mi affaccio su Corso Piave, a parte il bar chiuso, il traffico pedonale e di macchine non mi sembra molto diminuito ….

MERCOLEDI 18 MARZO …

Puntini, dimenticanze e … vicinanza

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o
un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Un pensiero per la giornata. … 

Proprio come nella vita. Quando tralasci i puntini e i trattini tutto sembra saltare in aria. La storia di Dio con il suo popolo è una storia di amore, di vicinanza. Essa va custodita da una Parola che il Signore rivolge a chi vuole intraprendere il grande viaggio della libertà alleandosi con Lui. Le storie d’amore cominciano sempre da piccole cose che rivelano grande attenzione: con Dio e tra noi. Quando sboccia un amore ci si sente unici perchè qualcuno/a ci riconosce a partire da una piccola attenzione, da un particolare importante per noi, da un fiore nato sul ciglio del marciapiede, da un bacio, da un piccolo messaggio fatto di due parole che vale più di una conferenza interessantissima sull’amore … insomma: iota (che è una piccolissima lettera dell’alfabeto ebraico, della dimensione del nostro apostrofo) e puntini fanno la differenza. Iota e puntini dicono: ci sono con tutto me stesso, e te lo dico a partire da piccoli particolari che parlano di rispetto e di unicità, perché “il tutto è nel frammento” quando ci si vuole bene. Da quel piccolo nasce il futuro. La grandezza di una storia. 

Il compimento di cui parla Gesù, allora, diventa fondamentale. Su questa strada ritrovo me stesso. Nella memoria di una vicinanza che riparte e ricorda, l’attivazione di una nuova storia. Un dire che dal rispetto di certe pratiche apparentemente irrilevanti tutto può essere trasformato. 

In questi giorni abbiamo ridotto la grandezza del nostro mondo a pochi metri quadrati: quelli delle nostre case. In quel piccolo spazio, nel piccolo dei nostri gesti attenti, magari possiamo riscoprire il senso delle cose grandi, che un giorno hanno sancito l’inizio di storie promettenti, perse nell’universo della dimenticanza … di noi stessi. 

Buona giornata!

Per riflettere:

Quali sono i piccoli particolari che hanno attivato il mio amore e le mie passioni? (Pensane almeno 3)

Cosa posso fare per riscoprire gli “iota” e i “trattini” dimenticati della mia storia?

MARTEDI 17 MARZO …

TERRENO MINATO

Buongiorno a tutti! 

Prima di riportare il testo del Vangelo di oggi e di leggerlo, vi chiedo di fare un esercizio. 

Per favore, provate a farlo, non abbiate fretta! 

Chiudo gli occhi e immagino una situazione nella quale, per qualsiasi motivo, volente o nolente, per sbaglio o per intenzione di farlo, ho deluso una persona alla quale voglio bene. L’ho delusa, l’ho fatta arrabbiare, l’ho allontanata da me. Continuo a pensare. A pensare come sto male, a pensare a quanto sono stato ingiusto o a quanto è stata ingiusta la vita a fare sì che le cose finissero così male … non ci dormo … mi ritorna questo pensiero inquietante. Poi un giorno, un messaggio, una telefonata,  la normalizzazione di un modo di parlare …. Sì, quella persona MI HA PERDONATO! … Richiudo gli occhi: il mio cuore riprende a battere, sono invaso dalla felicità, mi sembra di tornare in vita, perché fino a pochi istanti prima mi sentivo morto, lontano da un’altra persona ma anche lontano da me stesso … non si può vivere così. 

Bene, adesso siamo un po’ più pronti a capire la risposta di Gesù alla domanda di Pietro sul numero di volte che dobbiamo donare il perdono:  Non ti dico sette, ma settanta volte sette”. 

E allora io ribalto la domanda di Pietro e la faccio a me stesso: “IO, QUANTE VOLTE VOGLIO ESSERE PERDONATO QUANDO SBAGLIO?” … e qui, mi viene da alzare il dosaggio numerico … non so se bastano settanta volte sette. 

Dio con noi, ci promette Gesù, fa così … 

Io?

Ok, sono pronto a capire il Vangelo di oggi: 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Eh sì, il Vangelo e Gesù ci riportano sempre, ma dico SEMPRE, a noi stessi. 

E ci ricordano che con la misura con cui misuriamo sarà misurato a noi. Non è Dio. Siamo noi. 

E ci ricordano che quando preghiamo il Padre Nostro diciamo: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” … 

“Luigi, quante volte vuoi essere perdonato, quando sbagli?” 

Per riflettere:

Chi devo perdonare? 

So perdonare me stesso? 

So perdonare anche se il mio perdono, giusto, non viene accettato? 

LUNEDI 16 MARZO

Il Vangelo di oggi:

«In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Un pensiero … 

Io trovo il Vangelo di oggi imbarazzante: i compaesani di Gesù si arrabbiano talmente con “il figlio di Giuseppe” –  che pensavano di conoscere benissimo – perché faceva i miracoli a Cafarnao e non a Nazareth. Lui, che aveva addirittura il coraggio di citare due episodi nei quali i profeti domestici – non ben accetti in patria – fanno delle guarigioni “all’estero”,  ossia a Sidone e con lo straniero Naaman che veniva dalla Siria!

Si arrabbiano talmente che “lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù” … 

“Che razza di Figlio di Dio è  mai questo, che non trasforma le pietre in pane?”

“Che razza di Figlio di Dio è un “rappresentate” di Dio che non risolve i problemi del mondo?”  

Adesso profetizzo pure io: chissà quanti di noi che pensano di “conoscere Gesù”  si rifaranno la stessa domanda: “che razza di Dio è quello che permette una cosa del genere?” … Non c’è! Chiuso! Giù dalla rupe!   

Eppure il Vangelo oggi si conclude con queste parole: “passando in mezzo a loro, si mise in cammino”. Scivola via. Perché non può essere ospitato da questi pensieri. 

Mi sorge una domanda: non è che Gesù più che cambiare il mondo, vuole anzitutto cambiare il nostro modo di “camminare” nel mondo? 

Mi vengono i brividi a sentire le persone che dicono: “dobbiamo pregare!” (sottointeso, “altrimenti non ne usciamo”) , come se fossero solo questi i momenti nei quali si debba alzare la nostra invocazione al cielo.

 A me puzza tanto di egoismo … di “almeno salva la mia pelle!”  … “poi se ci sono altre centinaia di migliaia di morti non importa, l’importante che mi salvi io” , e loro, non hanno pregato? Con loro Dio non ha fatto nulla? Come quelli che ringraziano per la pace mentre nel paese al confine  c’è la guerra … ma loro non hanno pregato? 

La preghiera non cambia il mondo, può eventualmente, se lo permettiamo, cambiare il nostro modo di CAMMINARE nel mondo. Possiamo dirlo: può CONVERTIRCI (non siamo in Quaresima?).  Può ricominciare a suggerirci che vale ancora la pena ri-pensarci: noi e la nostra storia. Può  sostenerci e suggerirci che nonostante le batoste che ci schiaffeggiano inesorabilmente, il nostro legame con il Salvatore ci può ancora portare fuori dai nostri blocchi; che continuare a sperare e a sapere che non tutto finisce in ciò che finisce ci permette di rialzarci; che riscoprire l’amore come risposta ultima (o prima) da continuare a offrire intorno a noi – con l’estrema fatica che comporta – sia la sola chiave che apre le strade dei nostri cammini. 

E non è poco. 

Anzi, forse, è tutto. 

Per riflettere:

Cosa “attiva” nella mia vita l’ascolto della Parola di Dio?

Quando penso a Dio penso a Gesù o a qualcos’altro/qualcun altro?

DOMENICA 15 MARZO

LA DOMENICA NON ANDANDO ALLA MESSA … 

Carissimi tutti,

stamattina ho celebrato la Messa così … è stato proprio strano, mai mi è  successo di vivere una Messa domenicale in questa maniera. Eppure, non ho mai sentito così forte la presenza di Gesù e anche la vostra, di tutti, di tutti quanti credono ancora che nonostante il vuoto, l’assurdo, il non senso, c’è ancora una pienezza, una Parola e un senso che ci stanno aspettando e continueranno ad aspettarci, sempre. E anche di quelli che non lo credono, perchè forse lo vogliono ancora di più.

Andate a leggere il Vangelo di oggi, fatelo lentamente. É il bellissimo testo della Samaritana che incontra Gesù al pozzo ( Gv 4,5-42) … (che bello sarebbe riprendere in mano quella Bibbia o quel Vangelo mescolato tra tanti libri e mai più toccato, da tanti anni) … La donna Samaritana ha una curiosa espressione: “ho parlato con un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto” … Ossia, riconosce il Messia perchè “riguarda il vero delle cose di tutti i giorni” … “quello che ha fatto” …  Gesù, infatti,  parla di Dio a partire dall’acqua, dal cibo, dall’amore.

Insomma, da noi.

Forse ce ne siamo dimenticati e l’abbiamo sempre cercato altrove, allora non lo abbiamo mai trovato. Ma se lo cerchi al di fuori del vero della tua vita Lui non lo trovi, perchè al di fuori del vero della mia vita …  esiste nulla.

“State in casa” … “rientra in te stesso” … ma per parlare con Uno che ti aspetta per parlare a partire dal vero di questi giorni e dei nostri giorni … Rientra, ma per uscire nuovo! Perchè … “alla Tua luce, Signore, troviamo la luce” , e anche il pane, l’acqua e l’amore.

BUONA DOMENICA!

SABATO 13 MARZO

 

IL VANGELO DI OGGI 

“Mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa”.

Un pensiero per il giorno … 

Oggi riporto soltanto un versetto del Vangelo, quello del Figliol Prodigo, che parla del centro  da cui tutto parte  e a cui tutto arriva: il cuore del padre. A fare da perno di equilibrio alla conosciutissima narrazione della Parabola – che sarebbe meglio dire del Padre Misericordioso –  è infatti, proprio il cuore di questo padre in attesa, che è lì, che scruta la strada polverosa per vedere se verrà  di nuovo calpestata dai piedi di quel giovane figlio autoesiliatosi dal suo affetto e dalla vita. 

Da cosa parte quel viaggio di ritorno?  Dalla scelta del ragazzo di “rientrare in se stesso”.  

In questi giorni, anche noi, volenti o nolenti, siamo costretti a “rientrare in noi stessi”, a “stare nelle nostre case” … a volte proviamo del disagio, non ci siamo più abituati. Su Whatsapp gira anche una simpatica battuta: “Sono rimasto a casa mia con la mia famiglia, sembrano brave persone!” 

Rientrare e stare un po’ in noi stessi può sembrare immediatamente un disagio, ma può farci anche un gran bene. Magari per ripensare il nostro futuro. Magari per ricominciare a comprendere che a partire da questo tempo ci sentiremo sempre di più parte di un unico mondo e di un unico grande respiro … e magari per riscoprire che non tutti i mali verranno per nuocere ma a volte possono aiutarci a “tornare in vita e a ritrovarci”! 

Per riflettere:

Cosa “provo”  quando rientro in me stesso? 

Quando finirà questo periodo, cosa farò per “tornare in vita” e per “ritrovarmi”? 

 

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

Quando saremo docili,
quando la mitezza avrà pervaso l’anima Quando il nostro io,
quello dei principi senza apertura
sarà sottomesso,
quando avremo voluto con ogni forza tutto questo…
entra in noi.
E pervasi di Te,
potremo guardare
con gli occhi di Gesù
e nei pensiero avremo il suo…

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

Coì da donare amore, dalla mani e dal cuore e da ogni cellula di noi.
Essere ad immagine e somiglianza di Dio. Avrà così il suo dolce compimento senza fine e nei pensiero avremo il suo…

Santo Spirito di Dio, santo… Santo Spirito di Dio, santo…

 

 

ORE 15,00: CATECHISMO PER LE MEDIE

A tutti i ragazzi delle medie un caro saluto!  Resistete! Approfittate di questo tempo anche per pensare, inventare qualcosa di nuovo, ri-immaginare un futuro che, spero dopo questa esperienza, non ci vedrà più uguali, ma avrà sempre più bisogno della responsabilità di tutti noi … INSIEME!

Ciao!

 

Don Luigi,  le Caterine, Margherita e Daniela.